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Bipoli: una tecnica costruttivista di gruppo per favorire il cambiamento

Bipoli: a constructivist group technique to facilitate change

di

Gabriele Bendinelli, Silvia Colombo, Claudia Stefani

Institute of Constructivist Psychology, Padova

Abstract

Nata all’interno della Psicologia dei Costrutti Personali e fondata sulla partecipazione attiva e sull’autoriflessività, la tecnica del Bipoli permette di costruire un setting di gruppo volto al cambiamento, utile sia in ambito clinico che in ambito formativo, aziendale e di ricerca. L’articolo descrive la struttura, gli obiettivi, i campi applicativi e le modalità di progettazione di questa tecnica, proponendo un protocollo che esemplifica il suo utilizzo in un gruppo di formazione sulla relazione di aiuto. Verranno infine messi in evidenza i punti di forza e le criticità del Bipoli e proposte alcune possibili linee di sviluppo.

The Bipoli technique is based on the Personal Construct Psychology and in particular on participation and reflexivity. It allows creating a group-setting that aims at changing and can be applied in clinical, training and business interventions, as well as in research. The article describes the structure, purposes, application fields and planning procedures of this technique and offers an example of its application in a training group about the helping relationship. In the article conclusions, Bipoli’s strengths and areas of growth are highlighted and possible developments are proposed.

Keywords:
Tecnica di gruppo, ciclo dell’esperienza, cambiamento, autoriflessività, gioco | group technique, cycle of experience, change, reflexivity, play

…Era proprio uno strano gruppo

quello che si radunò sulla riva…

L. Carroll, Alice nel paese delle meraviglie

 

1. Il punto di partenza: la partecipazione

Il Bipoli è nato nel 2009 tornando dal XVIIIth International Congress on Personal Construct Psychology tenuto a San Servolo, Venezia. Insieme ci interrogavamo sull’esperienza appena vissuta come specializzandi in psicoterapia al primo anno: tutti e tre eravamo curiosi verso il mondo costruttivista, altrettanto spaesati da quel fermento a volte nascosto negli sguardi, a volte palese nella musica del dopocena.

In particolare ci avevano colpito i diversi modi in cui le varie sessioni del convegno erano state condotte. Ai nostri occhi alcuni relatori erano stati distanti mentre presentavano il loro lavoro, altri invece ci avevano affascinato perché avevano incarnato le loro idee attraverso parole, gesti e presenze vive, con quella vivacità che rilancia in ogni momento nuove domande. Tornando in vaporetto, due domande ci hanno accomunato: come si partecipa in modo costruttivista? Possiamo parlare della PCP divertendoci?

Seguendo l’impianto epistemologico e teorico della Psicologia dei Costrutti Personali, elaborato da G. A. Kelly attraverso un postulato fondamentale e undici corollari (1955, p. 46-95)[1], conoscere significa partecipare ad un processo di costruzione esperienziale ed autoriflessivo: nella misura in cui anticipiamo gli eventi e testiamo la validità delle nostre ipotesi, portiamo avanti un ciclo dell’esperienza (Kelly, 1977b) in cui apriamo nuove possibilità per inventarci, trasformarci e cambiare. Ai nostri occhi questa definizione di conoscenza era tanto astratta nella sua formulazione, quanto evidente nella sua concretezza quotidiana. Ma soprattutto ci sembrava simile a quell’attività “spontanea, di solito piacevole, volontaria e non orientata ad un obiettivo” (Landreth, 2012, p. 7-8) con cui viene descritta l’attività del giocare da alcuni esponenti della Play Therapy (Woltmann, 1964; Axline, 1969; Landreth, 2012). Il ciclo dell’esperienza potrebbe essere infatti descritto come “un’attività spontanea e auto-generata che permette al bambino [o alla persona] di concettualizzare, strutturare e portare su livelli tangibili di azione le sue esperienze e i suoi sentimenti” (Woltmann, 1964, p. 174). Attraverso il gioco, sia da bambini che da adulti, esploriamo ciò che non conosciamo, proviamo stupore e paura, inventiamo alternative ai nostri problemi, ci rifugiamo in mondi prevedibili. Giocare è un modo in cui anticipiamo gli eventi e testiamo le nostre ipotesi facendo esperienza.

Partendo da queste domande sulla partecipazione, siamo giunti all’irriverente sfida di trasporre la PCP in un gioco da tavolo e, per testare questa anticipazione, abbiamo dato vita al Bipoli.

 

2. Il Bipoli come gioco

Secondo l’alternativismo costruttivo conoscere significa creare delle lenti o degli schemi (costrutti) e cercare di adattarli agli eventi della realtà (Kelly, 1955, p. 9), come se fossero delle chiavi tutte diverse ma altrettanto capaci di aprire la stessa serratura del mondo (von Glasersfeld, 2008, p. 20). Fondandosi su questo presupposto epistemologico, la Psicologia dei Costrutti Personali si interessa a come ogni persona costruisce il mondo, testa il valore predittivo delle sue anticipazioni e le revisiona: nella misura in cui i suoi costrutti cambiano, anche lei cambia. All’interno di questo orizzonte per lo psicologo diviene imprescindibile cercare di mettersi nei panni degli altri per conoscere i vincoli e le possibilità di conoscenza e cambiamento che i loro costrutti consentono.

Immaginando di trasporre tali premesse in un gioco da tavolo, il libretto di istruzioni sarebbe finalizzato a creare un contesto in cui ogni persona può fare esperienza mettendo in campo e testando le sue anticipazioni. In questo gioco la logica del vinco-perdi, tipica dei giochi tradizionali, verrebbe a mancare. Non essendo infatti presenti nella PCP i criteri diagnostici che distinguono il sano dal malato, il normale dal deviante, il corretto dallo sbagliato, i giocatori non gareggerebbero per il podio della salute mentale, né ci sarebbe il pronti e via della competizione. Piuttosto ad essere in palio sarebbe la conoscenza stessa ovvero la possibilità di costruire alternative, sfidando il proprio punto di vista per contaminarsi con altre prospettive. In un gioco PCP ognuno metterebbe in campo la propria sfida e parteciperebbe nella misura in cui avrebbe senso ai suoi occhi, fermandosi quando riterrebbe conclusa la propria esperienza. Non ci sarebbe un giudice esterno perché ad essere importante sarebbe l’occhio vigile dello stesso giocatore. Il conduttore diverrebbe colui che fornisce i vincoli e apre le possibilità di costruzione, favorendo il processo di conoscenza di ogni partecipante.

Partendo da queste ipotesi, abbiamo iniziato a costruire le regole, le pedine e il tabellone (fig. 1) che hanno dato forma ad una prima bozza di gioco. Dopo un test all’interno di una classe di specializzandi in psicoterapia, il Bipoli è divenuto un lungo progetto di ricerca all’interno dell’Institute of Constructivist Psychology di Padova. Negli anni abbiamo così messo a punto una tecnica di gruppo che consente ai partecipanti di esplorare le proprie costruzioni, sperimentare un cambiamento e revisionare la propria esperienza; una tecnica che può essere utile sia in campo clinico che in campo formativo, aziendale e della ricerca.

Nei paragrafi successivi forniremo le principali linee guida del Bipoli per come sono state definite e testate finora. Partiremo chiarendo i presupposti teorici su cui si basa, descriveremo le tappe in cui si articola e in seguito specificheremo alcuni aspetti relativi all’applicazione e alla conduzione. Un esempio tratto dal suo utilizzo in un contesto di formazione darà corpo e pragmatismo alla descrizione della tecnica, che essendo articolata e complessa potrebbe risultare di difficile comprensione se fosse spiegata solo teoricamente. Concluderemo infine evidenziando i punti di forza e le aree di crescita emerse da una prima valutazione effettuata attraverso uno strumento qualitativo appositamente costruito.

 

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Fig. 1 – Il tabellone del Bipoli come gioco

 

3. Il Bipoli come tecnica: presupposti e finalità generali

Il Bipoli ha l’obiettivo di proporre e favorire un processo di esperienza volto al cambiamento, un processo cioè in cui la persona può sperimentare attivamente un’alternativa che è percorribile all’interno del suo sistema di costruzione. Tale definizione prende vita in particolare da due presupposti epistemologici e teorici che consentono di inquadrare il Bipoli all’interno del panorama delle tecniche psicologiche: l’autoriflessività e il cambiamento.

 

3.1 L’autoriflessività e la partecipazione del professionista

Molti strumenti caratteristici di altri approcci psicologici, come ad esempio il test di Rorschach o l’MMPI, si basano sulla convinzione che lo psicologo conosca meglio del cliente il significato delle risposte di quest’ultimo, la cui “opinione è guardata […] con sospetto e assimilata, paradossalmente, a una fonte di errore” (Armezzani et al., 2003, p. 67). Nel Bipoli tutti i partecipanti, conduttore compreso, sono considerati i massimi esperti del proprio mondo. Tale affermazione apre due importanti considerazioni:

  • da una parte il ruolo dello psicologo non è quello di valutare la bontà delle risposte o dei comportamenti dei partecipanti, bensì è quello di favorire il processo di conoscenza di ognuno, formulando un’ipotesi sovraordinata per aprire nuove possibilità di esperienza;
  • dall’altra il professionista non può prescindere dai suoi processi di conoscenza quando applica il Bipoli, isolandosi nella convinzione che la sua partecipazione possa essere neutra e non condizionare ciò che avviene. Piuttosto è chiamato ad essere autoriflessivo, ovvero ad essere consapevole dei presupposti da cui parte e a comprendere che parte gioca nella relazione con l’altro.

 

3.2 Il cambiamento

All’interno della PCP il Bipoli differisce da quegli strumenti, come ad esempio le griglie di repertorio e l’autocaratterizzazione (Kelly, 1955), che nonostante siano utilizzabili per proporre al cliente un’esperienza di cambiamento, nascono con il fine di formulare una diagnosi transitiva che permetta di “vedere i sentieri lungo i quali la persona è libera di muoversi e […] fare una mappa delle direzioni di movimento che sono attualmente disponibili” (Kelly, 1955, p. 203).

Tra gli strumenti della PCP, il Bipoli può essere associato alla Terapia del Ruolo Stabilito che Kelly ha messo a punto per il setting clinico individuale (1955). In modo simile ad essa il Bipoli si propone la finalità del cambiamento e per questo si ispira alla definizione del processo terapeutico come un “laboratorio protetto dove possono essere formulate delle ipotesi, portati avanti degli esperimenti in provetta, pianificate delle prove sul campo e valutati i risultati” (Kelly, 1977a, p. 360). Il presupposto che il Bipoli condivide con questa definizione è che una persona cambia nella misura in cui mette in gioco le proprie conoscenze e costruisce attivamente dei significati nuovi ma non estranei alle sue anticipazioni di partenza. Tale messa in gioco è facilitata se portata avanti in un contesto relazionale circoscritto nello spazio e nel tempo, che accelera il processo di autoriflessività permettendo al contempo di “ridurre la minaccia[2] e la colpa[3] a cui ognuno va incontro se sente di dover essere diverso da come si costruisce nella vita quotidiana” (Sandi & Fiorin, 2012, p. 228).

Come nella Terapia del Ruolo Stabilito, il mettersi in gioco su un palcoscenico temporaneo, l’immergersi in personaggi simbolici come facevamo da bambini, permette di sbirciare brevemente delle alternative, vestirne i panni ed esplorare che effetto ci fa, fino a dove possiamo spingerci. “L’idea è che il cliente deve infine tornare sull’imbarcazione originaria, ma questa breve parentesi può risolversi in una grande avventura che potrebbe trovare utile se alla fine decidesse di ridisegnare l’imbarcazione originaria” (Epting, 1990, p. 169-170).

Una differenza sostanziale da sottolineare rispetto alla Terapia del Ruolo Stabilito è la finalità non esclusivamente clinica del Bipoli. Esso infatti non si rivolge solamente a quei clienti che vedono davanti a loro un’unica, inesorabile e dolorosa strada da percorrere, ma innesca in generale un’esperienza di cambiamento che può assumere finalità specifiche a seconda del gruppo e delle persone con cui lavoriamo.

 

4. Struttura

Dopo aver delineato i presupposti teorici del Bipoli, passiamo a descrivere come esso è strutturato e le finalità specifiche con cui può essere applicato.

 

4.1 Il ciclo dell’esperienza

La tecnica del Bipoli è stata costruita in base al ciclo dell’esperienza con cui Kelly descrive come ogni persona conosce il mondo, ne fa esperienza e cambia. Secondo questo modello il processo conoscitivo è circolare e si articola in cinque tappe:

  1. nella prima fase dell’anticipazione, ogni persona si approccia al mondo scegliendo quelle costruzioni del

proprio sistema che le “forniscono la migliore base per anticipare gli eventi” (Kelly, 1955, p. 45). Non è spinta quindi da forze indipendenti da lei o radicate nel suo passato, ma è impegnata a “fare le sue scommesse sulla possibilità di anticipare il mondo, non solamente sulla certezza dell’immediata sfida” (ibidem, p. 110);

  1. nella fase successiva (investimento) la persona decide quanto scommettere su queste anticipazioni in vista di un loro test. Definisce quindi l’importanza che questo esperimento riveste per lei e quanto è disposta a rischiare che le sue costruzioni non siano elaborative, in altre parole che non permettano di elaborare la capacità di anticipazione del suo sistema[4];
  2. la fase dell’incontro è il momento in cui l’individuo testa direttamente le anticipazioni scelte, verificando se sono elaborative o meno;
  3. si parlerà di validazione nel caso in cui i risultati che la persona osserva siano compatibili con le sue anticipazioni. Nel caso di incompatibilità invece, la persona andrà incontro ad un’invalidazione;
  4. l’ultima fase, la revisione, rappresenta il momento in cui la persona mette a frutto l’esperienza fatta, ricostruendo le anticipazioni di partenza alla luce della validazione/invalidazione incontrata, così da aumentare la capacità predittiva del suo sistema di conoscenze.

Ispirandosi a questo costrutto professionale, il Bipoli è suddiviso in cinque fasi consecutive. Attraversandole, i partecipanti porteranno avanti un ciclo dell’esperienza su un tema che il conduttore, in fase di progettazione, ha individuato come focus di conoscenza e cambiamento per il gruppo. Per aiutare il lettore a comprendere il funzionamento del ciclo, non solo dal punto di vista teorico ma anche sul piano pratico, riporteremo un protocollo esemplificativo applicato con finalità formative in un gruppo di specializzandi in psicoterapia al primo anno[5]. Prima di procedere oltre forniremo nella tabella 1 alcune premesse sul protocollo di esempio.

 

Finalità Progettando il Bipoli per questo gruppo, siamo partiti da due ipotesi:

  • la relazione di aiuto è una tematica rilevante per uno psicoterapeuta;
  • spesso gli psicoterapeuti in formazione utilizzano costruzioni come giusto-sbagliato, efficace-inefficace per anticipare il proprio ruolo con il paziente.

Abbiamo quindi scelto di partire esplorando ciò che per i partecipanti significava aiutare gli altri, per poi proporre una rilettura delle loro costruzioni secondo la dimensione utile-non utile, così da favorire un processo di cambiamento per rotazione degli assi di riferimento dei costrutti in gioco[6].

Aspetti pratici Essendo un gruppo composto da 18 persone e avendo a disposizione 6 ore per portare avanti e concludere un ciclo dell’esperienza, abbiamo previsto 2 tipi di ruoli in cui dividere il gruppo così da favorire la circolarità e ridurre il rischio della dispersione:

  • 6 giocatori: coloro che mettono in campo e condividono con il gruppo le proprie costruzioni rispetto alla relazione d’aiuto, facendo un’esperienza di cambiamento attraverso il ciclo;
  • 6 gruppi attivi: composto da 2-3 persone, ciascun gruppo attivo affianca un giocatore con l’obiettivo di costruire con lui una relazione di ruolo, ovvero comprendere il suo punto di vista, perturbarlo attraverso domande e sostenerlo nell’esplorare le alternative. A chi riveste questo ruolo, non viene chiesto di esporre le proprie costruzioni sulla relazione di aiuto, piuttosto gli viene proposto di sperimentarsi direttamente in una relazione di questo tipo.

Abbiamo ritenuto importante lasciare i partecipanti liberi di scegliere quale ruolo giocare, ponendo però il vincolo che fossero mantenuti per tutta la durata della formazione (fig. 2).

Conduzione Due psicologi hanno co-condotto il gruppo mentre un terzo ha rivestito il ruolo di osservatore e reporter dei processi emersi.

 

Tab. 1 – La progettazione del Bipoli nel gruppo di esempio

 

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Fig. 2 – Composizione e ruoli del gruppo

 

4.2 Accoglienza

Prima di intraprendere il ciclo dell’esperienza sul tema scelto, il Bipoli prevede una fase in cui il conduttore accoglie i partecipanti, esplicita le finalità del percorso e la metodologia di lavoro. In particolare fornisce quattro regole che favoriscono l’esperienza in gruppo:

  • è impossibile non partecipare: questa regola mira a comunicare che tutte le scelte dei membri sono una forma di partecipazione al gruppo, la loro forma di partecipazione, sia che si tratti di un silenzioso assenso, di un curioso interrogarsi o di una contemplazione teorica;
  • qui il giudizio non ha cittadinanza: il Bipoli vuole fornire uno spazio di partecipazione orientato alla comprensione e alla reciprocità, non al giudizio e a verità assolute, così da facilitare l’assunzione di punti di vista alternativi;
  • l’utilità per me e per l’altro: l’esperienza che sarà facilitata in gruppo seguirà il criterio dell’utilità per ogni partecipante ovvero inviterà ognuno a guardarsi con occhi diversi da quelli usuali, in modo da aprire nuove possibilità di costruzione e cambiamento;
  • quando è finita è finita: alla fine dell’esperienza i partecipanti decideranno se e cosa, dei cambiamenti che hanno sperimentato, possono portare al di fuori del gruppo nella loro vita quotidiana.

 

4.3 Anticipazione

Nella prima fase del ciclo il conduttore propone due tipi di processi:

  • in un primo momento presenta il tema scelto e propone ai partecipanti di esplorare e comprendere autoriflessivamente le costruzioni con cui lo anticipano;
  • in un secondo momento invita i partecipanti ad esplicitare il polo opposto[7] delle loro costruzioni, in modo da comprendere in modo più specifico il sistema di significati di ognuno e differenziare i punti di vista al di là dell’etichetta verbale. Tale passaggio consente inoltre di sottolineare al gruppo come ogni persona compia una scelta di significato e tra i significati per anticipare il mondo.

Per favorire questi due processi possono essere utilizzate alcune tecniche prettamente costruttiviste, come ad esempio il laddering (Hinkle, 1965), o alcune tecniche narrative, come l’uso di metafore, immagini o domande perturbatrici (appendice A). In termini costruttivisti l’uso mirato di queste tecniche permette di intraprendere un ciclo della creatività che alterna processi di allentamento a processi di restringimento (Kelly, 1955, p. 565). A tale proposito riteniamo che un metodo particolarmente utile per intraprendere il ciclo dell’esperienza sia la creazione di una metafora sul tema scelto. Questa infatti, per le sue caratteristiche di allentamento, permette alla persona di far emergere alcune sue costruzioni a grandi linee e in modo immediato. Inoltre, lasciando un’ampia libertà di risignificazione, facilita il processo autoriflessivo dell’esperienza.

 

Consegne Processi
1 I giocatori creeranno una metafora su cosa significa per loro aiutare gli altri e la rappresenteranno attraverso un collage di immagini prese dai giornali. Daranno poi un titolo alla propria creazione. Esplorare le costruzioni personali attraverso un ciclo della creatività:

fase di allentamento.

2 I giocatori condivideranno il collage con il proprio gruppo attivo (da ora G.A.) descrivendo e spiegando le scelte fatte per creare la metafora.

Il G.A. cercherà di:

  • comprendere il punto di vista del suo giocatore rispetto a come costruisce l’aiutare gli altri;
  • esplorare questa metafora attraverso l’utilizzo di alcune domande perturbatrici (appendice A).

I giocatori proveranno a rispondere a queste domande come se fosse il collage a rispondere. Individueranno poi insieme al G.A. 3 caratteristiche che descrivono la metafora (ad esempio: sostenere, guidare, sostituirsi).

Fase di restringimento del ciclo della creatività: emersione delle costruzioni

Costruzione di ruolo.

3 Ogni giocatore individuerà insieme al G.A. i poli opposti delle 3 caratteristiche emerse così da elicitare 3 costrutti (ad esempio: sostenere VS fare del male).

Infine, partendo dai costrutti trovati, penserà ad una metafora opposta a quella iniziale e le darà un titolo.

Emersione della polarità del costrutto in base al corollario della dicotomia.

Aumento del livello di consapevolezza cognitiva.

4 Ogni giocatore condividerà in grande gruppo le due metafore opposte. Costruzione di ruolo.

 

Tab. 2 – Fase dell’anticipazione

 

    1. Investimento

In modo simile alla fase precedente, anche l’investimento si articola in due tappe:

  • inizialmente il conduttore propone ad ogni partecipante di esplorare il campo di pertinenza (Kelly, 1955, p. 562) delle proprie costruzioni, approfondendo per quali eventi e in quali ruoli le utilizza. Questo passaggio consente di lavorare su come le anticipazioni prendono vita nelle azioni, interazioni e scelte quotidiane e può essere favorito tramite alcuni strumenti come il rologramma (Stojnov & Procter, 2012, p. 12) o l’ellisse, elaborata dalla nostra équipe di ricerca e in seguito descritta;
  • successivamente il conduttore aiuta i membri del gruppo ad immaginare delle costruzioni alternative a quelle emerse, cioè diverse ma al contempo non estranee al loro sistema di significati.

Queste alternative costituiscono il punto di partenza per compiere un esperimento di cambiamento, per provare cioè ad essere diversi scommettendo su nuove ipotesi.

Al fine di compiere questo passaggio, il conduttore può chiedere ai partecipanti di creare il bozzetto di un personaggio, seguendo alcune direzioni di significato in precedenza anticipate come ortogonali rispetto al tema scelto. Altrimenti può utilizzare la tecnica della pluralità dei sé (Mair, 1977) o lo scambio all’interno del gruppo per invitare ogni membro a guardare se stesso da nuove prospettive.

Il modello dell’ellisse

L’ellisse è una forma geometrica che ha due fuochi e un’orbita. A nostro avviso può rappresentare un costrutto se immaginiamo i due fuochi come i poli opposti e l’orbita come il movimento della nostra scelta. Quando utilizziamo il costrutto scegliamo quel polo che ha per noi la maggiore possibilità di elaborazione del sistema. Metaforicamente, ci muoviamo lungo l’orbita di un’ellisse posizionandoci più verso l’uno o l’altro dei due fuochi. La regola secondo cui la somma delle distanze dai fuochi di ogni punto dell’orbita rimane costante, indica come la nostra scelta sia sempre definita da entrambi i poli, anche da quello ritenuto meno elaborativo.

 

Consegne Processi
1 I giocatori elencheranno tutti i contesti relazionali e i ruoli significativi nella loro vita quotidiana. Chiederemo loro di inserire l’essere psicoterapeuta.

Alcuni esempi di ruoli e contesti possono essere: io come partner, figlio, professionista, io in famiglia, sé-corporeo, sé-futuro, sé-passato.

Processo di dilatazione.[8]
2 I giocatori selezioneranno nell’elenco quei ruoli e contesti in cui utilizzano i costrutti emersi nella fase dell’anticipazione; li posizioneranno sulla linea dell’ellisse secondo il seguente criterio: se in quel ruolo/contesto è per loro percorribile solo un polo del costrutto allora lo posizioneranno vicino a quel polo, se invece percorrono entrambi i poli in varia misura, allora lo posizioneranno tra i due poli. La maggiore-minore distanza da un polo definisce quanto quel significato è elaborativo per in quel ruolo.

Esempio (fig. 3): il giocatore utilizza il costrutto sostenere VS mettere in difficoltà; nel suo ruolo familiare il polo per lui percorribile è avere sempre, in ogni situazione, un ruolo di supporto verso gli altri. Posizionerà quindi il ruolo sull’ellisse in prossimità del primo polo emerso. Come professionista invece a volte per lui ha senso aiutare sostenendo gli altri, in altre situazioni mettendoli in difficoltà. Posizionerà quindi il ruolo professionale a metà dell’ellisse tra un polo e l’altro.

Corollario della scelta.
3 I giocatori discuteranno in sottogruppi (giocatore più G.A.) su ciò che li colpisce della rappresentazione dell’ellisse attraverso alcune domande guida: quali incongruenze notate? Cosa non vi aspettavate? Quali riflessioni vi vengono in mente? Esplorazione del sistema di costruzione.
4 I giocatori condivideranno in grande gruppo le riflessioni emerse focalizzando poi l’attenzione su come utilizzano i costrutti emersi per anticipare il ruolo di psicoterapeuta. Processo di restringimento.[9]

Costruzione di ruolo.

5 Ogni giocatore scriverà un bozzetto di sé come psicoterapeuta secondo la dimensione essere utile VS non essere utile, dimensione ipotizzata dai conduttori come ortogonale alle costruzioni emerse rispetto al tema. Alcune domande perturbatrici (appendice B) aiuteranno ogni giocatore a costruire il ruolo di aiuto terapeutico attraverso questa nuova dimensione.

Ogni persona del G.A. costruirà a sua volta un bozzetto cercando di porsi nei panni del proprio giocatore, immaginando come quest’ultimo potrebbe essere nel ruolo di terapeuta utile.

Rotazione degli assi di riferimento del costrutto.

Costruzione di ruolo.

 

Tab. 3 – Fase dell’investimento

 

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Fig. 3 – Il modello dell’ellisse: un esempio

 

4.5 Incontro

In questa fase il conduttore chiede ai partecipanti di sperimentare le costruzioni alternative individuate, testando se sono elaborative per il loro sistema. All’interno del gruppo si intrecciano così gli esperimenti di tutti, aumentando i punti di vista in campo e favorendo la socialità.

Alcune attività risultano funzionali a questo processo:

  • le aspettative di ruolo di un gruppo: “a ciascun giocatore verrà assegnato un ruolo stabilito dal conduttore scritto su una fascia visibile solo agli altri giocatori e non a se stesso. Ciascun giocatore dovrà interagire con gli altri nel modo che gli è naturale e dovrà reagire ad ogni membro che parla, seguendo le istruzioni sulle fasce di chi parla all’interno di un compito di problem-solving gruppale” (Spaltro & Righi, 1993, p. 35);
  • attività di enactment: tra queste elenchiamo l’interpretazione di un bozzetto, ruolo o metafora costruiti all’interno della fase dell’investimento;
  • vendo un costrutto: ogni persona assegna uno o più costrutti alternativi, individuati precedentemente, ad un altro partecipante che ne farà esperienza in un role-playing. In questo modo potrà sperimentare delle letture alternative del proprio sistema di significati;
  • compro un costrutto: ogni giocatore interpreta una costruzione degli altri partecipanti che anticipa essere nuova e allo stesso tempo percorribile nei suoi termini.

 

Consegne Scelta professionale
1 I giocatori incarneranno e sperimenteranno i bozzetti di psicoterapeuta utile, precedentemente costruiti, simulando una prima seduta di psicoterapia. Verranno proposti due role-playing:

  • nel primo, un componente del G.A. impersonerà il bozzetto che lui ha scritto, l’altro componente avrà il ruolo di paziente e il giocatore osserverà il processo;
  • nel secondo, il giocatore stesso impersonerà il proprio bozzetto e i componenti del G.A. svolgeranno il ruolo di paziente e osservatore.
Verificare la validità predittiva dei costrutti.

Costruzione di ruolo.

 

Tab. 4 – Fase dell’incontro

 

4.6 Validazione-invalidazione

Questa fase mira a verificare se le costruzioni alternative sono state validate o invalidate e se il cambiamento è percorribile all’interno del sistema di significati di ogni partecipante. Il conduttore propone un processo di restringimento sui risultati dell’esperimento in modo che per i partecipanti sia possibile comprendere:

  • se per loro queste costruzioni sono elaborative, cioè utili per anticipare gli eventi;
  • in che modo le loro costruzioni alternative sono simili e diverse dalle anticipazioni di partenza.

A questo scopo possono essere utilizzati quegli strumenti che canalizzano un processo di restringimento, come tabelle, modelli grafici, domande-guida. La discussione in sottogruppi o in grande gruppo facilita poi un’esperienza di scambio e condivisione.

 

Consegne Scelta professionale
1 Ogni giocatore rifletterà insieme al G.A. sull’esperienza appena fatta, focalizzando l’attenzione sulla validazione-invalidazione delle anticipazioni messe in gioco. Le seguenti domande aiuteranno ad affrontare questa tappa:

  • come è stato per te impersonare il bozzetto?
  • cosa ti è risultato più facile e cosa più difficile?
  • quali aspetti di continuità il bozzetto possiede con le tue metafore di partenza?
  • quali sono invece gli aspetti di discontinuità?
Verificare la validità predittiva dei costrutti.

Costruzione di ruolo.

 

Tab. 5 – Fase della validazione/invalidazione

 

4.7 Revisione

La fase della revisione è sia un momento di chiusura dell’esperienza sia un punto di partenza per il futuro, un passaggio tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere. E’ quindi importante che il conduttore inviti a rileggere l’intero percorso affinché i partecipanti decidano cosa portarsi a casa e cosa lasciare nel gruppo. La finalità è quella di aiutarli a dare senso al cambiamento sperimentato e ad individuare alcune nuove possibili direzioni da percorrere al di fuori del Bipoli.

A tale scopo possono essere utilizzate le immagini (scelte da ogni partecipante e regalate reciprocamente), la tecnica del fiume della vita, l’attività del cosa butto nel cestino e cosa metto in valigia.

 

Consegne Scelta professionale
1 Ogni giocatore sceglierà tra una serie di immagini quella che rappresenta ai suoi occhi l’essere psicoterapeuta alla luce dell’esperienza fatta. I componenti del G.A. sceglieranno invece un’immagine che rappresenta il percorso fatto dal giocatore. Ciclo della creatività: processo di allentamento
2 Le immagini verranno poi condivise in grande gruppo. In particolare ogni giocatore focalizzerà cosa si porta a casa da questa esperienza e cosa lascia.

Il G.A. darà un proprio feedback al giocatore sull’esperienza fatta insieme a lui.

Chiusura del ciclo della creatività: processo di restringimento

 

Tab. 6 – Fase della revisione

 

5. Finalità specifiche del Bipoli

L’applicazione del Bipoli risponde ad una domanda semplice e diretta: in quali campi è utile proporre e favorire un cambiamento? Cercando di rispondere a questa domanda abbiamo individuato tre principali campi applicativi, ognuno dei quali chiama in gioco il cambiamento con finalità diverse:

  1. la formazione, in quanto contesto di apprendimento su alcune tematiche specifiche, come ad esempio la disabilità, la relazione educativa, il team-building, la genitorialità e la gestione del conflitto. In questo campo l’utilizzo del Bipoli permette ad ogni persona di apprendere dei contenuti facendone personale esperienza, invece di interiorizzare una visione astratta e teorica che rischia di rimanere estranea e poco concretizzabile;
  2. la clinica, intesa come processo volto ad aiutare le persone a sperimentare un cambiamento di ciò che risulta problematico per loro. In questo campo il Bipoli può essere utilizzato nella terapia individuale e di gruppo in modo simile alla Terapia del Ruolo Stabilito. Inoltre può essere utilizzato come strumento per la supervisione di gruppo, nella misura in cui ogni terapeuta mette in campo e lavora sulle proprie costruzioni del paziente e della terapia;
  3. la ricerca, intesa nell’approccio costruttivista come processo attraverso cui lo psicologo costruisce i processi di conoscenza, e potenzialmente di cambiamento, di un campione di persone rispetto a temi specifici. In particolare il Bipoli può essere utile per esplorare in modo articolato e approfondito come le costruzioni cambiano e quali processi favoriscono il cambiamento stesso.

6. Applicazione

In questo paragrafo approfondiremo le scelte professionali che è importante compiere per applicare e condurre questa tecnica, evidenziando sia le premesse che il professionista non deve perdere di vista (scelta del tema e immaginazione del cambiamento), sia le loro implicazioni sul piano pratico (modi, tempi e ruoli).

 

6.1 Scelta del tema

Decidere su quale tema lavorare rappresenta un passaggio delicato poiché il modo in cui esso viene definito e proposto al gruppo canalizzerà alcune possibilità di esperienza e ne escluderà altre. Esso dipende inoltre dalle finalità che ci prefiggiamo, siano esse cliniche, formative o di ricerca. In ogni caso sarà importante formulare la domanda di partenza in modo da circoscrivere un campo di esperienza chiaro e non eccessivamente dilatato, al contempo costruibile da tutti i partecipanti e aperto a nuovi possibili punti di vista.

 

6.2 Immaginare il cambiamento

Progettare il Bipoli chiede al professionista di cimentarsi in un compito che nella nostra esperienza, fin dall’inizio, è stato tanto stimolante e appassionante quanto arduo e faticoso: immaginare il cambiamento. Possiamo intendere questo processo come “un atto di creazione in cui si osa e in cui il creatore abbandona quelle difese dietro alle quali si nasconde quando il suo agire è messo in discussione o i suoi esperimenti sono invalidati” (Kelly, 1955, p. 601). Immaginare il cambiamento è una sfida che chiede l’audacia di “fare scommesse che possano essere riscosse nel futuro immediato, la disponibilità a testare le proprie ipotesi incoraggiando il cliente a fare lo stesso” (ibidem, p. 604).

In questa sfida riteniamo che il professionista possa incorrere nel duplice rischio:

  • o di proporre impulsivamente al cliente un processo che per lui non ha senso o che addirittura può essere molto minaccioso;
  • o di progettare un cambiamento in modo rigido cercando illusoriamente di controllare i movimenti di ogni partecipante.

 

Come si noterà in entrambi i casi viene escluso il punto di vista del cliente, il che implica ostacolare la possibilità per lui di cambiare.

Per andare oltre l’impulsività e il controllo, Kelly (ibidem) suggerisce di anticipare il più possibile il punto di vista del cliente avendo cura di formulare le proprie costruzioni in ipotesi percorribili in modo da avere una chiara idea di ciò che sta testando. Nel Bipoli queste ipotesi riguardano le anticipazioni che il professionista compie verso le possibilità di cambiamento di ogni partecipante al gruppo. Tre domande specifiche possono essere utili a tal fine:

  • quali esperienze consentono ad ogni partecipante di mettere in campo le sue costruzioni?
  • quali possono favorire un cambiamento delle sue anticipazioni salvaguardando al contempo il suo benessere?
  • come accogliere e gestire nel gruppo gli esperimenti singoli di ogni partecipante?

 

La suddivisione in otto livelli che Kelly (1977a, p. 361-362) utilizza per descrivere come un sistema cambia ci sembra una bussola utile per governare il cambiamento, piuttosto che controllarlo o lasciarlo al caso. I livelli che a nostro avviso possiamo proporre attraverso il Bipoli e sulla base dei quali andranno strutturate le attività sono i seguenti:

  • aumentare il livello di consapevolezza cognitiva: fin dalla fase delle anticipazioni, l’esplorazione delle proprie costruzioni, attraverso attività creative di gruppo e i feedback ricevuti dagli altri partecipanti e dai conduttori, può consentire ad ogni persona di prendere consapevolezza di come costruisce quel determinato evento;
  • aumentare o ridurre il campo di pertinenza di un costrutto: nella fase dell’investimento e dell’incontro, i partecipanti esplorano prima e testano poi se un costrutto permette di anticipare o meno gli eventi in diversi ambiti o ruoli della loro vita. Questo livello di cambiamento entra in gioco ad esempio nell’attività dell’ellisse e nell’attività del vendo e compro un costrutto;
  • ruotare gli assi di riferimento di un costrutto: nella fase dell’investimento le attività mirano a proporre ai partecipanti delle dimensioni ortogonali che consentano loro di ruotare gli assi di riferimento delle costruzioni emerse nella fase dell’anticipazione. Questo livello viene proposto ad esempio attraverso l’incarnazione di un bozzetto tramite role-playing;
  • verificare la validità predittiva dei costrutti: nella fase dell’incontro e in quella della validazione/invalidazione, i partecipanti possono incarnare le alternative emerse e valutare quanto siano percorribili, in particolare quanto le discontinuità rispetto alle anticipazioni di partenza abbiano una validità predittiva all’interno del loro sistema.

 

6.3 Modi, tempi e ruoli

Parlando delle modalità pratiche di applicazione del Bipoli, è necessario considerare che esso mira ad accelerare il cambiamento in modo idiografico rispetto alle costruzioni di tutti i partecipanti. In base a questo riteniamo che l’utilità, intesa come ciò che favorisce un’esperienza di cambiamento, sia il criterio-guida per la scelta di tali aspetti.

In merito al numero dei partecipanti va considerato che il Bipoli si rivolge a piccoli gruppi, quindi a contesti che non superano le 20 persone. Rispetto all’organizzazione del tempo e degli incontri, è importante fornire ai partecipanti il tempo necessario per fare esperienza in modo fluido e continuativo. In base alle esperienze finora svolte abbiamo riscontrato che:

  • 4 ore permettono di affrontare tutte le fasi del ciclo se l’elaborazione di ogni tappa avviene attraverso un lavoro a coppie o in sottogruppi e non attraverso lo scambio in grande gruppo, che invece richiede più tempo;
  • 6 ore aprono maggiori possibilità di esperienza in quanto consentono di dedicare ad ogni tappa un tempo ragionevole di elaborazione sia in sottogruppi che in grande gruppo, a seconda di quale modalità si ritiene più utile;
  • 8 ore consentono di portare a termine il ciclo dando il tempo per inserire alcuni elementi formativi, svolgere attività più complesse e articolate, proporre un maggiore spazio di elaborazione rispetto al sistema di costrutti di ogni partecipante.

 

Il Bipoli può essere applicato sia in unico incontro sia in un ciclo di incontri. In quest’ultimo caso sarà cura del professionista progettare i vari incontri in modo da iniziare e portare a termine esperienze circoscritte ma collocabili all’interno di un ciclo dell’esperienza più ampio. Ad esempio si potrà pianificare un primo incontro in cui si proporranno l’accoglienza e la fase dell’anticipazione, un secondo per le fasi dell’investimento e dell’incontro, un terzo per la validazione/invalidazione e la revisione.

Le sperimentazioni del Bipoli finora svolte hanno messo in luce alcune variabili specifiche che possono guidare il professionista nel definire i ruoli da proporre:

  • i ruoli possono essere inventati considerando il tema scelto, cioè le costruzioni e le esperienze su cui si intende lavorare. Ad esempio, nel protocollo sopra descritto, abbiamo ipotizzato che l’inserimento del gruppo attivo avrebbe permesso di sperimentare direttamente il tema della formazione, la relazione di aiuto;
  • il tempo che abbiamo a disposizione, insieme al numero dei partecipanti, influenzano la scelta delle tipologie di esperienza che sono praticabili. Sempre nel protocollo in questione, proporre i ruoli di giocatore e gruppo attivo ha consentito a tutti i partecipanti di sperimentarsi all’interno delle 6 ore previste e con un gruppo di 20 persone;
  • lavorare con un gruppo già formato, magari strutturato al suo interno, o all’opposto lavorare con un gruppo di nuova formazione e circoscritto nel tempo, costituiscono una variabile significativa nell’applicazione del Bipoli. Nel primo caso potrebbe essere il conduttore stesso ad assegnare dei ruoli specifici in modo da favorire alcuni esperimenti (ad esempio il ruolo di gruppo attivo ad un partecipante che si è definito solitario). Nel secondo caso è invece preferibile lasciare un’ampia possibilità di decisione su quale forma di partecipazione adottare.

 

In generale riteniamo fondamentale che ogni partecipante mantenga il ruolo scelto per tutta la durata del Bipoli poiché un suo cambiamento in itinere potrebbe impedire di portare a conclusione il ciclo dell’esperienza intrapreso.

 

7. Valutazione della tecnica

In questi anni di progettazione il Bipoli è stato applicato in cinque contesti di formazione:

  • un gruppo di 19 specializzandi in psicoterapia al secondo anno;
  • un gruppo di 20 specializzandi in psicoterapia al primo anno;
  • un gruppo di 7 educatori iscritti ad un corso di formazione su tecniche comunicative nell’ambito della disabilità;
  • un workshop condotto con 16 persone all’interno delle Conversazioni Costruttiviste proposte dall’Institute Constructivist Psychology di Padova;
  • un workshop proposto al 10° Convegno dell’European Personal Construct Association tenuto a Belgrado nel 2010.

 

In queste occasioni abbiamo raccolto alcuni feedback dei partecipanti sia attraverso una discussione finale di gruppo sia attraverso un questionario costruito ad hoc (appendice C). Le dimensioni di significato emerse ci hanno permesso di compiere un’iniziale valutazione della tecnica, validando o invalidando le ipotesi che come ideatori e conduttori abbiamo formulato nel metterla a punto ed applicarla. Le nostre anticipazioni iniziali possono essere riassunte attraverso le seguenti domande:

  • come può essere vissuto il Bipoli dai partecipanti?
  • favorisce un cambiamento? Se sì, come?
  • quali sono le forme di partecipazione che le persone adottano in gruppo?
  • come vengono costruite le varie tappe?
  • quali aspetti facilitano e quali ostacolano il processo?

 

I feedback raccolti hanno permesso di individuare alcuni interessanti punti di forza e di criticità della tecnica. In merito ai primi è emerso che:

  • il Bipoli è stato vissuto come un contesto di socialità perturbativo in cui è stata centrale l’esperienza di comprensione e accettazione verso le costruzioni proprie ed altrui, un’esperienza non sempre comune nella vita quotidiana e che costituisce la base del cambiamento;
  • i partecipanti si sono sentiti dei soggetti attivi e in movimento, capaci di dare senso al loro mondo e alle loro scelte;
  • la tecnica ha permesso di accedere in modo veloce a costruzioni significative, metterne in luce sfaccettature non sempre esplicite e sperimentare anche costruzioni preverbali (Kelly, 1955);
  • per molti è stato un contesto protetto in cui inventare delle alternative e valutare la loro percorribilità prima di confrontarsi con nuovi esperimenti nella vita quotidiana;
  • ha consentito di creare un clima di scambio e condivisione in un gruppo appena formato.

 

Le aree di criticità emerse riguardano:

  • il tempo a disposizione per ogni attività che per alcuni partecipanti è stato a volte breve ed incalzante, per altri troppo lungo e discontinuo. Ne risulta che è sicuramente una sfida per i conduttori rendere il processo il più fluido possibile e coordinare i tempi di ogni partecipante all’interno di una struttura che prevede fasi distinte e in successione, tutte necessarie;
  • la molteplicità dei ruoli e dei punti di vista in campo che rischiano di rendere alcuni passaggi dispersivi e complessi. I numerosi processi che danno vita al Bipoli aumentano la possibilità che alcuni partecipanti sentano di non poter procedere al loro ritmo o che, al contrario, le esperienze in gruppo si frammentino.

 

Rispetto alla conduzione, abbiamo riscontrato la necessità di porre attenzione a tre momenti del ciclo dell’esperienza:

  • nella fase dell’anticipazione è importante creare un contenitore capace di accogliere tutti i partecipanti con le loro diverse costruzioni;
  • nell’investimento risulta delicato immaginare quelle alternative che possono essere percorribili dalla singola persona;
  • nella validazione/invalidazione è complesso facilitare l’integrazione tra il cambiamento esperito e la continuità del sistema personale di ognuno.

 

8. Conclusioni

La domanda con la quale siamo partiti, come si partecipa in modo costruttivista?, ci ha accompagnati in un lungo viaggio alla ricerca di una risposta soddisfacente. Dal Bipoli pensato come gioco siamo giunti alla messa a punto di una tecnica fino ad approdare, oggi, alla pubblicazione di questo articolo. Durante questo viaggio sono tante le risposte che abbiamo abbracciato, lasciato e trasformato, ma l’esperienza ci ha portati a rivisitare più la domanda in sé, che a definire una risposta. Ciò che è cambiato è il nostro modo di costruire la partecipazione: come possiamo chiedere agli altri di partecipare se non consideriamo innanzitutto la nostra partecipazione?

In quest’ottica, partendo dal presupposto che il Bipoli è un continuo work in progress, abbiamo ritenuto necessario condividere le linee guida che permettano ad altri professionisti di proporlo e sperimentarlo. Pensiamo che la condivisione di questa tecnica sia una possibilità di crescita per la stessa e in questa direzione riteniamo fondamentale favorire il più possibile lo scambio e il confronto delle esperienze di utilizzo del Bipoli. Rimaniamo quindi disponibili a chi volesse contattarci in futuro, con la curiosità di inventare nuovi modi di costruire la partecipazione.

 

Bibliografia

Armezzani, M., Grimaldi, F., & Pezzullo, L. (2003). Tecniche costruttiviste per la diagnosi psicologica. Milano: McGraw-Hill.

Axline, V. (1969). Play therapy. Boston: Houghton Mifflin.

Bannister, D., & Fransella, F. (1986). L’uomo ricercatore. Firenze: Martinelli.

Carroll, L. (1995). Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio. Roma: Biblioteca Economica Newton.

Epting, F. (1990). Psicoterapia dei costrutti personali. Firenze: Martinelli.

Hinkle, D. (1965). The change of personal constructs from the viewpoint of theory of construct implications. (Unpublished doctoral dissertation). The Ohio State University, Columbus, OH.

Kelly, G. A. (1955). The psychology of personal constructs, Vols. I e II. New York: W. W. Norton.

Kelly, G. A. (1977a). Personal construct theory and the psychotherapeutic interview. Cognitive Therapy and Research, 1 (4), 355-362.

Kelly, G. A. (1977b). The psychology of the unknown. In D. Bannister (Ed.), New Perspectives in Personal Construct Theory. London and New York: Academic Press.

Landreth, G. (2012). Play Therapy (third ed.). New York: Routledge.

Mair, M. (1977). The community of self. In D. Bannister (Ed.), New perspectives in personal construct theory (pp. 125-149). London: Academic Press.

Sandi, F., & Fiorin, L. (2012). How do people change? In M. Giliberto, C. dell’Aversano, & F. Velicogna (Eds.), PCP and Constructivism: ways of working, learning and living. Firenze: Libri Liberi.

Spaltro, E., & Righi, U. (1993). Giochi psicologici. Milano: Celuc Libri.

Stojnov, D., & Procter, H. (2012). Spying on the Self: Reflective Elaborations in Personal & Relational Psychology. In M. Giliberto, C. dell’Aversano, & F. Velicogna (Eds.), PCP and Constructivism: Ways of working, learning and living (pp. 9-23). Firenze: Libri Liberi.

Von Glasersfeld, E. (2008). Introduzione al costruttivismo radicale. In P. Watzlawick (Ed.), La realtà inventata. Milano: Giangiacomo Feltrinelli Editore.

Woltmann, A. (1964). Concepts of play therapy techiniques. In M. Haworth (Ed.), Child psychotherapy: practice and theory (pp. 20-32). New York: Basic Books.

 

Note sugli autori

 

Gabriele Bendinelli

Institute of Constructivist Psychology, Padova

gabriele.bendinelli@gmail.com

Psicologo e Psicoterapeuta, lavora come consulente nell’ambito delle adozioni internazionali attraverso attività di formazione, valutazione e sostegno rivolte a bambini adottati, coppie candidate e famiglie adottive lungo il loro ciclo di vita. Come libero professionista si occupa in particolare di bambini, adolescenti e famiglie attraverso percorsi terapeutici e di parental training.

 

Silvia Colombo

Institute of Constructivist Psychology, Padova

silvia.colombo@hotmail.it

Psicologa e Psicoterapeuta, esperta in Tecniche di Comunicazione Aumentativa Alternativa presso il Servizio di Neuropsichiatria Infantile ULSS 8 con attività di valutazione e sostegno nell’area della disabilità.

Opera come libera professionista con bambini, adolescenti ed adulti in percorsi individuali, di coppia e famiglia. Formatrice e Supervisionatrice di operatori e insegnanti riguardo all’inserimento e al percorso cognitivo-comunicativo di persone con disabilità. Formatrice con attività di team-building e leadership-training in ambito aziendale.

 

Claudia Stefani

Institute of Constructivist Psychology, Padova

claudia_stefani@hotmail.com

Psicologa esperta nell’ambito dell’adolescenza e dell’infanzia in contesti multiculturali e in progetti di contrasto alla violenza su donne e minori. Coordina attività didattiche all’interno di un Parco etnografico. Formatrice di educatori e operatori in diversi contesti educativi. Opera inoltre come formatrice teatrale nell’ambito del disagio psicologico e sociale in progetti che mirano a una migliore gestione dei conflitti relazionali.

 

APPENDICE A

 

DOMANDE PERTURBATRICI

Il partecipante risponderà alle domande mettendosi nei panni della propria metafora.

Come

si comporta quando deve fare una scelta in ambito lavorativo?

Cosa invece non farebbe mai?

Bipoli

Come

si comporta quando deve fare una scelta in ambito sentimentale?

Cosa invece non farebbe mai?

 

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Qual è

la sua frase tipica?

Cosa invece non vorrebbe

mai voler dire?

Come

si comporta quando deve fare una scelta in ambito familiare?

Cosa invece non farebbe mai?

Come

si comporta di fronte ad una difficoltà?

Cosa invece non farebbe mai?

 

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Cosa si aspetta

che gli altri pensino di lei?

Cosa invece gli altri non penserebbero mai di lei?

Quali sono le emozioni che prova più frequentemente? Quali invece quelle che non prova mai o raramente?

A cosa non rinuncerebbe mai questa metafora?

Di cosa invece farebbe volentieri a meno?

 

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Se qualcuno conoscesse per la prima volta questa metafora, cosa penserebbe?

Cosa fa

questa metafora quando gli altri fanno qualcosa che a lei non va bene?

Quali

progetti futuri ha questa metafora? Cosa invece vuole evitare per il prossimo futuro?

 

 

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Qual è

il motto di questa metafora?

Quali sono i bisogni di questa metafora?

Cosa sogna

questa metafora?

 

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Come comunica principalmente questa metafora? Quali canali non utilizza?

Come si sveglia

la mattina?

Come va a letto?

Come

si prepara ad un appuntamento importante?

 

 

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Cosa rende felice questa metafora? Cosa invece la fa soffrire?

Che rapporto ha questa metafora con il suo corpo?

Quali persone stima?

Quali non stima?

 

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A quali persone

si avvicina?

Da quali si allontana?

Come vive

la sua giornata?

Cosa riesce a fare da quando si sveglia?

Cosa invece non è riuscita a fare quando arriva alla sera?

Quali persone considera importanti?

A quali di queste si rivolgerebbe in caso di bisogno?

 

APPENDICE B

 

IL BOZZETTO DI ME COME PSICOTERAPEUTA

Prova a costruire il bozzetto di te come psicoterapeuta: in che modo puoi essere utile al paziente? Come ti comporti, cosa pensi e provi in questo ruolo? Quali aspetti del tuo costrutto sull’aiutare gli altri rientrano nella tua idea di terapeuta utile al paziente?

Ti proponiamo qui di seguito alcune domande specifiche che possono aiutarti nel costruire il bozzetto:

Come ti vesti come terapeuta? Come non ti vesti?

_____________________________________________________________________________________________

_____________________________________________________________________________________________

Quale posizione assumi? Quale no?

_____________________________________________________________________________________________

_____________________________________________________________________________________________

Quale tono di voce utilizzi? Quale non è per te appropriato?

_____________________________________________________________________________________________

_____________________________________________________________________________________________

Come ti poni verso ciò che il paziente ti dice? Quale comportamento per te non è utile?

_____________________________________________________________________________________________

_____________________________________________________________________________________________

Quali interventi fai? Quali scegli di non fare?

_____________________________________________________________________________________________

_____________________________________________________________________________________________

Quali emozioni provi? Quali emozioni non provi?

_____________________________________________________________________________________________

_____________________________________________________________________________________________

Su cosa rifletti? Cosa per te non è importante cogliere?

_____________________________________________________________________________________________

_____________________________________________________________________________________________

Come inizi il colloquio? Come lo termini?

_____________________________________________________________________________________________

_____________________________________________________________________________________________

 

APPENDICE C

 

QUESTIONARIO SULLA PARTECIPAZIONE AL BIPOLI

 

A) La partecipazione

1. Provate a descrivere tre caratteristiche della vostra partecipazione al Bipoli, individuando anche i loro rispettivi opposti:

__________________________________ _______________________________­­­___________________

__________________________________ VS _______________________________________________

__________________________________ _________________________________________________

2. Come avete vissuto l’esercitazione nel suo insieme?

___________________________________________________________________________________

___________________________________________________________________________________

___________________________________________________________________________________

3. Quale parte vi ha coinvolto maggiormente e perché? Quale in modo minore?

___________________________________________________________________________________

___________________________________________________________________________________

___________________________________________________________________________________

4. Cosa vi ha permesso di sperimentare questa tecnica?

____________________________________________________________________________________

____________________________________________________________________________________

____________________________________________________________________________________

5. Avete potuto sperimentare un cambiamento nelle vostre costruzioni? Se si, quale e cosa vi ha permesso di sperimentarlo?

____________________________________________________________________________________

____________________________________________________________________________________

____________________________________________________________________________________

6. Quale parte vi è sembrata più chiara e quale meno rispetto alla conduzione?

____________________________________________________________________________________

____________________________________________________________________________________

_____________________________________________________________________________________

 

 

B) La tecnica

1. Provate a descrivere tre caratteristiche della tecnica del Bipoli, individuando anche i loro rispettivi opposti:

__________________________________ _______________________________­­­_____

__________________________________ VS ____________________________________

__________________________________ ____________________________________

2. Secondo voi quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa tecnica?

______________________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________________

3. Cosa potrebbe essere implementato?

______________________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________________

4. Per cosa potrebbe essere utile adoperarla?

______________________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________________

5. Cosa ci trovate di costruttivista in questa tecnica e cosa no?

______________________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________________

______________________________________________________________________________________

6. Eventuali considerazioni:

_______________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________

 

Note

  1. Per un’introduzione esaustiva a questa teoria psicologica di stampo costruttivista, rimandiamo ai volumi di Epting (1990), Bannister e Fransella (1986) e Armezzani, Grimaldi e Pezzullo (2003).
  2. “La minaccia è la consapevolezza di un imminente e ampio cambiamento nelle strutture nucleari” (Kelly, 1955, p. 489).
  3. “La colpa è la consapevolezza della rimozione del sé dalla struttura nucleare di ruolo” (ibidem, p. 502).
  4. Secondo il corollario della scelta (ibidem, p. 64), “Una persona sceglie per sé quell’alternativa in un costrutto dicotomizzato per mezzo della quale anticipa la maggiore possibilità di elaborazione del suo sistema”.
  5. L’esempio verrà riportato all’interno di una tabella, successivamente alla spiegazione teorica di ogni fase.
  6. Nel paragrafo 6.2 verranno spiegati i livelli di cambiamento elaborati da Kelly ed applicabili nel Bipoli.
  7. Secondo il corollario della dicotomia (ibidem, p. 59), “Il sistema di costruzione di una persona è composto da un numero finito di costrutti dicotomici”.
  8. (Epting, 1990, p. 51).
  9. (ibidem, p. 54).