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Due inediti, tra accostamenti biblici, problemi tecnici e nuove prospettive applicative: una introduzione

Two unpublished texts: mixing biblic approaches, technical questions and new application perspectives. An introduction

di

Gianclaudio Lopez

Istituto di Stato per la Cinematografia Rossellini, Roma

Abstract

Nota introduttiva a cura della redazione: Di seguito verranno pubblicati[1] per la prima volta due testi di Silvio Ceccato, Il primo risveglio e In principio era il ritmo[2]. Gianclaudio Lopez, collaboratore di Ceccato e profondo conoscitore del suo pensiero, introduce il lettore a questi lavori, collocandoli nella complessa cornice dell’opera ceccatiana e spiegando le ragioni della scelta editoriale.

Editor’s introductory note: Below will be first time published two texts from Silvio Ceccato, The first awakening and In the beginning it was the rhythm. Gianclaudio Lopez, Ceccato’s close colleague and great expert of his thought, guides the reader into these works, situating them in the complex framework of opus ceccatiana and explaining this editorial choice.

Keywords:
Testi inediti, Silvio Ceccato, Il primo risveglio, In principio era il ritmo | unpublished texts, Silvio Ceccato, The first awakening, In the beginning it was the rhythm
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I due brevi scritti, rimasti inediti, firmati e datati 1991: Il primo risveglio e In principio era il ritmo rappresentano bene l’esigenza, mai venuta meno, di Ceccato di mettere a frutto i risultati più certi, di operare, da prospettive diverse, nuove sintesi delle sue ricerche, senza nascondere i punti critici e gli ultimi aggiustamenti, del suo modello della mente. Due preziosi documenti del lavoro continuo di fine artigiano e tecnico della mente che ha accompagnato tutta la sua ricerca.

In essi Ceccato, tra l’altro, spiega come e perché abbia avvertito la necessità di aumentare e diversificare fino al numero di cinque le possibilità combinatorie dei singoli stati di attenzione costituenti i vari contenuti mentali.

La soluzione proposta sicuramente consentiva di aumentare le combinazioni possibili degli stati di Attenzione codificati in “S” per risolvere spiacevoli sovrapposizioni di analisi in corrispondenza di termini del linguaggio.

Fino all’ultimo, comunque, gli rimasero dubbi su queste soluzioni, dubbi che emergeranno in modo drammatico nell’ultima lettera a Valerio in C’era una volta la filosofia (Ceccato, 1996).

È la immaginaria lettera di arrivederci all’uomo che ha creduto fino in fondo a quanto ha cercato e fatto. Una lettera a un alter ego giovane, a se stesso, dunque, per dichiarare fino all’ultimo, con precisione e schiettezza da tecnico onesto, ciò che ancora non lo convinceva, ciò che ancora non gli sembrava funzionare nella appassionata ricerca di tutta una vita:

Caro Valerio,

al desiderio di disporre di una terminologia esauriente, tuttavia, qualcosa ha scricchiolato: mancano persino i simboli per parlare di tempo e spazio. Anzi, sembra impossibile darne una definizione, limitandosi alle costruzioni combinatorie degli stati di attenzione. Qualcuno è convinto che bisogna attingere al mondo circuitale, una faccenda da meccanici di valore definitorio.

Kant doveva essersi accorto della difficoltà ed aveva cercato di salvarsi, inventando le sue categorie.

Esse elencano e danno per risolto ciò che altrimenti sarebbe sfuggito, come la causa e l’effetto.

Nel caso del tempo e dello spazio, egli li aveva fatti troneggianti, intoccabili persino fra le categorie.

Che faresti tu?

(…) Se errore c’è, va denunciato? È un problema morale. Ti do una pietanza, ma con l’avvertimento che essa potrebbe essere guasta.

Si tratta di continuare la ricerca, di risalire alle attività circuitali, evitando di chiedere al mondo combinatorio degli stati di attenzione quanto non può essere di sua competenza. (Ibidem, pp. 175-176).

Tornando ai due manoscritti, al contenuto del primo che si presenta come parte iniziale di una “genesi”, si fa riferimento nell’avvertimento premesso a Il perfetto filosofo (Ceccato, 1988):

Fra l’altro mi ero proposto un programma più ambizioso. Far precedere a questo testo sul filosofare, per bastonarlo, la storia di una consapevolezza operativa, innestata su una “genesi della mente” in chiave di spontaneità biologica: Al posto del famoso “in principio era il verbo” si sarebbe trovato “alla fine era il verbo”. Troppo biblico, per uno scritto che vuol essere anche salacetto. Sarà per un’altra volta. (Ibidem, p.2)

Così, nelle 14 cartelle de Il primo risveglio, attraverso una narrazione in terza persona, di tono mitico-favolistico, Ceccato racconta dell’ambizione che lo coglie, dopo un risveglio da uno stancante “sonno-sogno di lavoro”:

Avrebbe scritto una genesi: la storia di questo uomo-vecchio-nuovo, di una mente inizialmente forse fusa con il corpo, tante attività intrecciate e progressivamente separate in mente, soma e psiche. Sino a collegare ed a contrapporre le parole e le cose nominate.

Il primo pensiero, accompagnato dal dubbio se quanto stava facendo sarebbe stato gradito all’umanità, è quello, di grande rilievo, oltre che di grande utilità per il lettore, di fissare in 16 punti le conquiste essenziali di consapevolezza raggiunte nel sogno: La “Tavola di Silvio”.

Accenna inoltre alla difficoltà incontrata nell’espandere il programma delle analisi del mentale in direzione neurofisiologica, una volta considerate le operazioni descritte quali funzione di organi: “difficile far digerire allo specialista, orientato in direzione fisicalista, la consapevolezza del mentale. (…) Avrebbe continuato a

cercare le funzioni mentali nel funzionamento fisico degli organi. Per esempio, l’arbitrio nei bottoni sinaptici”.

Vengono quindi presentate alcune domande e le rispettive risposte che avevano segnato e stabilito dei punti certi nel lungo percorso di ricerca.

Per gli sviluppi neurofisiologici:

Come agganciare ad una base organica il singolo stato di attenzione e seguirne le combinazioni? Gli intrichi di intensità, durata, linee monodiche e polifoniche, giochi temporali e di ordine?

Per le applicazioni cibernetiche:

Come rappresentare nella macchina l’unità di partenza, l’”atomo” attenzionale?

Per gli stati d’attenzione e la loro combinatoria:

A quale combinazione far corrispondere il significato del termine “coscienza”?

La combinatoria degli stati d’attenzione poteva limitarsi solo al modulo della somma, il “+” della aritmetica ed al raggruppamento binario?

A quale numero di stati combinati era opportuno fermarsi?

Documentato da tabelle numeriche Ceccato ricorda lo sconcerto che seguì allo scoprire che già solo tre stati d’attenzione variamente combinati portavano a settantacinque possibilità, ma dodici portavano a miliardi di combinazioni!

Come essere sicuri della corrispondenza di una certa parola con l’operare designato?

Il flusso attenzionale era “a una voce” o polifonico?

Quali “additivi” fisici e psichici si distinguono nell’uso di uno stesso termine mentale?

Nel riassumere le funzioni principali dell’attenzione (presenziante il funzionamento di altri organi nelle percezione-rappresentazione e auto-combinantesi), Ceccato ricorda, ed è un altro punto di estrema importanza, come gli si sia chiarito il rapporto tra mentale, fisico e psichico:

L’attenzione si rivelava funzione di un organo pulsante con unità discrete che vanno, nei tempi normali, dal decimo di secondo al secondo e mezzo. Oltrepassati, se ne avvertivano ripercussioni sui circoli del respiro, del sangue, della conduzione cutanea, dei succhi gastrici, etc. A loro volta essi, con una loro eccezionalità, sollecitavano l’attenzione.

L’attenzione, all’inizio della nostra vita, deve operare in simbiosi con il resto dell’organismo. Poi si stacca ed è allora che può sollecitare il resto dell’organismo o esserne sollecitata. (…) Appariva così sempre più chiaramente come le ripercussioni dell’operare mentale sul soma concorressero a dar vita alla psiche. La classica tripartizione dell’uomo in mente, corpo, e psiche trovava la sua giustificazione: la psiche appariva quale effetto del mentale ripreso nel soma.[3]

Mantenendosi, ma solo nel titolo, su un tono biblico, nel primo abbozzo (rimasto tale) de In principio era il ritmo Ceccato affronta invece la catena dei passaggi operativi che porta a riconoscere come musica un fenomeno acustico”. Prima di entrare nello specifico dell’indagine estetico-musicale comunque, come gli è solito, non manca di premettere un quadro generale dello stato della ricerca, in cui risaltano la descrizione dei cinque moduli combinatori dell’attenzione e un florilegio di analisi in cui assumono particolare interesse quelle del “tenere e lasciare” e del “vicino e lontano”[4].

Ceccato ricorda la difficoltà di seguire le combinazioni attenzionali senza una apposita scrittura simbolica e descrive le convenzioni introdotte. Riformula le analisi del ritmo e dei generi artistici. Si pone il problema come operazioni fondamentali come le analisi del tenere e lasciare e del tempo possano entrare a supporto e sostegno di una analisi musicale che utilizzi anche una tipologia operativa dei generi artistici. Conclude prospettando l’interesse terapeutico delle analisi operative dei ritmi e degli atteggiamenti musicali e non solo musicali.

Nel Commiato posto alla fine del testo si rifà “guascone”:

Si dovranno incontrare tre pompe: dell’aria, del sangue, e dell’attenzione applicata e staccata, tenuta e lasciata. Il ritmo, ritrovato il suo posto nella mente, richiamato dal forzato esilio nei polmoni e nel cuore, offrirà i suoi tesori anche per la teoria. (In pratica, quando una cosa è sbagliata, evviva gli ignoranti che non se ne erano accorti.)

Che questa Triplice Alleanza abbia fortuna.

Colpisce sempre (ma è una sua costante, quasi uno stile) come, a breve distanza di tempo, Ceccato riesca ad utilizzare parzialmente contenuti e strutture di testi lasciati inediti, come questi, non per ripresentarli, in forma ridotta o semplificata, bensì sempre per nuove variazioni sul tema, con nuovi obiettivi e nuove prospettive di indagine.

È il caso della pubblicazione sulla rivista Methodologia de La parola fra la cronaca e l’arte (Ceccato, 1992). Dall’inedito precedente sul ritmo, riprende l’obiettivo di chiarire il presupposto e le convenzioni simboliche delle analisi in stati d’attenzione riuscendo ad essere ancora più efficace e chiaro. Riprende anche la presentazione in forma di florilegio di alcune analisi basilari, ma pur parlando sempre di estetica, questa volta indaga su come attraverso un operare mentale modellante il significato di qualsiasi parola o frase possa assumere valori espressivi opposti interagendo anche con moduli ritmici e sistemi di riferimento (scale musicali, forme metriche, scansioni volumetriche).

Anche qui troviamo un commiato, ma a differenza del precedente mostra il Ceccato del dubbio autocritico e del rammarico che le forze del grande indagatore, disponibile ad ogni sfida, non siano più quelle di un tempo:

Commiato

Soltanto qualche esempio. Attendibilità delle analisi? Forse solo indicative, orientative. Ma certo sufficienti a mostrare l’analizzabilità e la possibilità di avvalersi dei risultati per guidare sia l’analisi anatomo-fisiologica, sia la costruzione meccanica.

Un campo nuovo, meraviglioso di studio. Peccato essere troppo vecchio.(Ibidem, p.50)

 

Bibliografia

Ceccato, S. (1988). Il perfetto filosofo (p.2). Bari: Laterza.

Ceccato, S. (1992). La parola fra la cronaca e l’arte. Methodologia, 11, 35-51.

Ceccato, S. (1996). C’era una volta la filosofia (pp.175-176). Milano: Spirali.

 

Note sull’autore

 

Gianclaudio Lopez

Istituto di Stato per la Cinematografia Rossellini, Roma

jeanclop@alice.it

Esperto in formazione e didattica, scrittura giornalistica, conduzione televisiva e drammaturgia. Docente all’Istituto di Stato per la Cinematografia “Rossellini” in Roma, formatore per il Centro Teatro Educazione dell’ETI, ha collaborato per anni con la Rai per la realizzazione del programma culturale Geo&Geo. Ha approfondito lo studio dell’opera di Silvio Ceccato con il quale ha partecipato ad attività seminariali di formazione della Scuola Operativa Italiana, realizzando esperienze di didattica operativa nella scuola elementare, media e superiore.

 

Note

  1. Ringraziamo la signora Daniela Pogliani per aver gentilmente concesso la pubblicazione dei due testi sulla “Rivista Italiana di Costruttivismo”.
  2. I testi sono stati trascritti in modo fedele alla versione originale; le immagini e le tabelle sono riprese dai manoscritti.
  3. Il corsivo è nostro (NdA).
  4. Cfr anche Ceccato, S. & Zonta, B. (1980). Linguaggio, consapevolezza, pensiero (pp. 233-235 e 207-208). Milano: Feltrinelli.