Tempo di lettura stimato: 5 minuti
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La psicoterapia costruttivista: caratteristiche distintive

di Robert A. Neimeyer

Constructivist psychoterapy: the CBT distinctive feature series

by Robert A. Neimeyer

di

Alessandro Busi

Institute of Constructivist Psychology, Padova

Abstract

Nelle prime pagine del suo testo “La Psicologia dei Costrutti Personali”, G. A. Kelly (1955/1991) indica le caratteristiche che deve avere una teoria – scientifica e non – sottolineandone una: la modificabilità. Con questo termine, l’autore individua due aspetti interconnessi fra loro: primo che non esiste una teoria definitivamente vera; secondo che, proprio grazie al primo punto, una teoria è costantemente modificabile, compresa la Teoria dei Costrutti Personali stessa.

 

Chi abbia visto il film “Will Hunting” di Gus van Sant, la storia del giovane Matt Damon, genio problematico che va in terapia dal terapeuta fuori dalle righe Robin Williams, probabilmente ricorderà il difficile “aggancio” che avviene fra terapeuta e cliente, con il primo che prende per il collo il secondo dopo varie provocazioni ricevute ma, forse, ricorderà anche il secondo colloquio, quello che avviene su una panchina in un parco. Durante questo incontro Williams dice al giovane genio che lui sarà pure tanto saputello, tanto sveglio e brillante, ma non ha il coraggio di affrontare l’esperienza, dove affrontare la propria esperienza significa sia trovarsi faccia a faccia con i propri fantasmi, sia avere il coraggio di incontrare la vertigine del cambiamento.

 

Se io penso al rapporto che Neimeyer instaura con il lettore del suo “La psicoterapia costruttivista” (2009/2012), tradotto in italiano da Maurizio Brasini per Franco Angeli a tre anni dalla sua uscita inglese, mi torna in mente l’immagine della coppia Williams-Damon nel parco. È come se l’autore chiedesse al lettore: sei disposto ad essere irriverente verso la tua teoria di riferimento? Sei disposto a discuterne presupposti e modalità operative, fino a pensare come tu, in prima persona, sei coinvolto nel processo di costruzione e utilizzo della teoria stessa?

 

A fronte di queste domande, il percorso che Neimeyer propone è un susseguirsi di brevi stimoli (ogni paragrafo è di 2-3 facciate), non troppo approfonditi, ma sufficientemente trattati da permettere l’attivarsi della curiosità del lettore e comunque ricchi di riferimenti per ulteriori approfondimenti. Attraverso questi, l’autore statunitense costruisce un unicum che parte con l’affrontare quali siano le caratteristiche distintive delle teorie postmoderne in psicologia, dando particolare attenzione alla Psicologia dei Costrutti Personali, ponendo l’accento su alcuni punti come le costruzioni di realtà, e disturbo all’interno di queste teorie rispetto a quelle moderne, e proponendo quindi una visione dell’uomo in chiave olistica, attraverso quello che lui chiama modello epigenetico. Fissati i presupposti teorici, si addentra quindi nella Teoria dei Costrutti Personali, partendo dalla presentazione di alcune tecniche (es. laddering, interviste a farfallino…) e dei presupposti che ne guidano l’uso in terapia, arrivando a discutere in maniera sintetica, ma analitica, alcuni principi generali del ruolo del terapeuta: uno su tutti la presenza. Cosa significa essere presenti in seduta? Cosa significa e cosa implica entrare in relazione con un paziente? Cosa significa costruire il mondo di chi sta seduto di fronte a noi e cosa succede quando riusciamo in questo compito? Così, con queste domande, il nostro Neimeyer-Williams mette il lettore davanti alla responsabilità dell’autoriflessività e alla responsabilità del sapersi immergere nell’esperienza, nello sperimentare assieme ai propri pazienti. In linea con questa concezione esperienziale della psicoterapia, tipica della PCP e che è strettamente in linea con l’idea di enazione (corrispondenza fra azione e conoscenza) di Maturana e Varela (1984/1999), in tutto il testo la teoria non viene solo spiegata, ma anche mostrata in opera grazie a vari esempi clinici, che danno la possibilità a chi legge di immaginare con maggiore vividezza ciò che può significare stare in terapia in un certo modo.

 

Arrivati a questo punto, il focus del testo cambia nuovamente e il respiro della narrazione torna ad allargarsi. Andando a raccogliere la sfida che lo stesso Kelly lancia alla propria teoria con l’idea della modificabilità, Neimeyer inizia ad interrogarsi su come le teorie postmoderne possano collaborare tra loro, fino a chiedersi: mantenendo ben salde le rispettive epistemologie, come si possono integrare? Tutto ciò lo porta quindi ad interrogarsi sulla possibilità di costruire teorie che siano utili nelle culture e nei tempi in cui nascono, partendo dall’assunto per cui ogni teoria è anche espressione del contesto nel quale si genera. Un esempio di ciò che l’autore affronta e che, personalmente, trovo una tematica ormai imprescindibile in un tempo di crisi economica, è quello della possibilità di una terapia breve che non sacrifichi la relazione rispetto ad un veloce intervento sul sintomo. È possibile? Non è possibile? Neimeyer propone alcune vie, comunque ciò che certamente ne esce è: riflettiamoci.

 

E forse è proprio questo stimolo a pensare ciò che resta maggiormente a chi legge “La psicoterapia costruttivista: caratteristiche distintive” di Robert Neimeyer: la voglia di riflettere sulle possibilità di cambiamento in una teoria che contempla essa stessa di cambiare. Forse ciò che resta maggiormente è lo stimolo a non dare nulla per scontato, ma a concepire il proprio lavoro, così come se stessi e le proprie esperienze, come forme in continuo movimento e per questo modificabili.

 

Per tutte queste ragioni, credo che il libro di Neimeyer non sia il solito libro di presentazione della terapia costruttivista, ma possa dire qualcosa sia a chi ne è già esperto, ricordandogli che è possibile mettere in discussione la propria realtà, sia a chi vi si avvicina per la prima volta, aiutandolo a familiarizzare con alcune idee base e ad iniziare a riflettere sul proprio ruolo attivo nella terapia e, più in generale, nella vita.

 

Bibliografia

 

Kelly, G. A. (1991). The psychology of personal constructs. London: Routledge (Pubblicazione originale New York, NY: Norton, 1955).

Maturana, H. & Varela, F. (1984). El árbol del conocimiento: Las bases biologicas del entendimiento humano. Buenos Aires: Editorial Universitaria (trad. it. L’albero della conoscenza, Garzanti, Milano, 1999).

Neimeyer, R. A. (2009). Constructivist psychoterapy: The CBT distinctive features series. London: Psychology Press – Taylor & Francis group (trad. it. La psicoterapia costruttivista: caratteristiche distintive, FrancoAngeli editore, Milano, 2012).

 

Filmografia

Bender, L. (producer), Van Sant, G. (director). (1997). Good Will Hunting [motion picture]. United States: Miramax Films.

 

Note sull’autore

 

Alessandro Busi

Institute of Constructivist Psychology, Padova

alessandrobusi.ab@gmail.com

 Psicologo specializzando in psicoterapia presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia dell’Institute of Constructivist Psychology di Padova; i suoi interessi di ricerca si concentrano attualmente sul rapporto fra uomo e mondo telematico, reale e virtuale. Tiene incontri sul tema delle nuove tecnologie e delle loro ricadute relazionali e lavora come operatore di strada con adolescenti.