1. Introduzione
La professione dell’insegnante è per tradizione un’attività svolta in modo isolato (Gidney & Millar, 2012). Ancora oggi, quando gli insegnanti entrano nelle loro classi, raramente collaborano fra loro. Ci si aspetta che sia altro personale scolastico, fra cui specialisti del sostegno, assistenti diurni e personale delle risorse umane, a garantire che i bisogni dei bambini siano soddisfatti e che l’insegnante possa portare avanti le proprie attività curriculari. Nel migliore dei casi, gli insegnanti instaurano forti sinergie durante le riunioni del personale o nelle giornate di formazione ma i progetti che intraprendono solitamente sono svolti individualmente. Oltre a essere impegnativa, la collaborazione nelle scuole comporta il rischio di essere forzata e controllata. Questa viene definita “collegialità coercitiva” (Hargreaves, 1997) perché esiste un regolamento amministrativo che obbliga gli insegnanti a incontrarsi e lavorare insieme. Si possono evidenziare diversi fattori, come la dipartimentalizzazione e il modo in cui il tempo viene predisposto nel programma scolastico (Schussler, 2003).
Oltre alle caratteristiche delle scuole citate sopra, vi sono alcune posizioni gerarchiche delle scuole, che giocano un ruolo nella collaborazione tra il personale scolastico. Queste gerarchie derivano in parte dalla divisione del lavoro, dall’autorità e dai ruoli, ma anche dalle qualifiche necessarie per entrare nel mondo scolastico (McLaughin & Talbert, 2001). La maggior parte dei dirigenti scolastici in Canada ha l’equivalente di una laurea specialistica o altre qualifiche necessarie per assumere la dirigenza di una scuola. Gli insegnanti hanno un diploma di laurea di primo livello della durata minima di 4 anni. Gli specialisti del sostegno e gli assistenti diurni di solito hanno un diploma di formazione superiore.
Ci sono anche alcune gerarchie tra gli insegnanti di ruolo più esperti e gli insegnanti precari, come i docenti part-time o quelli che non hanno ancora un contratto a tempo indeterminato, il che crea inevitabilmente tensioni all’interno del sistema. Alcune persone si sentono meno importanti o meno apprezzate di altre (DeWitt, 2012).
Nel 2013, sei presidi di scuole elementari di Riverside School Board, il consiglio scolastico per la popolazione di lingua inglese della costa sud di Montréal, che desideravano migliorare le proprie scuole, hanno contattato il nostro gruppo di ricerca per essere guidati nel processo di creazione di comunità di apprendimento professionali (PLC) nelle loro scuole. L’obiettivo dei presidi era sviluppare un lavoro di squadra tra le scuole che coinvolgesse personale scolastico eterogeneo, fra cui insegnanti, operatori di scuola, specialisti del sostegno, insegnanti delle risorse e operatori di supporto della comunità, al fine di collaborare per favorire migliori esperienze di apprendimento per gli studenti.
2. Rassegna della letteratura
Una comunità di apprendimento professionale (PLC) è un modello organizzativo che si basa sul rapporto tra clima e risorse sul posto di lavoro, supporto istituzionale, opportunità di lavorare in modo collaborativo e condivisione del processo decisionale. I ricercatori concordano sul fatto che i PLC aiutano a migliorare il successo scolastico e la qualità dell’insegnamento (Dufour, 2004; Leclerc, Moreau, Davidson e Dumont, 2010) perché usano un approccio basato sull’evidenza del dato (Dufour, Dufour, Eaker, 2008; Leclerc, Mo-reau, & Leclerc-Morin, 2007), incoraggiano lo sviluppo di un clima di fiducia (Earle & Katz, 2007; Fullan, 2006; Hord, & Sommers, 2008), rispetto reciproco tra insegnanti (Mitchell, 2007), leadership condivisa (Isabelle , Grenier, Davidson, & Lamothe, 2013), e lo sviluppo professionale degli insegnanti (Fontaine, Savoie-Zajc, & Cadieux, 2013; Hamel, Turcotte, & Laferrière, 2013; Peters & Savoie-Zajc, 2013).
Le province canadesi dell’Ontario e del Québec utilizzano i PLC come strumento organizzativo per promuovere una migliore attuazione della riforma scolastica attraverso lo sviluppo professionale degli insegnanti o per contribuire a introdurre nuove pratiche pedagogiche (Dionne, Lemyre, e Savoie-Zajc, 2010). Questi autori menzionano, tuttavia, che i PLC sono spesso implementati all’interno di una prospettiva di classificazione delle scuole, basata sulla volontà di incrementare il successo nei test standardizzati, che spesso porta a un’inutile competitività. Questa non è la prospettiva che volevamo adottare, nonostante la richiesta avanzati dai presidi.
In letteratura troviamo, tra le varie, termini quali comunità di apprendimento professionale (PLC), comunità di apprendimento (LC) e comunità di pratica (CoP). Ad esempio, Bouchamma e Michaud (2013) hanno adottato il termine CoP basandosi sulla definizione di Wenger (1998) di interesse o passione comune, sul repertorio condiviso e sull’impegno per migliorare le pratiche. In una prospettiva diversa, Dionne, Lemyre e Sa-voie-Zajc (2010) hanno usato il concetto di LC come uno strumento concreto per aiutare gli insegnanti a riflettere sulle loro pratiche, per ampliare il loro repertorio di pratiche di insegnamento e per stimolare l’apprendimento facendo prevalentemente riferimento all’evoluzione di tre singole dimensioni – cognitiva, affettiva e ideologica, come proposto da Shussler (2003).
Schussler (2003) ha cercato di articolare la definizione di comunità di apprendimento dopo aver osservato come molte scuole rivendicassero il titolo di comunità di apprendimento, ma che le definizioni apparivano vaghe. La sua intenzione era di verificare se questo rappresentasse un sinonimo di “scuola efficace”, una scuola che si concentra sul raggiungimento di risultati elevati con test standardizzati, o se rappresentasse un concetto più complesso per descrivere una “buona scuola” – una scuola che è ” …luogo di riflessione. […]. L’intero ambiente è riflessivo: ogni cosa nella sua routine incontra uno standard di buon senso e civiltà” (Sizer, 1992, p.128).
Mentre i ricercatori che studiano le scuole efficaci usano generalmente un approccio basato sull’evidenza per verificare i punteggi degli studenti nei test standardizzati, i ricercatori che sono interessati a studiare le scuole come comunità di apprendimento, di solito affrontano l’argomento in modo olistico, guardando ai risultati accademici, ma andando anche oltre questo concetto e considerando anche come le persone si relazionano fra di loro e come imparano a sviluppare idee condivise. Le tre dimensioni del modello di Schussler (2003) si sovrappongono e sembrano permeate di buon senso pedagogico, che implica focalizzarsi non solo sul risultato, ma anche sul processo di apprendimento. Questo significa andare oltre il mero processo meccanico dell’insegnamento e considerare l’insegnamento e l’apprendimento come processi profondamente sociali. La dimensione affettiva si concentra sulle relazioni interpersonali e sul prendersi cura. Tutto ciò implica un tentativo di costruire buone relazioni tra il personale scolastico, tra insegnanti e studenti e tra studenti come gruppo di pari. Costruire relazioni positive richiede che tutti vedano la scuola come un luogo di appartenenza in cui si sentano a loro agio, ma anche garantire che gli insegnanti e il resto del personale scolastico lavorino bene insieme e abbiano buone relazioni con i membri della comunità, come se fossero membri di una famiglia. La dimensione ideologica si riferisce ai valori fondamentali, alla visione condivisa e allo scopo sviluppati dalla scuola come comunità di apprendimento. Ciò include lavorare sullo sviluppo di un’identità, conoscendo quali valori definiscono la scuola e su cosa ci si impegna insieme. Nonostante l’apparente sforzo di rendere operativo il costrutto comunità di apprendimento, Schussler avverte i lettori che non dovrebbe essere tradotto in una formula: “Sebbene ci sia una tendenza naturale a prendere un costrutto e tradurlo in una formula, la volontà di descrivere il costrutto “comunità di apprendimento” non è in questo caso quella di definire un contesto operativo di tipo descrittivo.
Piuttosto, l’intenzione è di descrivere una prospettiva praticabile attraverso cui le scuole possano essere considerate in modo significativo” (Schussler, 2003, 499).
2.1. Lavoro di gruppo
Questa sezione copre due modelli di lavoro di gruppo, in particolare il modello di Tuckman (1965) e il modello di Frances (2008). Sebbene il modello di Frances si basi su quello di Tuckman, entrambi forniscono importanti peculiarità sul processo di sviluppo del gruppo.
2.1.1. Il modello di Tuckman
Lavorare in comunità di apprendimento richiama inevitabilmente il tema del lavoro di squadra, perché persone che tipicamente non interagiscono in attività di lavoro finiscono per collaborare insieme. Uno dei modelli di sviluppo di gruppo più comunemente usati deriva dalla ricerca di Tuckman (1965). Tuckman descrive la formazione del gruppo come un ciclo di vita composto da quattro fasi: avvio, tempesta, normativa e esecutiva. In sostanza, durante lo “fase di avvio” il gruppo si riunisce e inizia a interagire in attività con un obiettivo condiviso, ma con un’elevata dipendenza dal leader. Inoltre, i membri del team tendono a dimostrare comportamenti positivi all’interno del gruppo, rimanendo però altamente focalizzati su se stessi come individui che hanno bisogno di guadagnare qualcosa dall’esperienza. Durante la “fase della tempesta” iniziano a emergere opinioni discordanti relativamente a molti ruoli, relazioni e valori, a chi debba assumere la leadership e chi prenda le decisioni. Questo è il momento in cui i membri del gruppo iniziano a mettere in discussione le opinioni degli altri e a esprimere le loro opinioni sui membri che trascurano le loro responsabilità o che cercano di dominare il gruppo. Se i conflitti che riguardano le varie personalità non vengono risolti, il gruppo non può procedere alla fase successiva. Durante la “fase normativa”, i ruoli, le responsabilità e le aspettative di ciascun membro iniziano a stabilizzarsi. I membri del gruppo iniziano a lavorare per raggiungere gli obiettivi e sono disposti a mettere da parte le idiosincrasie degli altri per passare alla fase successiva. Infine, nella “fase di esecuzione”, le modalità di cooperazione del gruppo e i processi seguiti dai membri permettono di lavorare all’interno dei limiti raggiungendo i propri obiettivi. Durante questo stadio, ruoli e norme sono stabiliti all’interno del gruppo. La motivazione del gruppo è alta, sono esperti, autonomi e hanno successo. Non hanno bisogno di supervisione per prendere le loro decisioni e possono essere in disaccordo l’uno con l’altro, ma il dissenso deve essere espresso in modo accettabile all’interno del gruppo.
2.1.2. Il modello di Frances
Basandosi sul modello di Tuckman (1965), Frances (2008) descrive il ciclo di vita dello sviluppo di gruppo dalla prospettiva della psicologia dei costrutti personali (Kelly, 1955) mantenendo come area centrale di interesse le attività e i compiti. Frances propone quattro fasi, parallele agli stadi di Tuckman, ma con un focus sul modo con cui una persona costruisce la propria interazione con gli altri durante il lavoro di gruppo. L’autrice spiega le fasi del modello con il seguente approccio: fase uno: anticipazione individuale del gruppo; fase due: sperimentazione individuale nel gruppo; terza fase: costruzione collettiva da parte del gruppo; fase quattro: azione collaborativa, come un gruppo.
Durante la fase di “anticipazione individuale”, il gruppo potrebbe non essere del tutto sicuro di ciò che avverrà e potrebbe attraversare alcune fasi di ansia per la mancanza di costrutti per affrontare le attività e le interazioni di gruppo. Durante la fase di “sperimentazione individuale”, potrebbero emergere conflitti tra i membri del gruppo per quanto riguarda questioni relative a chi controlli il gruppo, a chi si senta incluso o escluso e a quali sottogruppi stiano emergendo. Come afferma Frances: “In termini PCP, più sono implicati temi nucleari, più turbolenta sarà questa fase” (2008, p. 13). Durante la fase di “costruzione collettiva”, il gruppo sviluppa un senso di valori condivisi e possiede una comprensione più chiara dei ruoli che ogni membro può svolgere. I membri del gruppo sviluppano costrutti comuni a partire dalla precedente esperienza di lavoro concertato. Durante la fase di “azione collaborativa”, il gruppo lavora su progetti comuni e le attività e i ruoli di ciascun membro sono chiari e flessibili perché il gruppo ha sviluppato una sinergia. I membri sono in grado di rivedere gli obiettivi e gli esiti nel caso emergessero nuove situazioni.
3. Obiettivo del nostro studio
L’obiettivo generale del nostro studio era di sviluppare una comunità di apprendimento di leader pedagogici in grado di generare specifiche comunità di apprendimento con il personale scolastico delle sei scuole. Avevamo tre obiettivi specifici per il progetto.
1) Creare un modello di sviluppo professionale con il personale scolastico delle scuole di un’area geografica, basato su una comunità di apprendimento di leader pedagogici in grado di generare specifiche comunità di apprendimento all’interno delle scuole per contribuire a migliorare la perseveranza e il successo scolastico degli studenti.
2) Perseguire lo sviluppo della competenza professionale al lavoro collaborativo per aiutare tutti gli studenti, compresi quelli con bisogni speciali, a sviluppare le competenze del Programma Educativo del Québec.
3) Analizzare le risorse e il processo attraverso cui una comunità di apprendimento di leader pedagogici può promuovere e sostenere specifiche comunità di apprendimento per il personale scolastico.
Inizialmente, i sei presidi ci avevano contattati per creare un PLC, ma la loro comprensione locale si riferiva più a una prospettiva dal basso di sviluppo di una comunità di apprendimento come intesa da Schussler (2003) in quanto non incentrata su dati basati sull’evidenza al fine di migliorare il successo scolastico. Per contro, i presidi volevano concentrarsi su una varietà di idee associate al costrutto di comunità di apprendimento di Schussler. Ad esempio, volevano che il personale scolastico sviluppasse idee comuni circa le pratiche e che fosse aperto alle idee degli altri, come implicato nella dimensione cognitiva. Volevano anche che il personale scolastico uscisse dalle gerarchie, sviluppasse buone relazioni e che comunicasse efficientemente come nella dimensione affettiva. Infine, volevano che il personale scolastico sviluppasse obiettivi comuni e si impegnasse a migliorare l’apprendimento degli studenti, in linea con la dimensione ideologica del modello.
4. Metodologia
Abbiamo reclutato i partecipanti da sei scuole della Richelieu Valley (Consiglio scolastico di Riverside, Costa Sud di Montréal e Quebec). Il nostro gruppo iniziale comprendeva ventiquattro partecipanti, in particolare presidi (6), insegnanti (9), risorse umane (3), specialisti del sostegno (1), operatori diurni (2) e ricercatori (3). Abbiamo chiesto un impegno iniziale di un anno e abbiamo spiegato che i partecipanti potevano ritirarsi in qualsiasi momento senza timore di ritorsioni. Alcuni partecipanti hanno abbandonato il progetto durante il primo e il secondo anno (ad esempio per malattia, responsabilità familiari, cambio di scuola) e alcuni sono stati aggiunti, ma nel complesso il gruppo di partecipanti è rimasto lo stesso. Nell’ultimo anno, il gruppo ha raggiunto i trentasei partecipanti.
4.1. Attività del primo anno
Dato che si trattava di una ricerca azione partecipata per un periodo di tre anni, abbiamo deciso di utilizzare una varietà di strumenti per incoraggiare il dialogo, comprendere il sistema, assumere un pensiero diagnostico, negoziare il consenso e risolvere i problemi. Il nostro team ha fatto affidamento su un insieme di strumenti e tecniche di ricerca partecipata sviluppati da Chevalier and Buckles (2009).
Per via del carattere altamente collaborativo di questa ricerca, e poiché l’obiettivo di questo articolo è descrivere esplicitamente come il test della griglia del repertorio (RGT) possa essere usato per sbrogliare i conflitti di gruppo mentre le persone imparano a lavorare insieme, è necessario descrivere cosa ha preceduto il conflitto. Durante il primo anno, abbiamo progettato due tipi di attività: attività con il potenziale di facilitare lo sviluppo di aree prioritarie per le comunità di apprendimento e attività di team building per consentire ai membri della comunità di apprendimento di imparare a conoscersi.
Per determinare le aree prioritarie per le comunità di apprendimento, abbiamo permesso a tutti di condividere le loro idee su come dovrebbe essere una scuola dove gli studenti hanno successo. Lo scopo era stabilire un punto di vista. Abbiamo iniziato chiedendo ai partecipanti se avessero storie di successo da condividere e abbiamo estrapolato i fattori positivi di successo dalle medesime. Per completezza, abbiamo chiesto ai partecipanti di immaginare una scuola in cui gli studenti ottenessero esiti negativi e in cui il personale fosse tendenzialmente insoddisfatto e demotivato. Una volta elencati tutti i criteri, li abbiamo trasformati in aspetti positivi e abbiamo completato l’elenco di tali fattori positivi. Abbiamo in seguito raggruppato alcuni dei fattori in macro aree per identificare le categorie attorno alle quali lavorare negli anni a venire. Abbiamo adottato una tecnica chiamata la Ruota di Socrate (Chevalier & Buckles, 2009) usata per posizionare i partecipanti su una varietà di assi, che in questo caso corrispondevano a una valutazione di quanto le sei scuole stessero ottenendo buoni risultati in riferimento a queste priorità e su quali progressi volessero puntare nei successivi tre anni. Il gruppo ha identificato tre aree prioritarie, in particolare psicosociale, bisogni speciali e le migliori pratiche di insegnamento, che necessitavano un potenziamento. Il gruppo è stato diviso in tre aree prioritarie di comunità di apprendimento con il compito di mappare il processo e determinare le attività che sarebbero state intraprese dalle loro specifiche comunità di apprendimento nei due anni a venire.
Sapevamo che i partecipanti dovevano creare una sinergia di gruppo, quindi abbiamo anche organizzato attività di team building. Abbiamo usato attività rompighiaccio, estrapolando punti di forza e competenze attraverso gli interessi dimostrati dai partecipanti, imparando a conoscerci in un contesto di gruppo, a diventare un leader pedagogico, a riconoscere i punti di forza dell’altro, a lavorare come gruppo collaborativo attraverso la comprensione collettiva, ecc. Anche se i partecipanti non hanno tendenzialmente riconosciuto a queste attività un impatto sul miglioramento dei servizi offerti agli studenti, hanno compreso i benefici di costruire un buon rapporto con i loro colleghi.
4.2. Comparsa e risoluzione del conflitto
La sezione a seguire descrive l’emersione del conflitto e com’è stata utilizzata la tecnica della griglia di repertorio come processo per la risoluzione del conflitto.
Una volta che i gruppi hanno raggiunto la fase in cui la pianificazione per i successivi due anni dovrebbe essere intrapresa, abbiamo proposto un’attività chiamata “linea temporale”. Il processo della linea temporale aiuta gli individui e i gruppi ad assumere concretamente una visione cronologica delle fasi di un’attività in atto o pianificata (Chevalier & Buckles, 2009). Abbiamo invitato le tre comunità di apprendimento prioritario a riflettere sulla pianificazione programmata e a identificare le pietre miliari da raggiungere, le parti da coinvolgere nel processo e i compiti da distribuire.
Mentre le comunità di apprendimento dei bisogni psicosociali e individuali non hanno avuto problemi a intraprendere l’attività, la comunità di apprendimento “un migliore insegnamento per un migliore apprendimento” (BT4BL) ha incontrato diversi problemi nella fase di “tempesta” o “sperimentazione individuale”. Il problema all’interno della comunità di apprendimento BT4BL è emerso quando i membri non sono stati in grado di descrivere le attività che desideravano attuare nelle loro scuole o a identificare le pietre miliari sulla linea temporale. Hanno ripetuto affermazioni precedentemente condivise senza proporre soluzioni. Nel suo diario, uno dei membri scrisse: “stavamo su isole separate”. Un altro membro ritenne che il problema consistesse nel fatto che non tutti i membri condividevano la stessa comprensione della prospettiva all’interno della comunità di apprendimento e che la loro incapacità di consolidare le proprie idee rappresentava una grande sfida da superare. Il gruppo non riusciva a trovare un terreno comune o una chiara previsione di dove fossero diretti come squadra. La frustrazione aumentò. Alcuni membri non riuscivano a esprimere la loro voce e altri volevano abbandonare il progetto. A quel punto, ci siamo resi conto che l’incapacità di visualizzare le attività suggeriva un problema con il modo in cui i membri della comunità di apprendimento BT4BL intendevano le attività proposte. Inoltre, sembrava esserci dissenso rispetto a come interpretavano le “migliori pratiche di insegnamento”. Avevano bisogno di un intervento immediato.
Fig. 1: La comunità di apprendimento del leader pedagogico mentre organizza la tempistica delle loro attività
Abbiamo chiesto a questo gruppo di incontrarci almeno un’altra volta, per sperimentare un esercizio di costruzione del consenso. L’idea era di generare una griglia di repertorio con loro. Lo scopo dell’esercizio era di consentire a ciascun membro di elencare le attività che pensavano potessero migliorare l’insegnamento, aiutarli a esprimere come costruivano queste attività e negoziare un consenso attorno a questi significati. Speravamo che l’esercizio avrebbe permesso ai partecipanti di discutere le discrepanze e di sviluppare una comprensione negoziata comune per le attività che sarebbero state sviluppate, in linea con la dimensione ideologica di Schussler (2003).
Il gruppo si dispose con un ricercatore in un angolo della stanza attorno a un tavolo. Si interrogarono su quale fosse l’obiettivo e osservando la rigidità delle loro posture, la prognosi non era delle migliori. Per i primi minuti tutti i partecipanti evitarono il contatto visivo. Un membro si sedette accanto al ricercatore, aprì il suo laptop e iniziò a prendere appunti. Un altro interveniva guardandosi le mani, mentre il resto del gruppo ascoltava fissando qualsiasi cosa tranne i partecipanti.
Per identificare gli elementi da esaminare durante il RGT, il ricercatore chiese al gruppo di immaginare attività che potevano fare per migliorare l’insegnamento nell’ottica di favorire il successo degli studenti. Il ricercatore consegnò tre schede ad ogni partecipante e chiese loro di scrivere tre idee su attività sviluppabili come comunità di apprendimento. Ha quindi proceduto a un’attività di distribuzione delle schede. Durante questo lavoro, i partecipanti dovevano raggruppare attività simili e ordinarle in file. Per fare ciò, i partecipanti dovevano spiegare le loro idee e rispondere alle domande di chiarimento. I partecipanti hanno prestato particolare attenzione a come si rivolgevano l’uno all’altro. Abbiamo sentito affermazioni come “Questo non è ciò che intendo…”, “Quello che sento è…”, “Cosa intendi con questo?”, “Quando ho scritto questo mi riferivo a…”. Gradualmente, abbiamo notato un cambiamento evidente nel linguaggio del corpo e nella postura che i partecipanti stavano assumendo. Il laptop è stato chiuso e messo via e i partecipanti hanno iniziato a parlare tra loro anziché rivolgersi esclusivamente al ricercatore. Alcuni si sono persino avvicinati l’uno all’altro.
Il passo successivo è stato quello di generare dei costrutti attraverso il processo di elicitazione triadica con gli elementi o le attività identificate dai membri della comunità di apprendimento BT4BL. Il ricercatore iniziò a mischiare le schede e uno dei membri non poté fare a meno di dire: “Sembri un mago!” Un altro disse: “O un mischiatore di carte da poker professionista!” Il ricercatore rispose: “Sono un commerciante. Un rivenditore di idee. Scommetto tutto e corro il rischio di perdere tutto, o di vincere tutto”. Un partecipante pianse dalla gioia: “Vinceremo tutti insieme!” Tutti risero. Da questo punto in avanti l’atmosfera diventò più rilassata e i membri erano pronti a una negoziazione. Tuttavia, il ricercatore sapeva che nonostante i muri tra i partecipanti sembravano venire meno, erano ancora su un terreno molto fragile e il conflitto poteva facilmente riemergere.
Mentre i membri negoziavano il significato dei costrutti emersi, si sentivano gradualmente più a proprio agio l’uno con l’altro. A volte usavano parole diverse, ma quando una persona spiegava il significato dei concetti, gli altri convenivano di avere la stessa idea. Ad esempio, il costrutto emergente sulla dicotomia “Struttura organizzativa/Strumenti e strategie di apprendimento” non è stato facile da identificare, in parte perché alcuni amministratori insistevano che si trattasse di atteggiamenti e non della struttura organizzativa. I partecipanti decisero così di duplicare il costrutto per consentire ad entrambe le possibilità di essere considerate nell’ambito di queste attività.
Quando i partecipanti hanno iniziato a valutare gli elementi rispetto ai costrutti su una scala da uno a cinque, hanno iniziato a identificare il loro ruolo e la natura del loro contributo all’interno di questa comunità di apprendimento. Alcuni dei partecipanti restii ad esprimersi, in particolare un nuovo insegnante che si sentiva vulnerabile all’interno di questa dinamica di gruppo, iniziarono a condividere idee e opinioni, che gradualmente divennero parte della voce del gruppo. Ad esempio, un partecipante chiese: “Creare relazioni, pensiamo che sia probabile o difficile che accada?” Un altro partecipante rispose: “Abbiamo bisogno di aprire un dialogo con vari membri del personale scolastico, non abbiamo scelta”. I membri del gruppo hanno cercato di trovare un terreno comune dimostrandosi disponibili a scendere a compromessi. Un membro affermò: “proporrei un 2. Ma decide la maggioranza“. Alla fine, il gruppo decise di assegnare il valore 1” perché creando relazioni, gli studenti avrebbero avuto maggiori probabilità di successo.
Il gruppo ha quindi proceduto a identificare visivamente le somiglianze all’interno della griglia di repertorio e a spiegarne i significati. A quel punto, apparve evidente che ogni attività che avevano nominato era associata al polo di somiglianza “successo” sul costrutto “successo/incertezza”. Per mostrare al gruppo le loro insicurezze, il ricercatore ha chiesto loro di immaginare un’attività, magari “sociale”, “ad alto rischio”, che si riferisse a uno “strumento o una strategia” in grado di portare risultati positivi, che il gruppo non aveva ancora nominato ma potenzialmente interessante poiché associata a costrutti per loro apparentemente importanti. I partecipanti hanno iniziato a proporre idee come stabilire un tempo in cui tutti gli studenti avrebbero svolto un’attività e alcuni insegnanti si sarebbero occupati di loro mentre gli altri avrebbero lavorato in gruppo. Sembravano divertirsi a pensare a idee originali e a condividere storie in cui loro o altre persone avevano avuto successo. Decisero di mantenere due di queste attività e valutarle in base ai costrutti: tempo libero e pausa con il preside (vedere le attività in blu nella figura 2). Alla fine del RGT, il gruppo aveva riacquistato energia, era concentrato e aveva una chiara comprensione dell’obiettivo che desiderava perseguire e come procedere in merito.
Fig. 2: Analisi delle somiglianze tra gli elementi e i costrutti
Fig. 3: PrinGrid con i clusters identificati dai partecipanti e le etichette
Il ricercatore inserì i dati in un software di griglia di repertorio (Rep 5) durante l’ora di pranzo e condivise i risultati con i membri del gruppo per offrire un feedback. Usò il grafico chiamato PrinGrid per identificare i cluster con i partecipanti e chiese loro di etichettarli, per aggiungere un livello di interpretazione (vedi figura 3). A partire dal quadrante in basso a destra, i partecipanti hanno affermato che favorire il successo rappresentava un loro ideale ed era un po’ astratto. Nel quadrante in basso a sinistra, i partecipanti hanno dichiarato che le attività “Creare relazioni” e “Lavorare tutti in modo collaborativo” erano difficili da implementare ma essenziali. Nel quadrante in alto a destra, i partecipanti hanno affermato che attività come “Fornire opportunità di scelta“, “Fornire strumenti per l’apprendimento degli studenti” e “Feedback” erano attività già intraprese, ma che potevano migliorare. I partecipanti, osservando le attività nel quadrante in alto a sinistra, ossia “Tempo libero” e “Pausa con il preside”, hanno convenuto che questa fosse la direzione da seguire. È interessante notare che proprio queste attività non sono state proposte fino a quando il ricercatore non ha chiesto loro di elencare le attività più vicine al polo “incertezza” del costrutto “successo/incertezza”.
Alcuni dei commenti che abbiamo raccolto dai diari dei membri della comunità di apprendimento BT4BL sono stati: “Tutte le voci sono state ascoltate e grandi spunti di apprendimento”, “Tutti sono stati ascoltati, validati ed erano concentrati. È stato un incredibile processo di emersione – sembrava un parto! Spingere e spingere e finalmente un bel bambino!”,” L’attività di analisi del costrutto è stata estremamente incisiva. Era la prima volta che il nostro LC sperimentava la condivisione di una prospettiva e il lavoro concertato. Ci siamo sentiti tutti sollevati dopo questa attività ed entusiasti all’idea di andare avanti. Finalmente!” “Per il nostro LC, l’analisi dei costrutti è stata l’attività più significativa. Ci ha davvero costretti a esprimere le nostre opinioni, unire le nostre idee e raggiungere un consenso in merito alla direzione del nostro LC”.
5. Discussione e conclusione
Sviluppare comunità di apprendimento (LC) tra scuole da una prospettiva dal basso è un’attività più rischiosa rispetto all’implementazione di comunità di apprendimento professionali (PLC) come modello organizzativo nelle scuole. Da una parte, anche se i PLC hanno maggiori probabilità di funzionare senza problemi in termini di logistica, essi tendono a non portare allo sviluppo di relazioni durature tra i membri del PLC, né tendono a coinvolgere vari membri del personale scolastico in ruoli rilevanti in merito alla conduzione di attività concertate in diverse scuole. Ciò è dovuto prevalentemente al fatto che l’attenzione dei PLC si basa in gran parte su dati basati sull’evidenza per migliorare il successo degli studenti (Dufour, Dufour, Eaker, 2008; Le-clerc, Moreau & Leclerc-Morin, 2007), che a sua volta sembra contribuire a migliorare il clima della scuola. D’altra parte, sviluppare LC richiede un lavoro su molteplici fronti, in particolare su aspetti cognitivi, affettivi e ideologici (Schussler, 2003) per garantire che il gruppo possa sviluppare una visione condivisa e migliorare nel lavoro in squadra (Wenger, 1998).
Il conflitto che abbiamo discusso sopra è emerso quando la comunità di apprendimento di BT4BL doveva prendere decisioni inerenti le migliori pratiche su cui lavorare nei due anni successivi. Questo accadde quando entrarono nella fase “della tempesta” (Tuckman, 1965) o “della sperimentazione individuale” (Frances, 2008) e molti membri del gruppo sembravano voler abbandonare il progetto. Questa era una reazione normale perché i membri del gruppo stavano investendo molto tempo nella partecipazione al progetto e ogni giorno era richiesta un’organizzazione logistica per i supplenti. Era necessario superare il problema, altrimenti non avrebbero potuto continuare.
Tuckman (1965) considera la fase “della tempesta” nello sviluppo di progetti di gruppo come lo stadio più difficile del ciclo di vita di un progetto. Durante questa fase, i membri negoziano i loro ruoli, valori, relazioni, visioni e nominano i leader. L’attenzione è più sul sé che sul progetto da realizzare. I membri mostrano “risposte emotive e resistenze all’influenza del gruppo” (p. 78), che spesso si traducono in un conflitto all’interno del gruppo stesso. Frances (2008) esamina questo stadio attraverso la lente della Psicologia dei Costrutti Personali e lo definisce “sperimentazione individuale”. Sottolinea che il livello di turbolenza sperimentato è correlato alla misura in cui i problemi toccano costrutti nucleari. Durante questa fase, i membri possono sperimentare “ansia” o “minaccia”, ma possono anche mostrare diversi livelli di “aggressività”, che Kelly definisce come l’elaborazione attiva del proprio sistema di costrutti.
Come suggerito da Sizer (1992), per aiutare il personale scolastico, tra cui insegnanti, presidi, specialisti del sostegno, a sviluppare “buone scuole”, essi devono in primis imparare a lavorare insieme, sviluppare rapporti di fiducia, rispetto e buona compagnia. Quando differenze significative nelle discussioni, peraltro alla base dei processi pedagogici, emergono e quando le gerarchie confondono le conversazioni, è probabile insorgano tensioni fra i membri. Come dice Frances (2008), più le questioni sono nucleari, più è probabile che le tensioni aumentino durante la fase di sperimentazione individuale o di tempesta (Tuckman, 1965).
Nel caso del nostro progetto, le tensioni erano così elevate che i membri della comunità di apprendimento erano pronti ad abbandonare il progetto prima che decidessimo di intervenire. Utilizzando i principi della Psicologia dei Costrutti Personali attraverso l’elaborazione di una griglia di repertorio, siamo stati in grado di districare gran parte della confusione che si stava verificando nelle conversazioni. Nonostante l’attività “pausa con il preside” non sia stata ulteriormente approfondita, perché troppo rischiosa, questa ha permesso al gruppo di proiettarsi all’interno delle dimensioni dei costrutti subordinati inespressi condivisi dai membri. Sia il processo che sottende il metodo sia le capacità di mediazione del facilitatore sono stati fondamentali per consentire al gruppo di raggiungere un consenso e imparare a parlare tra loro senza paura di essere screditati, indipendentemente dal ruolo da loro svolto.
Inoltre, la PCP ha avuto un ruolo importante nel processo di risoluzione dei conflitti. Poiché la teoria di Kelly si concentra su come le persone anticipano gli eventi, piuttosto che su come reagiscono ad essi, le decisioni chiave sono comprese nei termini di come una persona anticipa l’esito di tali decisioni. L’uso della PCP ha permesso ai partecipanti di discutere le proprie esperienze pratiche e questo ha contribuito al processo di risoluzione dei conflitti. Nel rivelare i loro costrutti, i partecipanti non erano più nella posizione di dare risposte basate sul senso comune. Invece, hanno condiviso le loro “vere” speranze e insicurezze con il gruppo. Il fatto che il giovane insegnante, che in precedenza non aveva una voce, abbia identificato l’attività denominata “Pausa con il preside” dimostra la forza dell’uso di PCP in un contesto di gruppo. Il conflitto era in gran parte dovuto a pensieri e preoccupazioni, che rimanevano taciuti, e lo strumento della griglia del repertorio ha permesso di rivelare come i partecipanti costruissero tali pratiche. Come Bannister e Fransella menzionano, “possiamo solo fare ipotesi su cosa sia la realtà e poi procedere a scoprire quanto siano utili o inutili questi assunti” (Bannister & Fransella, 1971, p. 18). Ultimo ma non meno importante, il fatto che i partecipanti abbiano individuato le caratteristiche delle proprie esperienze è stata una condizione che ha permesso la risoluzione del conflitto. Se i ricercatori avessero identificato le caratteristiche di tali attività, l’incertezza relativa ad alcune di esse, che era un costrutto chiave, sarebbe stata probabilmente ignorata.
Bibliografia
Bannister, D., & Fransella, F. (1971). Inquiring man: the theory of Personal Constructs. University of Michigan, Penguin.
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Note sugli autori
Nadia Naffi
Universitè Laval, Quèbec (Canada)
Nadia Naffi è assistant professor all’Universitè Laval e ha una cattedra in Educational Leadership dove si occupa della trasformazione sostenibile delle pratiche pedagogiche nei contesti digitali. È esperta di disruptive pedagogy e di epistemologie costruttiviste nell’ambito della tecnologia dell’educazione. Nel suo dottorato di ricerca, si è occupata della conoscenza di sé stessi come processo fondamentale per affrontare la propaganda dei social media contro il reinsediamento dei rifugiati siriani. Naffi ha ricevuto il Governor General Gold Medal – Person and Society 2018 per la sua tesi d’eccellenza e il SALTISE Best Practices & Pedagogical Innovators Award 2019.
Ann-Louise Davidson
Concordia University, Montréal (Canada)
ann-louise.davidson@concordia.ca
Ann-Louise Davidson ha una cattedra di ricerca in Maker Culture presso la Concordia University. È direttrice associata del Milieux Institute for Arts Culture and Technology e professoressa associata all’interno del programma di tecnologia dell’educazione del dipartimento di educazione della Concordia University. Prima di lavorare alla Concordia University, la dott.ssa Davidson ha svolto il post-dottorato alla Carleton University e ha insegnato in scuole primarie e secondarie, sia pubbliche che private. Nel suo lavoro, si occupa di creazione di cultura, innovazione sociale, inclusione e innovazione attraverso approcci pedagogici avanzati e tecnologie digitali. Ha esperienza in metodologie di ricerca-azione che coinvolgono i partecipanti nella raccolta collaborativa di dati e in studi di partecipazione attiva e creazione di significato nell’ambito della tecnologia e dell’innovazione.
Carole Raby
Université du Québec, Montréal (Canada)
Carole Raby è professore ordinario di didattica generale nel Dipartimento della Didattica dell’Università del Québec a Montréal. È membro del Centro di ricerca inter-universitaria per la formazione e la professione di insegnante (CRIFPE). I suoi interessi di ricerca sono focalizzati sull’integrazione pedagogica delle tecnologie e sullo sviluppo professionale degli insegnanti. Ha condotto una serie di progetti di ricerca-azione con diversi consigli scolastici sull’integrazione della tecnologia, in particolare l’uso collaborativo della lavagna interattiva da parte dei bambini. È anche interessata al potenziale e all’evoluzione delle comunità di apprendimento come mezzo per promuovere lo sviluppo professionale nelle scuole.
- Ringraziamo gli editori della rivista Personal Construct Theory & Practice per aver gentilmente concesso la traduzione dell’articolo. L’originale è disponibile al link: http://www.pcp-net.org/journal/pctp17/davidson17.pdf. Davidson, A.-L., Naffi, N., Raby, C., A PCP approach to conflict resolution in learning communities. Personal Construct Theory & Practice, 14, 61-72, 2017. ↑