Tempo di lettura stimato: 5 minuti
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Editoriale

di

Chiara Centomo e Chiara Lui

Rivista Italiana di Costruttivismo

Abstract

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Eccoci giunti al sesto numero della Rivista Italiana di Costruttivismo, che abbiamo voluto dedicare interamente all’età evolutiva, con contributi di taglio epistemologico, teorico e applicativo che si collocano entro la cornice del Costruttivismo e della Psicologia dei Costrutti Personali.

 

Un progetto, questo, che ci vede impegnati da circa un anno e trova qui ed ora – ne siamo davvero felici – la sua realizzazione.

 

Ripercorrendone le tappe, abbiamo ripensato alla lettera che poco meno di un anno fa rivolgevamo agli Autori coinvolti, cercando di trasmettere il senso di un’idea e le riflessioni che a lungo abbiamo discusso come Redazione. È stato emozionante rileggerla dopo un anno di lavoro, di approfondimenti teorici, di esperienze professionali e personali, e ci è parso che sia proprio questo il taglio che più si presta a introdurre questo numero. Permetteteci perciò di parafrasarla, iniziando proprio dalle domande che ci hanno guidato nelle nostre riflessioni.

 

Cari Lettori, perché – vi sarete forse chiesti – dedicare un intero numero della RIC alla psicologia evolutiva? Può avere senso, ce lo siamo domandate noi per prime, un’operazione di questo tipo all’interno di un paradigma come quello costruttivista che fa del continuo cambiamento evolutivo personale uno dei suoi presupposti-pilastro?

 

Infatti da questa prospettiva, come ci ricordano Bannister e Fransella (1971), la tradizionale suddivisione della psicologia in settori corrispondenti alle fasi della vita dell’essere umano decade, perde di senso.

 

Se la persona è essa stessa movimento, un sistema di significati incarnati e in azione in continua evoluzione e cambiamento, e se scegliamo di adottare questo sguardo, non trova più spazio l’idea di “separare” il bambino e l’adolescente da… Da chi, dagli adulti? Anche il bambino o l’adolescente è, infatti, persona: non “un essere primitivo, un computer, o un mini-adulto” (ibidem, p. 85) come sembra emergere in controluce da alcuni approcci, psicologici e non. La stessa parola “sviluppo” può trarre in inganno, quando implica un movimento verso una sorta di “prodotto finale”, un tendere verso un risultato, un’aspettativa da realizzare, un risultato da raggiungere.

 

Ogni volta che ci rapportiamo a un bambino o ad un adolescente come “nient’altro che un bambino”, ogni volta che ci rifugiamo nella categorizzazione che semplifica e rassicura, operiamo una distinzione che parla tanto del suo contenuto quanto e forse più di chi la opera: non è forse una prospettiva adulto-centrica quella da cui ha senso distinguere il bambino, il ragazzo, l’adolescente come “altro da sé”?

 

Come raccontano bene i contributi di questo numero, adottare la prospettiva del bambino e dell’adolescente come persona significa invece aprirsi all’incontro, anteporre alle nostre soluzioni spesso

 

preconfezionate le domande e la curiosità di conoscerne da vicino l’esperienza, lasciarsi cambiare dai mondi che si scoprono.

 

Se in una simile prospettiva la tradizionale distinzione adulto-bambino va sfumando, allora la scelta di focalizzare un numero della rivista sull’età evolutiva può sembrare una negazione di fatto di ciò che affermiamo a parole.

 

Riteniamo tuttavia che le parole, le molte parole che abbiamo raccolto attraverso i contributi di tutti, possano diventare il veicolo attraverso il quale dar voce allo sguardo che adottiamo nella nostra prassi quotidiana nel mondo dei “bambini e dintorni”.

 

Una prassi – clinica, educativa, formativa, riabilitativa… – che non può prescindere dai nostri presupposti e che, quindi, sempre risponde a due domande fondamentali, antecedenti a qualunque teorizzazione o azione: qual è l’idea di bambino e di infanzia (o di ragazzo e adolescenza) che ci guida? E chi è il bambino (o il ragazzo) che vorremmo veder crescere?

 

Chi lavora nell’ambito dell’età evolutiva sa che la risposta a questi interrogativi non è scontata, eppure – che ne siamo consapevoli o meno – canalizza le nostre scelte professionali, oltre che personali. Perché vedere il bambino come persona può fare, e fa, la differenza. “Chi” vediamo in quel bambino, in quell’adolescente, guida quello che scegliamo di fare con lui e come: diventa prassi. E la prassi a sua volta diviene trasformativa e “cre-attiva”, in questo caso, di un agire non su ma con qualcuno: un bambino, i suoi genitori, una famiglia intera, una classe e i suoi insegnanti, adolescenti al consultorio, utenti di un servizio ricreativo diurno, ragazzini a cui sediamo accanto ogni giorno…

 

Ci sembra che una prassi che ci permette di affrontare quotidianamente la complessità degli snodi relazionali in cui incontriamo tutte queste persone meriti di essere raccontata e diffusa.

 

Nella nostra prospettiva, quindi, la definizione di psicologia “evolutiva” o “dell’infanzia e dell’adolescenza” diviene una sorta di costrutto sovraordinato che ci permette di includere e delimitare un campo di pertinenza, pure ampio, e di valorizzare uno sguardo differente. Ci permette anche di raggiungere tutti i colleghi che di questo si interessano e si occupano e, magari, lo fanno incarnando i presupposti del costruttivismo e della PCP.

 

Dal nostro punto di vista “scrivere su” (per gli Autori) o “leggere di” (per i Lettori) diventa il mezzo per costruire insieme un dialogo attraverso la parola scritta, radunando le tante voci che da tempo sono impegnate su più fronti nel mondo della relazione con i bambini, i ragazzi e gli adolescenti. Un dialogo che ci piacerebbe continuasse anche in futuro, pensando a questo numero come un inizio e non come un punto di arrivo.

 

Abbiamo raccolto una coralità di contributi che parlano di questo sguardo, di queste prassi, e della passione che li guida. Scorrendo il sommario potrete vedere che i temi toccati sono molti e variegati: la scuola e il gioco, i vissuti dei fratelli di bambini con disabilità e quelli dei “grandi” che se ne occupano, i comportamenti a rischio in adolescenza.

 

Inoltre abbiamo pensato di mettere a disposizione anche in lingua italiana una lista ragionata di domande utili nel colloquio con i bambini e le famiglie, a cura di Harry Procter. Si tratta di un lavoro che è frutto di anni di studio e di esperienza clinica, che viene raccontata subito dopo nella sua intervista.

 

Cari Lettori, al termine di questa introduzione vi vorremmo coinvolgere nella sfida che abbiamo lanciato agli Autori e raccolto a nostra volta l’anno scorso. Si tratta della sfida epistemologica che ci ha lasciato Kelly (coscientemente e coerentemente) con la PCP: una teoria che descrive il sistema di costrutti in chiave processuale e sincronica e che ci mette a disposizione tutti gli strumenti (altrettanto processuali, astratti e “vuoti”) per descrivere questo stesso sistema in una prospettiva epigenetica e diacronica, ovvero per ri-narrarla nel suo generarsi e formarsi nel tempo.

 

Un sogno, un’utopia?

 

Intanto, siamo partiti.

 

Come si dice in questi casi… Ai posteri l’ardua sentenza.