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Silvio Ceccato e la Scuola Operativa Italiana: un costruttivismo innovativo e radicale?

Silvio Ceccato and the Scuola Operativa Italiana: is it an innovative and radical constructivism?

di

Sara Pavanello, Giulia Tortorelli

Institute of Constructivist Psychology

Abstract

Il testo che segue illustra i contenuti principali del workshop che Gianclaudio Lopez e Gastone Zotto hanno condotto presso la sede dell’ICP di Padova il 29 maggio 2014. In tale occasione i due relatori hanno presentato il pensiero di Silvio Ceccato e hanno discusso i rapporti tra le sue idee innovative ed il Costruttivismo.

The following article describes the principal topics that were debated during a workshop in Padua, that was held by Gianclaudio Lopez and Gastone Zotto on 29 may 2014. The relators presented Silvio Ceccato’s perspective and discussed the relations between his innovative ideas and Constructivism.

Keywords:
Conoscenza, operazioni mentali, consapevolezza, cibernetica, costruttivismo | knowledge, mental operations, awareness, cybernetics, constructivism
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Il 29 maggio 2014 presso l’Institute of Constructivist Psychology di Padova si è svolto uno dei numerosi workshop che la Scuola di specializzazione propone periodicamente ai suoi allievi e a chiunque sia interessato a prendervi parte.

 

Il tema affrontato, riportato nel titolo del presente articolo, risultava di per sé accattivante, chiamando in causa la conoscenza e l’approfondimento di un grande contemporaneo in occasione del centenario della sua nascita (il 25 gennaio 1914): Silvio Ceccato.

 

Per chi era presente si è trattato infatti di un appuntamento davvero speciale, un’occasione di incontro eccezionale ed un’opportunità di dialogo e confronto aperto con i protagonisti del lavoro e dell’operato di questo autore: Gianclaudio Lopez e Gastone Zotto, due dei suoi diretti collaboratori. Entrambi personaggi dal grande carisma e dalla coinvolgente immediatezza comunicativa, hanno condiviso con i partecipanti la loro personale esperienza (umana e lavorativa) al fianco di Ceccato, raccontando di lui e di loro stessi in maniera poliedrica, a testimonianza di come le risonanze e i riverberi culturali delle sue teorizzazioni e interessi possano intersecarsi con gli aspetti più variegati e quotidiani della vita. Tutto questo in una cornice vivace e informale, rispettosa del principio caro a Ceccato, così come a Kelly (1905-1967) e alla sua teoria costruttivista, secondo cui non ci sono maestri che insegnano e allievi che apprendono, ma collaboratori appunto, persone impegnate l’una con l’altra nel continuo e reciproco processo di conoscenza. In questo breve articolo cercheremo di rendere testimonianza dell’intervento, augurandoci che sia stato il primo di ulteriori occasioni di scambio e confronto.

 

Una contraddizione emerge immediatamente all’avvio della conversazione, come motore stesso dell’incontro: nonostante la portata sociale e culturale che i contributi ceccatiani hanno avuto a partire dal secolo scorso fino ad arrivare alle odierne ricadute, la comunità italiana e i media sembrano averlo dimenticato. Una simile svista culturale risulta ulteriormente difficile da comprendere se affiancata a quanto riporta Lopez dall’ultima biografia su Ceccato che lui stesso sta terminando: una curiosa coincidenza ha voluto che esattamente cinquant’anni fa, il 29 maggio 1964, nella sede della società Praxis a Lambrate, Ceccato presentasse la parte centrale di quello che sarebbe stato il futuro Cronista meccanico[1]. Il giorno dopo Buzzati pubblicò un articolo sul Corriere della Sera (Buzzati, 1964):

 

Un profano come me può soltanto manifestare la seguente espressione: anche se Ceccato e i suoi si sbagliassero e il loro fosse un assurdo miraggio, le loro fatiche tuttavia avrebbero sempre in sé qualcosa di fantastico e commovente, una di quelle splendide battaglie in cui vale la pena di buttarsi anche nel rischio di non vincerla mai.

 

Le sue idee tanto rivoluzionarie, che grande scompiglio hanno gettato nel mondo accademico dell’epoca dal quale è stato emarginato, sono state accompagnate da un fitto silenzio successivo alla sua scomparsa, che continua ad esistere oggi in Italia di fronte a questo pensatore geniale. Non vale lo stesso in altre nazioni europee fino ad arrivare agli USA, dove Ceccato è considerato a ragione il precursore della cibernetica e come tale citato e studiato.

 

Questo destino risulta per certi versi simile a quello toccato a George Kelly e alla teoria costruttivista (1955), per anni ignorata dai successori. Ma non si riduce a questo l’affinità fra il pensiero della Scuola Operativa Italiana e il Costruttivismo, come ci aiutano a comprendere Zotto e Lopez attraverso un excursus filosofico sulle radici del pensiero ceccatiano. Nonostante esse affondino nella cultura greca classica di cui Ceccato era profondo conoscitore, egli non amava sentirsi definire filosofo: i filosofi, sosteneva, difendono le loro posizioni teoretiche a partire da assiomi, postulati non dimostrati da cui fanno scaturire l’intera loro teoria. Egli preferiva definirsi un tecnico del pensare umano, amava sovvertire il consueto modo di ragionare. Per questo, nel suo occuparsi della dimensione del mentale nel rapporto tra fisico e psichico, non lo fa con i metodi così detti tradizionali dei filosofi o degli psicologi. Piuttosto cerca di portare a galla quello che considerava un loro errore di fondo: credere che ci sia un’evidenza, una realtà che esiste oltre il pensare. Nell’opera Il gioco del Teocono (Ceccato, 1971) descrive questa posizione attraverso una metafora: è come se i filosofi giocassero ad un gioco in cui le regole cambiano di continuo, decise sul momento dai giocatori per giustificare le loro teorie. Il suo invito controcorrente è stato quello a non attribuire all’esteriorità e alla fisicità del mondo le qualità del pensiero e dei significati umani, ma a considerare le cose come costrutti mentali. Il mondo psichico non corrisponde a oggettività, la realtà che ciascuno vive è prima di tutto un pensato personale in dialettica continua col pensare altrui. Pensiero costruttivistico radicale anche il suo, quindi, che si inserisce nell’antica diatriba fra realismo e idealismo. Ceccato d’altro canto non avrebbe mai accettato il termine costruttivismo intravedendo in esso, come per tutti gli altri ismi della storia, un alto rischio di ridurre tutto ad una ideologia. È come se il termine costruire (infelice traduzione dall’inglese del costrutto originario di Kelly) tendesse a presupporre l’esistenza di un operare distinto da un materiale su cui si opera. Il materiale, secondo Ceccato e collaboratori, non esiste prima ma esiste nel momento in cui si costituisce; la mente assume allora una qualità costitutiva, appunto, che non presuppone alcun materiale preesistente ma è impegnata nell’atto dell’interpretare. Una volta costituito qualcosa in modo condiviso, esso diventa patrimonio della collettività rifuggendo così il pericolo del relativismo, con la contemporanea consapevolezza che ciò di cui si parla non sono entità ontologiche, ma accordi su punti di vista concertati.

 

Nel raccontare e ricordare chi era il Ceccato uomo oltre allo studioso, Lopez rammenta il suo primo incontro con lui: persona estremamente disponibile, umile e immediata. Queste caratteristiche emergono dalla lettura della sua stessa opera, così come dalla sua viva voce durante gli interventi televisivi e le interviste cui ha preso parte (di cui viene proposta una breve raccolta video). Si scopre un Ceccato che amava lo scherzo, le battute, le parodie, un uomo che si è messo in gioco con grande energia. Sua principale necessità era quella di lavorare sul serio, sennò ci si annoia, giocare sul serio, studiare sul serio ma non prendersi sul serio. […] Ho avuto due amori nella mia vita, uno per le donne e uno per il mio lavoro. Forse quello per il mio lavoro è stato il più grande, sono sempre stato curiosissimo: volevo sapere che differenza ci fosse tra 1, 2, 3 e primo, secondo, terzo e siccome non la trovavo allora la cercavo. Mi sono sempre divertito, ho girato il mondo cercando gli uomini con cui divertirmi. (Ceccato, 1994)

 

Allo stesso tempo, approcciarsi agli studi di Ceccato può risultare molto ostico perché lavora con l’”ovvio”, il che implica riuscire ad andare oltre al senso e al pensiero comune, adottare un punto di vista divergente e controcorrente, risalire ai presupposti, provare a sovvertirli, cambiare.

 

Zotto ce ne fornisce un chiaro esempio attraverso la comparazione fra più autori di epoche diverse che si sono interessati al tema del conoscere: ad eccezione di Ceccato (Ceccato, 1962; Ceccato, 1964), tutti gli autori citati arrivano al traguardo della conoscenza presupponendo l’esistenza di qualcosa erroneamente considerato auto-sussistente rispetto alla mente che sta operando. Secondo la filosofia aristotelica, ad esempio, la mente attraverso l’evidenza arriva alla conoscenza. Piaget (1973) ugualmente suggerisce che la mente attraverso l’azione arrivi alla conoscenza. Maturana e Varela (1999) parlano di autoregolazione dell’organismo vivente che, grazie appunto ad auto-organizzazione e autopoiesi, arriva al conoscere. Per Von Glasersfeld (1989) la mente conosce attraverso l’esperienza.

 

Ceccato è l’unico a sostenere che è semplicemente attraverso l’operare mentale che si arriva alla conoscenza. La conoscenza per lui è un rapporto di due esperienze nel tempo; conoscere significa poter ripetere qualcosa che si è già fatto e ricordato (quindi replicare un’esperienza anticipandola). Il suo dubbio principale risiede nel verificare che, dalla definizione di conoscenza data dagli autori citati, essa risulti sempre un prodotto di attività costruttive che lascia in sospeso un mediatore in-analizzato[2]. Al suo costrutto di conoscere come rapporto di tempo, si sovrappone uno schema del conoscere come rapporto tra un esterno (“rispetto a cosa?” si chiede Lopez) e un interno. In questo senso il costruttivismo di Ceccato è davvero radicale. E la sua prospettiva, forse utopistica, era quella di creare, sulla base della consapevolezza delle nostre operazioni mentali, una lingua ausiliaria universale che permettesse di definire le operazioni stesse.

 

Un altro aspetto che testimonia la grandezza di questo personaggio era la sua capacità di esporre la complessità delle proprie teorie e renderne partecipi gli altri attraverso un’estrema semplicità e chiarezza. Egli sosteneva che solo se si fosse stati in grado di spiegare una teoria scientifica rendendosi comprensibili anche ad un ragazzino di 8-9 anni, ci si poteva ritenere realmente padroni della teoria stessa. Forse anche per questo molte delle ricadute pratiche e concrete del pensiero ceccatiano hanno avuto importanti applicazioni nell’ambito della didattica. Lopez, attraverso la descrizione della sua esperienza lavorativa, illustra molto bene l’applicabilità dei concetti ceccatiani con bambini e ragazzi nelle scuole.

 

Particolare attenzione viene posta al metodo, alla coerenza nel procedere, con l’intento di rendere il bambino consapevole del suo operare, trasformandolo in un ricercatore attivo attraverso giochi sperimentali (ad esempio sui significati delle parole, sul ritmo e sul modo di camminare…).

 

In fondo i principi della didattica ceccatiana non risultano poi così innovativi, prosegue Lopez: Ceccato diceva fossero quelli di sempre, il problema è che non si sono mai trovate le strade per metterli in pratica. Anche in questo risiede il limite della scuola attuale, che presenta un solo modo di procedere, decantandolo come quello giusto e atrofizzando le qualità della mente. Nella didattica operativa, al contrario, l’insegnante è consapevole delle varie possibilità di scelta e propone al bambino metodologie che supportino e incrementino queste abilità.

 

Questi sono solo alcuni degli spunti sorti dalla conversazione e condivisione di esperienze resa possibile dal workshop. Grazie a questo breve viaggio di un pomeriggio fra le memorie passate e i risvolti presenti dell’opera di Ceccato attraverso la viva voce dei suoi collaboratori, è stato possibile gustarne un assaggio non solo in termini di arricchimento culturale ma anche in termini pratici: riflessioni che riguardano la conoscenza, l’autoconsapevolezza, il rapporto tra fisico, psichico e mentale e le relative ricadute sulle problematiche comunicative, sulla didattica, sull’esperienza e pratica psicologica.

 

Una eloquente metafora proposta da Zotto, ad esempio, è facilmente trasponibile al rapporto fra cliente e terapeuta: ipotizziamo che un merlo voli libero nel cielo fino a quando si imbatte nella durezza di un vetro trasparente che lo obbliga a fermarsi. Il merlo non possiede il costrutto di trasparenza, tanto che ignora l’esistenza del vetro fino all’istante in cui vi sbatte contro, e forse anche successivamente non sarà in grado di costruirlo così come possiamo farlo noi esseri umani. Allo stesso modo, ogni uomo osservato secondo una prospettiva storica, incarna una serie di conoscenze, costruisce il suo sistema di costrutti sulla base delle esperienze personali che vive ed elabora. Come comunicare con chi possiede costrutti diversi dai propri? Come poter far incontrare operazioni mentali a volte tanto diverse?

 

Questa è stata forse la sfida più grande di Ceccato. Se nella così detta pars destruens di confutazione delle precedenti teorie i suoi contributi si sono rivelati innovativi, radicali e preziosi, come sempre la pars construens alternativa risulta più complessa e difficile da definire. Soprattutto partendo dal presupposto che non esistono regole precostituite e date una volta per tutte, ma che ciascuno cammina su uno stile proprio, personale, tentando di anticipare il risultato finale. Presupposto che, accompagnato alla consapevolezza dello stesso, garantisce all’uomo enormi spazi di libertà e di continua ri-costruzione.

 

Bibliografia

Ceccato, S. (1962). Un tecnico tra i filosofi (Vol. I). Marsilio: Padova.

Ceccato, S. (1964). Un tecnico tra i filosofi (Vol. II). Marsilio: Padova.

Ceccato, S. (1971). Il gioco del Teocono. All’insegna del Pesce d’Oro: Milano.

Kelly, G. A. (1955). The psychology of personal constructs. Norton: New York.

Maturana, H. R., Varela, F. J. (1999). L’albero della conoscenza. Garzanti Libri: Milano.

Piaget, J. (1973). La costruzione del reale nel bambino. La Nuova Italia: FirenzeVarela, F. J. (1992). Un know-how per l’etica. Laterza, Bari.

Von Glasersfeld, E. (1989). Cognition, construction of knowledge and teaching. Synthese Springer: Berlino.

 

Sitografia

Buzzati, D. (30 maggio 1964). Il Cronista meccanico comincia a muovere gli occhi. Il Corriere della Sera. Consultato da www.archiviostorico.corriere.it.

 

Filmografia

Ceccato, 20 giugno 1994. Tratto dalla trasmissione “Punto e a capo” (estratto dal DVD inedito “Quel caldo al cuore. Ricordo di Silvio Ceccato” di Gianclaudio Lopez, 2007)

 

Note sugli autori

 

Sara Pavanello

Institute of Constructivist Psychology

pavanellosara@libero.it

Psicologa specializzanda in psicoterapia presso l’Institute of Constructivist Psychology di Padova. Dopo una esperienza triennale nel campo della ricerca sul dolore acuto post-operatorio ed essere stata borsista per l’Osservatorio Nazionale per la Salute della Donna, si è occupata di educazione e formazione con preadolescenti, adolescenti e gruppi di genitori. Svolge colloqui di consulenza e sostegno psicologico.

 

Giulia Tortorelli

Institute of Constructivist Psychology

giulia.tortorelli@gmail.com

Psicologa specializzanda in psicoterapia presso l’Institute of Constructivist Psychology di Padova. I suoi interessi professionali spaziano nell’ambito della comunicazione interpersonale e dell’utilizzo di strumenti narrativi nel lavoro col singolo e con gruppi, sia in ambito clinico che formativo-educativo. Collabora con Scuole e Associazioni con progetti e laboratori sulla fiaba e sull’autobiografia. Svolge colloqui di consulenza e sostegno psicologico con genitori e famiglie con problematiche legate nello specifico alla disabilità.

 

Note

  1. Il Cronista meccanico è stato un ambizioso progetto del CNR cui Ceccato ha partecipato nei primi anni ’60. Si trattava di una macchina in grado di osservare e descrivere gli oggetti del suo ambiente, che si muovono di fronte a lui come su un palcoscenico. Questo prototipo di intelligenza umana seguiva a distanza di circa dieci anni Adamo II, il primo modello meccanico di operazioni mentali (N.d. A.).
  2. Il pensiero riportato è quello dei relatori. Da un punto di vista teorico costruttivista, Maturana e Varela e von Glasersfeld non intendono autopoiesi ed esperienza come mediatori della conoscenza ma propongono una equivalenza tra conoscenza ed esperienza. Questo concetto può essere riassunto dal pensiero di Varela che parla di “cognizione per enazione” per cui la cognizione è formata da azioni guidate percettivamente: “Le strutture cognitive emergono da schemi sensomotori ricorrenti che rendono l’azione in grado di essere guidata percettivamente” (Varela, 1992), ne deriva che “processi sensori e motori, percezione e azione sono fondamentalmente inseparabili nel vissuto della cognizione” (Varela, 1992). (N. d. A.).