Tempo di lettura stimato: 36 minuti
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Dalle origini al futuro della PCP

intervista a Franz R. Epting[1]

A life in PCP: from beginnings to the future.

Interview with Franz R. Epting[13]

a cura di

Giovanni Stella e Chiara Lui

Institute of Constructivist Psychology

 

Traduzione a cura di

Giovanni Stella e Chiara Lui[2]

Abstract

Franz Ryan Epting è Professore Emerito presso il Dipartimento di Psicologia della University of Florida a Gainesville, Florida. Si è laureato presso il Millsaps College e ha concluso il suo dottorato presso la Ohio State University, dove, da laureato, ha avuto la possibilità di studiare con George Kelly. Nel 1989 è stato presidente del Council of Counseling Psychology Training Programs negli Stati Uniti. Nel 2000 ha ricevuto un premio alla carriera da parte del North American Personal Construct Network[3]. Nel 2008, ha ricevuto il premio “Abraham Maslow” per la Psicologia Umanisitica dall’American Psychological Association Society.

Franz Ryan Epting is Emeritus Professor in the Department of Psychology at the University of Florida in Gainesville, Florida. He received his B.A. from Millsaps College and his Ph.D. from The Ohio State University, where, as a graduate student, he had the opportunity to study with George Kelly. In 1989 he served as the chairperson of the Council of Counseling Psychology Training Programs in the United States. In 2000 he received a lifetime achievement award from the North American Personal Construct Network.[14] In 2008 he received the Abraham Maslow award from the American Psychological Association Society for Humanistic Psychology.

Keywords:
Storia della PCP, George Kelly, Fixed Role Therapy, Death Threat Index, pragmatismo | history of PCP, George Kelly, Fixed Role Therapy, Death Threat Index, pragmatism

Professor Epting, la ringraziamo molto per questa intervista.

Grazie a voi.

 

Sappiamo che all’Università dell’Ohio, durante gli anni Sessanta, ha conosciuto un gruppo di studenti che lavoravano con George Kelly e che ha iniziato a frequentarli con regolarità. Cosa della loro esperienza e della Psicologia dei Costrutti Personali l’ha attratta all’inizio? Può raccontarci qualcosa di quei primissimi momenti della teoria?

Oh, sì, credo di aver capito la domanda… Sono stato coinvolto in quanto ero uno studente di laurea specialistica in psicologia, counseling e psicologia della personalità e quindi stavo facendo amicizia con molti degli studenti di psicologia clinica. Penso mi abbiano invitato o mi abbiano parlato degli incontri del giovedì sera che si tenevano a casa di Kelly e così iniziai a parteciparvi con regolarità e fu una vera emozione sentirlo parlare della sua teoria e di molte altre cose. Andare a casa di un membro della facoltà era di per sé un onore ma oltre a questo egli riusciva a creare davvero un’atmosfera molto stimolante quando gli studenti si ritrovavano poiché gli interessava molto che comprendessero la sua teoria; soprattutto perché loro avrebbero lasciato l’Università dell’Ohio per andare in altri luoghi. Sapeva che le persone avrebbero chiesto loro informazioni su di lui e sulla sua teoria. Quelle serate del giovedì rappresentarono per me una grande introduzione a Kelly. Erano appuntamenti settimanali, non credo proprio tutte le settimane ma erano abbastanza regolari.

 

Cosa accadeva esattamente durante queste serate?

Accadeva di tutto… tutto era piuttosto formale. Kelly era amichevole ma molto formale, come ho scritto in un recente manuale di PCP[5]. Penso che Kelly si fosse costruito sull’esempio del suo mentore in Iowa, Carl Seashore, che era davvero il grande riferimento della psicologia a quel tempo, e ho pensato che Kelly potesse aver adottato alcuni modi formali di essere professore per via del suo mentore. Potrei sbagliarmi, ma ad ogni modo ciò che accadeva era che si andasse a casa sua (ed era piuttosto dura per i primi minuti, a dire il vero). Era anche emozionante. Arrivava un certo numero di studenti e lui spesso girava tra di noi cercando di presentarci l’un l’altro per assicurarsi che ci conoscessimo tutti; dopo un po’ ci concedevamo una meritata pausa dalla discussione – in realtà lui parlava per la maggior parte del tempo ma ci invitava anche a proporre commenti e domande. Era tutto molto stimolante e accadeva che divagassimo su argomenti collaterali – un rinfresco che poteva essere tè o caffè, sempre bibite e tramezzini – si sa, gli studenti universitari sono sempre affamati! – c’erano panini o cookies o biscotti o porzioni di torte o qualcosa di simile durante la pausa e poi si tornava alla discussione. Ora che cerco di ricordare, sembra tutto così confuso perché ormai si tratta di decenni fa.

 

Professor Epting, quali sono stati gli incontri e gli eventi che hanno segnato la sua esperienza nella PCP?

Incontri ed eventi… A dire il vero, si torna indietro proprio a quei giorni all’Università dell’Ohio quando Don Bannister dall’Inghilterra e Han Bonarius dall’Olanda arrivarono entrambi per studiare un periodo con Kelly e discutere con lui. In questo modo fui introdotto molto bene nel panorama internazionale della Psicologia dei Costrutti Personali e pensai che fosse incredibilmente interessante. E poi noi tutti potemmo discutere la teoria di Kelly con qualcuno che fosse fuori dal gruppo americano, cioè che provenisse da fuori. È stato un aggiornamento molto utile e poi, ovviamente, dopo la morte di Kelly ci fu un lungo periodo di silenzio. Grazie al cielo Al Landfield all’Università del Nebraska promuoveva presso l’ufficio didattico la diffusione di contributi e altri eventi in corso. Condivideva quel materiale ogni anno. In qualche modo dopo essere uscito dall’università mi guardai un po’ attorno e realizzai che la teoria di Kelly mi forniva di gran lunga le idee più interessanti che potessi immaginare di utilizzare per realizzare una carriera in psicologia che davvero contasse. Dopo aver iniziato a lavorare presso l’Università della Florida ero stufo della maggior parte del resto della psicologia e tornai allora ad apprezzare davvero la teoria di Kelly. Fu non molto tempo dopo – a dire il vero dopo qualche anno – che Al [Landfield] ci riunì tutti insieme per il primo congresso

internazionale che fu di fatto uno dei Nebraska Symposium on Motivation. Fu allora che incontrai Fay Fransella e Miller Mair per la prima volta. C’erano anche Don Bannister e Han Bonarius e anche altri personaggi internazionali. La decisione fu presa. In realtà fu Fay che fece davvero in modo che accadesse: Fay e Don decisero di iniziare a organizzare i congressi biennali. Loro mi diedero ulteriore incoraggiamento, qualcuno con cui discutere le mie idee e un pubblico che le ascoltava. Sembravano dare importanza a ciò di cui mi ero occupato per molto tempo. È questo il genere di cose che speravate di sapere facendomi questa domanda?

 

Sì, certo… quindi considera Fay e Don suoi mentori?

Oh no… Kelly! No, non proprio! Li rispetto molto ma non penso che quella di “mentori” sia una definizione appropriata, non proprio, no. Io adottavo la Teoria dei Costrutti più nella direzione del mio primo amore in psicologia, che risale a prima di incontrare Kelly, ed era la psicologia umanistica. Ho letto Kelly in questo modo – altri mi hanno accusato di questo perciò lo ammetto – leggevo Kelly come una forma di psicologia umanistica e ho scritto alcuni contributi per giustificare questa interpretazione. Kelly fu uno dei conduttori della prima conferenza di psicologia umanistica, la Old Saybrook Conference[6]. Quindi ho buone ragioni di ritenere che Kelly sorriderebbe del mio intento di associarlo alla psicologia umanistica anche più strettamente di quanto egli abbia mai dichiarato.

 

Spesso i nostri interessi professionali sono collegati a quelli personali. In che modo ha iniziato a interessarsi della morte dal punto di vista della PCP?

Oh, certo, la morte… sono stato trascinato a forza dentro questo tema da alcuni strani studenti (scherzo naturalmente) che vennero da me, e avevano questa idea di studiare la morte e io pensai “che schifo!”. Ma acconsentii perché lo desideravano davvero tanto, intendo dire che avevano davvero una passione per lo studio della morte. Così tutto è iniziato con la discussione e con la tesi di Master di Seth Krieger e con la sua intenzione di considerarla in una prospettiva PCP. In quel periodo lui stava frequentando il mio corso universitario sulla PCP all’Università della Florida e scovò quel meraviglioso passaggio di Kelly in cui Kelly cita la morte come principale esempio di cosa significa “minaccia” arrivando a definire una prima modalità per valutare la minaccia di morte. Così iniziammo una lunghissima e articolata ricerca ed una esplorazione teorica sulla minaccia di morte che valuta quanto minaccioso può essere considerare se la morte accadesse proprio ora senza dolore o sofferenza; supponendo che debba accadere e basta. Noi partimmo da lì per costruire il Death Threat Index. A quel tempo Bob Neimeyer era uno studente di laurea triennale di quel gruppo di ricerca. Larry Leitner e Robert Neimeyer erano entrambi studenti di laurea triennale mentre Seth Kreiger era studente di laurea specialistica. Seth credo abbia in qualche modo conosciuto Bob e Greg Neimeyer, penso che loro frequentassero un corso universitario con lui, e così lui ha iniziato a introdurli nel mio gruppo di ricerca. C’erano anche Larry Rainey, un altro studente di laurea specialistica, e Charley Hays, un altro studente di laurea triennale. Così io ero in inferiorità numerica; ho dovuto io assecondare loro… nella teoria sulla morte. Facemmo delle cose davvero interessanti e ricordo uno studente, penso fosse Larry Rainey, che incappò in qualche difficoltà. Abbiamo dovuto affrontare delle difficoltà qui a Gainesville per studiare la minaccia di morte con pazienti in fin di vita. Ci rendemmo conto che i medici non ci permettevano di parlare coi pazienti in fin di vita perché a quel tempo pensavano che parlare della morte ad un paziente in fin di vita potesse accelerare la sua morte, cosa che non aveva senso, così siamo dovuti andare fino a Jacksonville, che è una grande città distante 75 miglia da qui, per trovare tutti i soggetti. Fu un studio molto interessante e penso anche un’importante filone di ricerca. Certamente ha aperto la ricerca costruttivista ad un’area mai esplorata prima.

 

E in che modo si è interessato alla Fixed Role Therapy?

Oh, mi sono innamorato della Fixed Role Therapy dal primo momento in cui ne ho sentito parlare. Fu naturale! Al college a Jackson, il Millsaps College, ero molto coinvolto nel teatro. Andai in un college molto stimolante e liberale nel cuore del Mississippi che è uno stato molto conservatore, ma c’era quest’oasi di

pensiero liberale al Millsaps, e legai molto con gli attori e in qualche modo feci del teatro la mia casa al di fuori della psicologia. Nel tempo in cui non ero impegnato a studiare psicologia seguivo gli attori che preparavano spettacoli, opere di vario tipo come Shakespeare, musical di Broadway, tragedie, e via via tutto il repertorio.

Quando ho scoperto quella tecnica drammaturgica nel lavoro di Kelly mi piacque davvero. Ho sempre desiderato che altre persone se ne interessassero altrettanto e ci lavorassero in modo più attivo. Penso ancora che sia un ambito molto fertile, di lavoro ed esplorazione continui. In realtà è da qui che Kelly diede inizio alla sua teoria, nel Kansas coi suoi primi studenti universitari, dove la sua terapia del gioco di ruolo divenne in seguito la Terapia del Ruolo Stabilito. Così in un certo senso penso che egli elaborò l’intera teoria a partire dalla Terapia del Ruolo Stabilito. Questa è la mia impressione.

 

Interessante… Come può descrivere il suo rapporto personale con George Kelly?

Credo che possa essere descritto come amichevole tanto quanto potrebbe esserlo con un piccolo coniglietto impaurito. E quello ero io! Fu molto difficile per me non dar peso al suo status e alla sua formalità. Ogni volta che l’ho fatto, mi rispondeva molto calorosamente. Lui era sempre il dottor Kelly ed io ero sempre il signor Epting. Così fu anche per tutti gli altri fino a che non conseguirono la laurea. Era più amichevole lui con me di quanto non lo fossi io con lui. Non riuscivo a superare la mia riservatezza per potermene fare qualcosa di più della nostra relazione. Racconto tutto questo in quell’articolo che voi conoscete bene. Ora desidererei tanto aver accettato il suo invito ad andare nel suo ufficio per prendere una tazza di caffè quando entrambi lavoravamo fino a tardi al dipartimento di psicologia. Stavamo lì parecchio e probabilmente eravamo le uniche due persone in tutta la clinica. Una volta era lì e mi trovò a lavorare molto tardi e mi disse: “ah, sei qui anche tu…io devo farmi un caffè quando mi fermo fino a tardi, vieni nel mio ufficio e prendine una tazza”, ma, come sapete, non lo feci.

Per quanto riguarda le lezioni accademiche formali, ho frequentato una sola volta un corso con Kelly, ma era sulle Griglie di Repertorio e mi ritirai, abbandonai il corso, ora mi dispiace di averlo fatto! Ero più interessato ad altre cose che egli aveva da offrire che non al tecnicismo delle Griglie di Repertorio. Andò a finire che dovetti usare le Griglie di Repertorio per la mia tesi che conclusi dopo che lui lasciò l’Università dell’Ohio. Ebbi l’opportunità di discutere con lui la mia tesi appena prima che partisse. Andai di proposito dall’altra parte della strada rispetto all’edificio di psicologia a comprare il primo volume del suo libro e glielo portai per farmelo firmare, avere l’opportunità di raccontargli i miei progetti per la tesi e avere delle idee da lui. È stupendo ricordare tutto questo e ricordare anche la nostra frammentata interazione negli anni. È sempre sembrato che gli piacessi per qualche ragione e addirittura richiamò all’Università dell’Ohio dopo essere partito per chiedere se fossi riuscito a trovare lavoro e qualcuno gli disse che sì, avevo trovato un lavoro all’Università della Florida. Quando mi è stato riferito della chiamata mi sono sentito molto gratificato… potete immaginare… Ecco perché penso che avremmo potuto avere un rapporto migliore, se solo lo avessi coltivato.

 

Cos’altro aveva da offrire Kelly, secondo lei?

Vediamo se riesco a trovare le parole giuste…

L’entusiasmo era la cosa principale, e anche la consapevolezza di essere in presenza di uno psicologo incredibilmente innovativo, l’entusiasmo intellettuale delle sue idee, l’interessante vivacità delle sue opinioni e le sue teorie sulle persone e su ciò che le persone possono diventare. Stare insieme a lui era eccitante e stimolante soprattutto in quegli incontri a casa sua, poiché avevamo degli scambi liberi con lui e lui pensava molto a noi studenti a tal punto da riceverci regolarmente a casa dimostrandoci il suo interesse personale e la sua premura. Inoltre ci esponeva all’entusiasmo della sua rivoluzionaria psicologia che è una psicologia che era davvero trasgressiva rispetto alle incrostazioni della psicoanalisi, del comportamentismo e di tutti gli altri tipi di concretismi in psicologia e che si muoveva invece verso un’idea costruttivista. Ci ha fornito un modo di cogliere tutto l’entusiasmo di stare in una posizione costruttivista da cui comprendere gli altri e ha offerto l’opportunità alle persone di comprendere meglio se stesse.

Emozione…Creava un’atmosfera eccitante e stimolante. Durante quelle serate lui era completamente immerso nella sua teoria e noi eravamo rilassati e lui era rilassato e stavamo facendo la cosa più importante che potevamo fare. Parlavamo a botta e risposta e apprendevamo gli uni dagli altri.

 

Nel suo paper “My PCP personal story[7]” ha scritto che George Kelly “era il tipo di persona che faceva cose buone per gli altri a loro insaputa[8]”. E ha scritto “spesso penso che gli venisse più facile fare in questo modo[9]”. Cosa intendeva dire?

Si, certo, la penso così! E credo di poter trovare altri esempi. Pensava spesso alle altre persone e tuttavia non faceva sapere loro quanto ci pensasse, se non in un secondo momento. Vi ho detto ad esempio che dopo l’Università dell’Ohio non avevo idea che Kelly pensasse ancora a me o mi avesse in mente e fui contento e soddisfatto quando appresi che si era preso il disturbo di richiamare l’Università dell’Ohio per assicurarsi che avessi trovato lavoro. Al tempo era una persona molto influente, aveva ancora la sua rete informale di conoscenze e avrebbe avuto molti buoni contatti da chiamare a mio favore, se ancora non avessi trovato lavoro. Gli dissero che mi avevano offerto e avevo accettato un lavoro all’Università della Florida. Non pensavo che fosse così interessato a ciò che facevo. C’erano sempre studenti che venivano e dicevano “oh, Kelly ha appena fatto una cosa bella per me e non sapevo che sarebbe successo!”. La mia impressione era che non fosse così a suo agio nell’esprimere le proprie emozioni agli altri. Poi però ho parlato con Jack Adams Webber e con Denny Hinkle, prima che Denny morisse, ed entrambi pensavano che lui fosse molto aperto alle proprie espressioni emotive e non nascondeva molto ciò che provava e pensava. Loro hanno avuto modo di stare con Kelly in modo molto più aperto e spontaneo rispetto ad altri. È per questo che penso che se fossi stato più disponibile lui sarebbe stato più aperto verso di me nel farmi sapere che lui davvero aveva una buona opinione di ciò che stavo facendo.

 

Sappiamo che sta scrivendo la biografia di George Kelly…

Sì, e ci sto mettendo tanto tempo!

 

Lei pensa che riguarderà George Kelly come psicologo, professionista e professore o anche come uomo istituzionale? Perché noi pensiamo che Kelly fu uno psicologo, un professore, un professionista ma anche un grande uomo delle istituzioni…

Oh, certo, era anche molto ambizioso! Ha anche concorso una volta – o forse più di una volta – per la presidenza dell’APA. Penso siano stati i suoi commenti irriverenti verso le altre correnti psicologiche che gli hanno impedito di essere eletto presidente. Ma in realtà non si conoscono mai i motivi per cui una persona non vince le elezioni. In ogni caso è stato presidente delle divisioni di Clinical and Consulting Psychology.

 

È un grande privilegio per noi avere l’opportunità di discutere questi argomenti con lei. Lei è un protagonista importante della storia della PCP di questi sessant’anni. Cosa pensa di come la PCP si è sviluppata negli anni?

Oh, come si è sviluppata…? Si è sviluppata bene, penso si sia sviluppata meglio che poteva in questa cultura, particolarmente qui negli Stati Uniti dove l’approccio cognitivo-comportamentale ha avuto un enorme successo come penso in tutto il mondo. Il fatto che noi esistiamo ancora è un risultato miracoloso. Parlavo con un mio ex studente che ora è a capo del più grande servizio di salute mentale qui a Gainesville e mi diceva: “Franz, ciò che osservo è che gli studenti che vengono a lavorare nel mio servizio conoscono solo la psicologia cognitivo-comportamentale!”. Si lamentava della totale mancanza di conoscenza di altri approcci da parte degli studenti. È molto importante ricordare questo, perché la psicologia cognitivo-comportamentale è così diffusa come modello di formazione e le persone stanno cominciando a lamentarsi delle cose che non riescono a fare, che inizieranno ad ascoltare la voce della Psicologia Umanistica in generale e di quella che ritengo essere la parte migliore della psicologia umanistica ossia il Costruttivismo e la Teoria dei Costrutti Personali e a sapere che la sua voce è ancora presente. Penso che l’approccio cognitivo-comportamentale farà il suo corso e le persone realizzeranno di aver bisogno di un approccio umanistico-costruttivista ai problemi di salute mentale; a quel punto noi saremo lì con qualcosa di utile. Quindi penso che abbiamo la miglior scommessa per il futuro nonostante il fatto che sia difficile farlo adesso, ma io sono abituato a questo, mi sono affezionato alla psicologia umanistica fin dall’inizio e mantiene ancora il suo peso sulle questioni importanti. Non so se ho centrato molto la domanda, lo spero.

 

Oh, certo! L’ultimo congresso internazionale ad Hatfield[10] si è concluso con una discussione sulla situazione attuale della PCP, che sembra incapace di svilupparsi e diffondersi in ambito accademico.

Sì, questo è il problema…

 

Cosa pensa di questo? Quali sono i motivi di questa situazione, secondo lei?

Beh, penso siano legati all’ultima cosa che ho detto, cioè che il modello cognitivo-comportamentale, anche se molto limitato nel modo di affrontare le questioni, ha avuto un enorme successo. Tuttavia se si guarda ad altri modelli che continuano ad essere molto validi, si trova un incoraggiamento. Penso che siano esistiti e continuino ad esistere in qualche modo all’interno di zone franche portate avanti da istituzioni specialistiche che forniscono magari formazione post-universitaria in psicoterapia. Penso ad esempi come la psicologia della Gestalt, il gruppo di Ellis, la psicologia Transpersonale, quella Analitica Junghiana e Psicoanalitica, in questo senso. Ci sono istituti di formazione per tutte quelle forme di psicologia che sono state in qualche modo tagliate fuori dal versante accademico. Tuttavia sono ancora molto presenti e valide. Ora che ci penso, la psicologia Rogersiana è un altro esempio. Il gruppo di Carl Rogers prosegue felicemente nel fare buone cose in istituzioni in un certo senso alternative e nei centri di formazione. Non so in cosa sperare per quanto riguarda la psicologia accademica, perché sembra stia andando ancor più nella direzione della psicologia neurologica. Tuttavia penso sarà un danno sul lungo periodo, perché non saranno in grado di rispondere alle domande a cui pensano di poter rispondere; ovvero, trovare tutte le risposte per vivere meglio nella chimica e negli interventi cerebrali. Ma occorrerà del tempo perché se ne rendano conto.

 

Sappiamo che lei porta avanti una visione pragmatica della PCP. Cosa ci può dire a riguardo?

Oh, cosa posso dire? La ragione per cui promuovo il pragmatismo è che è assolutamente fondamentale per comprendere cosa Kelly aveva in mente. Nella ricerca dei presupposti iniziali, Kelly si è rivolto al pragmatismo. Tra l’altro, mentre si rivolgeva al pragmatismo, ha fatto qualcosa di straordinario per il pragmatismo stesso: l’ha trasformato in una psicologia costruttivista; sarebbe stato piuttosto piatto, altrimenti! Questo è il suo meraviglioso contributo originale al pensiero mondiale. Egli saggiamente voleva soltanto usare l’approccio pragmatico come un modo per scansare tutti quei concetti metafisici caotici sulla realtà e semplicemente scendere nel concreto ad usare la realtà per qualcosa. Kelly fa un’affermazione fantastica che ho inserito da qualche parte in uno dei miei articoli in cui dice che non ci si deve preoccupare così tanto che la realtà esista o meno se siamo in grado di farci qualcosa[11]! Questa è la chiave! Ci si libera di così tanti concetti confusivi come libertà vs. determinismo, la motivazione, e altri tipi di questioni altrimenti difficili; soprattutto come se si dovesse tenere in mano uno specchio alla realtà, per tracciare una mappa di un mondo esterno naturale. Con il suo tipo di pragmatismo, disponiamo di una psicologia che sa tenere il passo con il cambiamento costante. Kelly non avrebbe mai ammesso alcun tipo di categorizzazione per la sua teoria, tra l’altro. Nella sua teoria non ha mai voluto introdurre nulla che avesse a che fare con categorie esistenti… Penso ritenesse di aver creato qualcosa che non si adattava facilmente entro categorie esistenti. In un punto dice persino che alcuni avevano definito la sua posizione una semplice pragmatica e lui rispose: “no, non è neppure questo!”. Quindi, egli era un uomo delizioso da conoscere e una persona molto complicata, davvero multi sfaccettata, e nel mio libro desidero descrivere un po’ di tutto ciò, tanto la parte personale quanto quella più accademica della sua vita.

 

Che cosa dovrebbe fare la PCP per sopravvivere in futuro?

Penso debba trovare spazi in cui le idee possano funzionare, come centri di formazione continua e supporto, senza preoccuparsi così tanto dei grandi numeri. Non ho un quadro molto chiaro di cosa stia accadendo in Italia ma spero si tratti di qualcosa di buono. È un po’ vago perché non sono la persona migliore per parlare di questo. Sapete, penso che le cose più entusiasmanti nell’ultimo convegno[12] siano arrivate dagli studenti. Penso che italiani, inglesi e molti altri siano sulla buona strada per il futuro concentrandosi su programmi di formazione in psicoterapia e rendendoli certificabili nei diversi Paesi. Vorrei ci fosse questo genere di sforzo negli Stati Uniti.

 

Infine, vorremmo chiederle cosa può dire alle nuove generazioni che si avvicinano alla PCP ed entrano a far parte della sua comunità internazionale?

Oh, sì, è una posizione davvero entusiasmante da prendere, e vi darà… molto di più di quello che prenderete… vi darà tanto. Si ha una sensazione di grande sostegno, incoraggiamento e apertura a riguardo… mi mancano le parole qui… dà modo di ampliare il mondo ben più di quanto ci si possa immaginare senza di essa. Continua a darti nutrimento, mi pare, più tiri e più ottieni… è come una corda che non cederà… più tiri e più ottieni! “Andate avanti!” penso sia la mia idea. È una prospettiva straordinaria sulla psicologia e nei termini del modo con cui guardare al mondo. Penso che Kelly avesse ragione con l’atteggiamento invitativo… è un modo di invitare le persone a guardare cosa possono ottenere dalla vita e cosa hanno bisogno di dare senza dover rinunciare a ciò che hanno attualmente, …semplicemente un invito a vedere cosa succede se tiri la corda e osservi se gli eventi aprono ad altri nuovi eventi e ti offrono nuove idee e sensazioni su come le cose potrebbero essere piuttosto che cercare solamente di affrontare le cose come sono “veramente” per come attualmente appaiono.

 

Grazie davvero di queste parole, professor Epting.

Bene bene bene, abbiamo fatto un bel giro – non vi pare? – su diversi argomenti, intendo.

 

Sì, grazie.

Grazie a voi!

 

 

Bibliografia

Epting, F. (2007). My PCP Personal Story. Personal Construct Theory & Practice, 4, 53-56.

Epting, F. (2016). George Kelly. In D. Winter & N. Reed (Eds.), The Wiley Handbook of Personal Construct Psychology. London: Wiley-Blackwell.

Kelly, G. A. (1969). Ontological acceleration. In B. Maher (Ed.), Clinical psychology and personality: The selected papers of George Kelly. New York: John Wiley & Sons.

 


 

 

Professor Epting, thank you very much for this inteview.

Thanks to you.

We know that at the Ohio University, in the Sixties, you met a group of students working with George Kelly, and you began to associate with them regularly. What attracted you about their experience and Kelly’s Personal Construct Psychology at the beginning? Could you tell us something of those early moments of the theory?

 

Yes, oh, I think I understood your question…I got involved because I was a graduate student in psychology, in Counseling Psychology and Personality Psychology so I was making friends with many of the clinical psychology students. I think they invited me or told me about the meetings at Kelly’s home on Thursday nights and so I started attending those on a regular basis and it was really excitement to hear him talk about his theory and many other things. And going out to a faculty member’s home was a treat in itself but also he created a very exciting atmosphere when the students would gather because he was very concerned that students should understand his theory; particularly because they would leave Ohio State and go other places. He knew that people would ask them about him and his theory. So it was those Thursday nights that provided my big introduction to Kelly and it was on a more or less weekly basis. I don’t think every week but it was fairly regular.

 

What happened in these night meetings, exactly?

What happened is everything… everything would be rather formal. Kelly was friendly but a very formal sort of guy, as I mention in the recent PCP handbook[15]. I thought Kelly had modeled himself after his mentor at Iowa, Carl Seashore who was very much the grand man of psychology at the time and I thought Kelly maybe adopted some of his own formal ways of being a professor because of his mentor. I could be mistaken, but anyway, what would happen is that we would go to his home (and it was rather hard actually for the first few minutes). It was also an exciting thing to do. A number of students would show up and he would often go around and try to introduce us to each other to make sure that we all knew each other and then after a time we would have an appropriate break time in the discussion – really he would be talking most of the time but he would invite comment and questions from us as well. It was all very stimulating and we would go off on side topics – refreshments which would be tea or coffee, always soft drinks and little sandwiches – you know, graduate students are always hungry! – there would be maybe sandwiches or cookies or something like that, little pieces of cake or something at the break time and then we would go back to the discussion. As I try to remember it now, it seems awfully hazy because it is now decades ago.

 

Professor Epting, what are the meetings and events that have marked your life in PCP?

Meetings and events…To tell you the truth it really goes all the way back to the Ohio State days when both Don Bannister from England and Han Bonarius from The Netherlands came over for periods of time to study with Kelly and to talk with Kelly. That way I got a very nice introduction to the international scene of Personal Construct Psychology and I thought that was awfully appealing. Also we all got to discuss Kelly’s theory with somebody who was outside the American group, you know coming in from the outside. That was a very refreshing thing and then of course after Kelly’s death there was a long period of silence. Thank goodness Al Landfield at University of Nebraska was keeping up the clearinghouse circulation of papers and other events that were going on. He would share that material on an annual basis. I sort of looked around after I got out of graduate school and realized that Kelly’s theory had for me by far the most exciting ideas that I could imagine using going forward to make a career in psychology really matter. After I had taken a job at the University of Florida, I was so kind of bored with much of the rest of psychology and that’s when I came to again really appreciate Kelly’s theory. It wasn’t too long after that – well it was a few years actually – that Al got us all together for the first international meeting which was in fact one of the Nebraska Symposiums on Motivation. That’s when I met Fay Fransella, and Miller Mair for the first time. Don Bannister and Han Bonarius were also there and some of the other international people. The decision was made – Fay really was the person who really made it happen, Fay and Don decided to start

have these biannual meetings. And they gave me additional encouragement then, you know, and someone to discuss ideas with and an audience to listen to my own ideas. They seem to be caring about what I had been caring about all along. Is this the sort of thing you hoped to get, when you asked me this question?

 

 

Yes… so do you consider Fay and Don your mentors?

Oh, no…Kelly! Oh, no, not really! I respect them a great deal but I don’t think mentorship would be an apt description of them – not really, no. I was taking Construct Theory more in the direction of my first love of psychology that I had even before I met Kelly and that was humanistic psychology. I have been reading Kelly that way all along – other people have accused me of it so I’ll admit it – I was reading Kelly as a form of humanistic psychology and I’ve written some papers justifying that. Kelly was one of the presenters at the first conference on humanistic psychology, the Old Saybrook Conference[16]. So I had good reason to believe that Kelly would be smiling upon my attempt to include him even closer to a humanistic psychology than he might have otherwise indicated.

 

Often our professional interests are linked with personal interests. How did you start being interested in death, from a PCP perspective?

Oh, death, right… I was dragged kicking and screaming into that area by some very strange graduate students (kidding of course) who came to me, and they had this notion that they wanted to study death and I thought “yuck!”. But I went along with it because they wanted to so much, I mean they really had a passion for studying death and so it really all began with the Master’s thesis and dissertation of Seth Krieger and his notion of wanting to have a PCP perspective. He was taking my graduate courses on PCP at that time at the University of Florida and he found that wonderful passage in Kelly where Kelly puts death as a prime example of what threat means and came up with an initial way to assess death threat. So we began a very long and involved research and theoretical exploration of death threat that assesses how threatening it would be for you to contemplate your death occurring right now without any pain or discomfort; suppose it would just occur. We just went from there to build the Death Threat Index. Bob Neimeyer was an undergraduate student at that time in that research group, both Larry Leitner and Robert Neimeyer were undergraduates and Seth Kreiger was a graduate student. Seth kind of found Bob and Greg Neimeyer, I think they took an undergraduate class with him and he started bringing them into my research group. Larry Rainey, another graduate student and Charley Hays another undergraduate student, were there too. So I was outnumbered; I had to go along with them… into death theory. We did some very exciting things and I remember one student I think it was Larry Rainey who ran into some difficulties. We had a battle on our hands here in Gainesville studying death threat with dying patients. We came to realize that the doctors wouldn’t allow us to talk to a dying patient because they thought, at that time that if you talk to the dying patient about death it would hasten the patient’s death which was nonsense so we had to go all the way to Jacksonville which is a neighboring big city 75 miles away to get all of the subjects. It was a very interesting study and I think an important line of research. It certainly opened up Construct Theory research in an area that had not been looked at before.

 

And how did you get interested in the Fixed Role Therapy?

Oh, I fell in love with Fixed Role Therapy the first time I ever heard about it! Ah, ah, ah! It was natural! I was very involved with the theater at my undergraduate college Millsaps College in Jackson. I went to a very exciting, very liberal undergraduate college in the heart of Mississippi which is a very conservative state but there was this oasis of liberal thinking at Milsaps and I became very attached to the players and kind of made theatre my home outside of psychology. What time I wasn’t spending studying psychology I was over with the players putting on shows, you know, plays of various types Shakespeare, Broadway musicals, dramas and on through the entire repertoire.

When I saw that dramaturgical technique in Kelly’s work I really liked it. I have always wished other people had my level of interest in it and were working on it more actively. I still think it’s a very fruitful area for

continued work and exploration. It is really where Kelly began his theory back in Kansas with his early graduate students where his role play therapy became Fixed Role Therapy at a later time. So he was sort of worked out the whole theory, I think, very close to Fixed Role Therapy. That’s my impression.

 

Oh, interesting… How would you describe your personal relationship with George Kelly?

Well I think it would be described as friendly as it could be with somebody who is a scared little rabbit! Ah ah! And that was me! I had a hard time putting aside his status and formality. Every time I did he responded very warmly to me. He was always Dr. Kelly and I was always Mr. Epting, of course. That’s the way everybody was until they got their degree. He would be friendlier to me than I would be to him. I couldn’t overcome my sense of reserve, in order to make more of our relationship. I recount all this in that book chapter of article that you are familiar with. I so wish I had taken him up on his invitation to come back to his office to have a cup of coffee when he and I were both working late in the psychology building. We would be up there a lot and we’d probably be the only two people in the clinic. One time he was up there and he discovered me working there very late and he said: “well you’re up here too… I have to make coffee when I am up here late, come to my office and have a cup”, but you know, I didn’t.

In terms of formal class work, I took a course with Kelly once, but it was on the Rep Grid, and I withdrew, I dropped the course, now I am sorry I did! I was more interested in other things that he had to offer other than the technicality of the Rep Grid. It turned out that I had to use the Rep Grid later in my dissertation which was completed after the left Ohio State. I did get to discuss my dissertation with him just before he left campus. I deliberately went across the street from the psychology building to a book store and bought volume one of his book and took it over there for him to sign and had the opportunity to tell him about my plans for my dissertation and get his ideas. How grand it is to remember all this and our sketchy interaction over the years. He always seemed to like me for some reason and he even called back to Ohio State after he left to ask if I had been able to find job and someone told him that yes that I had taken a job at the University of Florida. When I was told of his call, I felt very gratified by that… you know…

That’s why I think we could have had a better relationship, If I had gone forward with it.

 

What else did Kelly have to offer, in your opinion?

Let see if I can find the right words…

Excitement was the main thing and the notion of being in the presence of a… tremendously innovate psychologist – the intellectual excitement of his ideas – the interesting aliveness of his ideas and his notions about people and what people might become. He was a very exciting and inspiring to be with particularly in those meetings at his home, because we had free interchange with him and he thought enough about us as students to have us in his home on a regular basis and his showing personal concern and interest in us as well as exposing us to the excitement of his revolutionary psychology – that is a psychology that was really breaking away from all the incrustations of Analysis and Behaviorism and all the other kind of concretism in psychology and instead moving on to a constructivist notion of psychology. He provided a way for us to grasp the whole excitement of a constructivist place to stand in order to understand others and offered the opportunity for other people to understand themselves better.

Excitement… He had a kind of exciting, inspiring atmosphere about him. During those evenings he was totally present in his theory and we were relaxed and he was relaxed and we were doing the most important thing we could all to be doing. We were all talking back and forth and we were learning from each other.

 

In your paper “My PCP personal story[17]” you wrote that George Kelly “was the kind of person who did nice things behind your back…[18]” And you wrote “I think often he was more comfortable doing it that way[19]”…what did you mean?

Ah, Oh yes I think so! And I think I could cover some other examples. He often thought of other people and yet he wouldn’t let them know how much he thought of them until later. I guess the example I gave was that after he left Ohio State I had no idea Kelly was even thinking about me or had me in mind at all and was pleased and surprised when I learned that he bothered to call back to Ohio State to make sure I had a job. He was a very influential person at the time and the informal contact system was still in place at that time and he would have good many contacts he could make on my behalf, if I hadn’t taken a job already. He was told that I had received and taken an offer from the University of Florida. I had no idea that he was that interested in what I did. There were always students who would come and say “oh, Kelly just did such a nice thing for me and I didn’t know that was going to happen!”.

It was my impression that he wasn’t terribly comfortable about emotional expression to others. But later I talked to Jack Adams Webber and to Denny Hinkle before Denny died and they both thought that he was very open about his emotional expression and was not very concealing about what he felt and thought. They got to experience Kelly in a much more open and spontaneous way than many of the others did. So, that’s why I think, well, if I had been a little more available he would have been a little more open in my direction in terms of letting me know that he really did think well of what I was doing.

 

We know that you are writing the biography of George Kelly…

Yes! And I had been so long doing so!

 

Do you think it will be about George Kelly the psychologist, the professional and the teacher or also about the institutional man? Because Kelly was a psychologist, a teacher, a professional, but also a great institutional man, we think…

Oh yeah! He was very ambitious too! He even ran at least once – perhaps more than once – for the presidency of the APA. I think it may have been the snarky comments he would make about other forms of psychology that prevented him from ever being elected president. But you don’t ever really know why someone doesn’t win an election… However he was president of the divisions of clinical and consulting psychology.

 

It is a great privilege for us to have the opportunity to discuss these themes with you. You are such an important protagonist of the history of Pcp during the last 60 years. What do you think about how PCP evolved over the years?

Oh, how PCP has evolved…? It’s done ok, I think it’s done as well as it could in a culture particularly here in the States where Cognitive Behavioral has been a huge success and I think all over the world it has been a huge success. The idea we shall still exist is a miraculous achievement. I was talking with a former student of mine who is head of the main mental health Institution here in my home town of Gainesville and he said “Franz, all I get is students who come in to work in my institution and all they know is Cognitive Behavioral Psychology!”. He was really complaining about the student’s lack of knowledge about other approaches. It is so important to remember that because Cognitive Behavioral is so completely the training model and people are beginning to complain about what it cannot do that they will start to hear the voice of Humanistic Psychology in general and what I think is the best part of a humanistic approach – Constructivism and Personal Construct Theory’s and know its voice is still there. I think it will come about as the Cognitive Behavioral model runs its course and people realize that they need a humanistic-constructivist approach to mental health issues; we will be there with something useful. So I think we’ve got the better bet for the future despite the fact that it’s kind of tough going now, but I’m used to that, I attached myself to Humanistic Psychology early on and it has still maintained its voice in important matters. I don’t know if I have centered on this question very well but I hope so.

 

 

Oh yes! Last PCP international congress in Hatfield ended with the discussion about the present situation of PCP, that seems not able to develop and spread itself in the academic world.

Yes, that is the problem…

 

What do you think about it? What are the reasons of that situation, in your opinion?

Well, I think it’s linked to the last thing that I said is that the Cognitive Behavioral model although very limited in the way it dealing with matters has been so terribly successful. However if you look at other models that are continuing to be very viable you can find encouragement. I think that they have existed and continue to exist in kinds of enclaves carried forward in specialized institutions that give maybe post-graduate training in psychotherapy training. I am thinking of examples like Gestalt psychology, Ellis’ group, Transpersonal, Jungian Analytic psychology and Psychoanalytic psychology for that matter. There are training institutes for all those forms of psychology that have been sort of frozen out of the academic side of things. But they’re still very alive and viable. Now that I think about it Rogerian Psychology is another example. The Carl Rogers group goes happily along doing good things in alternative kinds of institutions and training centers. I don’t know what to hope for in the academic psychology because it seems like it is going even more in the Neurological Psychology direction. However I think it’s going to be bad for them in the long run because they won’t be able to answer the questions they think they are going to be able to answer; that is find all the answers for better living through chemistry and brain interventions. But it will have to take a time for them to realize that.

 

We know that you are promoting a pragmatic view of PCP. Would you like to say something about this?

Oh, what can I say? The reason why I am promoting pragmatism is because it is so basic to understanding what Kelly was up to. Looking for a beginning foundation Kelly turned to pragmatism. By the way, as he turned to pragmatism, he did something wonderful for pragmatism. He turned it into a constructivist psychology; it would be quite flat, otherwise! That is his marvelous original contribution to world thought. He wisely just wanted to use the pragmatic approach as a way to sidestep all those messy metaphysical concepts about reality and just get down to using reality for something. Kelly has a wonderful statement that I put somewhere in one of my articles which is that you don’t have to worry so much about whether reality exists or not if you’re able to do something with it![20] So that is the key! It gets rid of so many messy concepts like freedom vs. determinism, motivation and other kinds of otherwise tough issues; particularly like having to hold up a mirror to reality to map out a natural external world. With his kind of pragmatism one is able to have a psychology that can keep up with constant change. Kelly would never admit to any kind of categorization for his theory by the way. He never would to admit to anything having to do with existing categories for his theory… I think he had a notion that he had created something that was not going to easily fit in to existing categories. In one place he even says people called his position a simple pragmatics and he said “no, it’s not that either!”. So, he was a delightful man to know and a very complicated person, very multifaceted and I want to try to represent some of that, the personal part as well as the more academic part of his life, in my book.

 

What does PCP have to do to be alive in the future?

I think finding places where the ideas will work and not being really so concerned with big numbers as much as supportive continuing training centers. I don’t get a very clear picture of what’s happening in Italy but I hope something good. It’s kind of hazy because I’m not the best one to speak about that. I thought, you know, the most exciting things in the last conference[21] were coming from the students. I think the Italians, British and many others are on the right track for the future by concentrating on psychotherapy training program and getting them certified in the different countries. I wish we had some of those kinds of efforts in the US.

 

And finally we want to ask you what can you say to the new generations who come to PCP and become part of its international community?

Oh, yeah, it’s a very exciting position to take and it will give you… more than you’ll take… it will give you a lot. It has a very sustaining and uplifting and opening up feel about it… my words are failing me here… it has a way of opening up the world further than you could ever imagined without it. It continues to give nourishment, I guess, the further you pull on it the more you get… it’s like a string that won’t give out on you… the more you pull on it the more you get! “Keep going!” I guess that is my notion. It’s a wonderful outlook to have about psychology and, in terms of a way to look at the world. I think Kelly had it right with the invitational mood… it’s a way to invite people in to see what they can get out of life and what they need to give to it without having to give up what they presently have, …just an invitation to see what will happen if you keep pulling the string and see if things will open up things further and give you new ideas and feelings about what things might be like rather than only trying to face what things are “really” like as they presently appear.

 

Thank you very much for these words, professor Epting.

Well well well, we’ve quite had a round of it – haven’t we? – over a lot of topics I mean.

 

Yes, thanks!

Thanks to you!

 

 

References

Epting, F. (2007). My PCP Personal Story. Personal Construct Theory & Practice, 4, 53-56.

Epting, F. (2016). George Kelly. In D. Winter & N. Reed (Eds.), The Wiley Handbook of Personal Construct Psychology. London: Wiley-Blackwell.

Kelly, G. A. (1969). Ontological acceleration. In B. Maher (Ed.), Clinical psychology and personality: The selected papers of George Kelly. New York: John Wiley & Sons.

 

Note

  1. L’intervista si è svolta su Skype il 7 settembre 2015.
  2. Si ringrazia Kathleen Bertotti per la collaborazione.
  3. Il North American Personal Construct Network è divenuto, nel 2004, il Constructivist Psychology Network. (N.d.T.)
  4. In 2004 The North American Personal Construct Network became Constructivist Psychology Network. (N.d.T.)
  5. Il Professor Epting fa qui riferimento a: Epting, R. F. (2016). George Kelly. In Winter, D,. & Reed N. (Eds.), The Wiley Handbook of Personal Construct Psychology (24-33). London: Wiley-Blackwell. (N.d.T.)
  6. Nel 1964 l’American Humanistic Association of Psychology (AHAP) organizzò la prima conferenza di Psicologia Umanistica a Old Saybrook, nel Connecticut. La conferenza è meglio conosciuta come “Old Saybrook Conference”. Per maggiori informazioni sui contributi presentati alla conferenza si veda il volume 2 del The Journal of Humanistic Psychology, 1965. (N.d.T.)
  7. Epting, R. F. (2007). My PCP Personal Story. Personal Construct Theory & Practice, 4, 53-56. (N.d.T.)
  8. Epting, R. F. (2007). My PCP Personal Story. Personal Construct Theory & Practice, 4, 53-56. Trad. it. Stella G., e Andreatta, L. (2016). La mia storia personale della PCP, pubblicata in questo stesso numero. (N.d.T.)
  9. Ibidem
  10. Si fa qui riferimento all’11° Congresso Internazionale sulla Psicologia dei Costrutti Personali “PCP@60: Past, Present & Future” svoltosi ad Hatfield, UK, presso la Hertfordshire University dal 15 al 17 luglio 2015. (N.d.T.)
  11. Il professor Epting fa qui riferimento alla pagina 54 di: Epting, R. F. (2007). My PCP Personal Story. Personal Construct Theory & Practice, 4, 53-56, la cui traduzione italiana è pubblicata in questo stesso numero. La citazione si riferisce a quanto Kelly scrive a pagina 25 di Kelly, G. A. (1969). Ontological acceleration. In B. Maher (Ed.), Clinical psychology and personality: The selected papers of George Kelly (pp. 7-45). New York: John Wiley & Sons. (N.d.T.)
  12. Il professor Epting fa qui riferimento all’XI Congresso Internazionale sulla Psicologia dei Costrutti Personali “PCP@60: Past, Present & Future” svoltosi ad Hatfield, UK, presso la Hertfordshire University dal 15 al 17 luglio 2015. (N.d.T.)
  13. Interview on Skype, 9th September 2015.
  14. In 2004 the North American Personal Construct Network became Constructivist Psychology Network. (N.d.T.)
  15. Professor Epting refers to: Epting, R. F. (2016). George Kelly. In Winter, D., & Reed, N. (Eds.), The Wiley Handbook of Personal Construct Psychology (24-33). London: Wiley-Blackwell. (N.d.T.)
  16. For more information on the 1964 Humanistic Psychology Conference see volume 2 of The Journal of Humanistic Psychology, 1965.
  17. Epting, R. F.(2007). My PCP Personal Story. Personal Construct Theory & Practice, 4, 53-56. (N.d.T.)
  18. Ibidem
  19. Ibidem
  20. Professor Epting refers to page 54 of: Epting, R. F (2007). My PCP Personal Story. Personal Construct Theory & Practice, 4, 53-56. The quote refers to what Kelly wrote at page 25 of: Kelly, G. A. (1969). Ontological acceleration. In B. Maher (Ed.), Clinical psychology and personality: The selected papers of George Kelly (pp. 7-45). New York: John Wiley & Sons. (N.d.T.)
  21. Professor Epting refers to XIth International Congress on Personal Construct Psychology “PCP@60: Past, Present & Future” helded in Hatfield, UK, at Hertfordshire University from 15th to 17th July 2015. (N.d.T.)