1. Introduzione[13]
Ogni ente pubblico italiano, con cadenza annuale, valuta le prestazioni dei propri dipendenti attraverso un processo che costituisce il principale “strumento attraverso il quale analizzare il contributo fornito dal singolo per il raggiungimento degli obiettivi specifici dell’organizzazione” (Rollo, 2012, p. 91). La performance può essere considerata l’insieme dei comportamenti che l’individuo adotta per raggiungere determinati obiettivi assegnati, utilizzando le abilità.
Tale contributo è misurato da due fattori: la percentuale di raggiungimento degli obiettivi assegnati e la qualità delle capacità e competenze esercitate sul posto di lavoro. La valutazione della performance mira ad allineare i comportamenti del personale alle aspettative dell’organizzazione, promuovendo i comportamenti desiderati attraverso incentivi economici e di carriera e disincentivando, di conseguenza, quelli indesiderati.
La valutazione è generalmente accettata all’interno delle organizzazioni pubbliche come un obbligo spiacevole ma necessario per distribuire salari sussidiari; un compito con molti problemi e pochi vantaggi; un investimento di tempo ed energie destinato soprattutto a creare risentimenti e delusioni. Tuttavia, con un mercato del lavoro sempre più complicato, è necessario proporre nuovi strumenti di gestione, elaborazioni più ampie e promuovere nuove relazioni tra gli attori del processo.
Secondo l’attuale normativa italiana[14], la valutazione del personale degli enti pubblici è effettuata in relazione a quattro aree di giudizio:
- a) gli indicatori di performance connessi allo svolgimento della propria attività;
- b) il raggiungimento degli obiettivi individuali;
- c) la qualità del proprio contributo, la competenza e i comportamenti richiesti;
- d) la capacità di valutare i propri collaboratori.
Il campo di pertinenza delle prime due aree è costituito da costrutti prevalentemente impermeabili (“un costrutto è impermeabile se non accetta al proprio interno elementi sulla base della loro novità” (Kelly, 1955)); mentre la terza e la quarta sono composti da costrutti comprensivi (“quelli che sussumono un’ampia varietà di eventi” (ibidem) e sono caratterizzati da permeabilità e proposizionalità; in altre parole, ammettono elementi percepiti in modo nuovo nei loro contesti e non hanno implicazioni per quanto riguarda l’appartenenza al dominio dei loro elementi (ibidem)). Queste caratteristiche favoriscono diverse possibilità di interpretazione degli eventi legati al costrutto di valutazione, ampliando il campo percettivo degli attori coinvolti (sia il valutatore che il valutato) in modo da riorganizzarlo a un livello caratterizzato il più possibile da comunanza: “nella misura in cui una persona impiega una costruzione dell’esperienza che è simile a quella impiegata da un’altra, i suoi processi psicologici sono simili a quelli dell’altra persona” (ibidem). Ciò consente l’ingresso di nuovi significati all’interno del costrutto.
In altre parole, nelle prime due aree troviamo costrutti stretti (“quelli che conducono a previsioni invariabili” (ibidem), delimitati da regole condivise secondo cui la valutazione dovrebbe applicarsi sulla base di parametri predefiniti (in genere, sul numero e importanza di progetti e programmi, risorse assegnate, rispetto delle scadenze e percentuale degli obiettivi raggiunti). Negli ultimi due è possibile identificare un focus di pertinenza condiviso (“il focus di pertinenza di un costrutto comprende gli aspetti particolari in cui la loro applicazione è massimamente utile” (ibidem)) tra il valutatore e il valutato, all’interno del quale co-costruire un sistema di valori comune: per fare questo il valutatore deve avere la capacità di leggere il sistema anche dal punto di vista di tutti gli altri attori, utilizzando gli strumenti giusti per svolgere al meglio tale attività.
2. Analisi del contesto
Per meglio comprendere i sistemi premianti del lavoro pubblico odierni è opportuno qualche cenno allo sviluppo storico dell’attività di valutazione.
2.1 Una breve storia della valutazione
In una prima fase, la valutazione si basa principalmente sulla misurazione delle prestazioni effettuata da esperti in possesso delle competenze tecniche necessarie per costruire e utilizzare strumenti adeguati: nel 1909 Alfred Binet, con il suo test del QI, fu il primo a misurare l’intelligenza attraverso il rapporto tra l’età mentale e quella cronologica; e Arthur Otis nel 1916 effettuò alcune prove per la selezione dei soldati dell’esercito degli Stati Uniti (Army Alpha e Army Beta).
Nella fase successiva, la misurazione diventa uno degli strumenti di valutazione, non più l’unico: nel 1939 Ralph Tyler (in Tjerandsen & Chall, 1987) introduce per la prima volta il termine “valutazione” associando i concetti di misura e test, fino ad allora utilizzati, a quello di obiettivi.
Con il passare degli anni, il valutatore inizia anche a formulare il proprio giudizio: nel 1976 Robert Stake è stato il primo autore a includere metodi qualitativi nel processo di valutazione, introducendo la valutazione preordinata (con obiettivi, test, standard e report di ricerca) e costrutti di valutazione reattiva (orientata alle attività del programma piuttosto che ai suoi obiettivi). Con Stake, la valutazione è più un servizio che un’analisi critica: un’attività che porta a un giudizio sia sul merito del dipendente che sul suo valore.
In tempi più recenti, è stata maggiormente elaborata la valutazione di quarta generazione, che sottolinea che i valutatori devono rapportarsi con un processo sociale in mutamento: il giudizio può essere formulato solo dopo aver osservato come il piano oggettivo affronta i problemi, averlo confrontato con simili situazioni e aver ascoltato le opinioni delle parti interessate.
Il passo in avanti è duplice: da un lato vengono evidenziati i punti di vista di tutti gli interlocutori coinvolti nel processo di valutazione; dall’altro si crea un contesto di dialogo e confronto sui risultati della valutazione. Non è quindi più un percorso lineare (da valutatore a valutato) ma circolare, con costante negoziazione del significato dell’azione.
2.2 A cosa si riferisce la letteratura
Da una rassegna della letteratura sull’argomento, emerge che la maggior parte dell’analisi in ambito valutativo riguarda la valutazione dei programmi di politica pubblica attraverso analisi costi-benefici e costi-efficacia, per verificare la capacità degli investimenti di generare benefici sociali superiori ai costi; o attività nel settore no profit per verificare il corretto utilizzo dei flussi finanziari. Gli approfondimenti riguardanti la valutazione del personale sono pochi, e per lo più basati su analisi tecnico-legali, principalmente all’interno del mondo accademico e della didattica. In termini di organizzazione aziendale e di gestione delle risorse umane, gli autori si sono soffermati sulla misurazione delle performance manageriali e sulle caratteristiche tecniche dei valutatori, i quali devono possedere diverse competenze, molto difficili da trovare in un unico soggetto: economico-finanziarie, legali, statistiche e informatiche.
2.3 Esperienza personale
Nel corso della mia carriera ho avuto l’opportunità di ricoprire tutti e tre i ruoli professionali coinvolti nel processo di valutazione: dipendente valutato, dirigente valutatore e membro di organi indipendenti previsti dalla legge per garantire la correttezza del processo di valutazione[15].
Questo mi ha permesso di capire che l’attività di valutazione è un problema per gli attori coinvolti: i valutati sono spesso insoddisfatti del punteggio ricevuto, mentre i valutatori considerano questo obbligo qualcosa di estraneo alla loro funzione dirigenziale. La conseguenza è che, ogni anno, alla consegna delle schede di valutazione, il personale valutato manifesta profonda insoddisfazione attraverso ricorsi, segnalazioni sulle procedure, richieste di accesso agli atti, assenze e malumore. La maggior parte dei valutatori, invece, consapevole di queste conseguenze, è propensa a minimizzare gli effetti negativi e ognuno di loro adotta quindi un proprio metro di valutazione spesso differente da quello utilizzato dai colleghi. Di conseguenza, comportamenti simili possono essere valutati in modi diversi, e ciò si può riflettere negativamente sui rapporti tra colleghi, tra cittadini e utenti, con i valutatori stessi e sulla qualità del lavoro.
Lo scopo di questo lavoro è analizzare tale problema e indagare, utilizzando l’approccio della Psicologia dei Costrutti Personali (PCP), i punti di vista del valutatore, tentando di incoraggiare il cambiamento attraverso un intervento di ricerca. Per procedere in tal modo, è necessario esaminare le criticità ricorrenti nei sistemi di valutazione odierni, identificare i costrutti da analizzare e proporre uno strumento adeguato a esplorare le dimensioni coinvolte.
Si tratta degli ‘Organismi di valutazione indipendenti’ e dei ‘Nuclei di valutazione’, ovvero organi esterni (monocratici o collegiali) tenuti per legge a garantire la correttezza dell’intero processo valutativo: sono nominati dal vertice delle istituzioni e rimangono in carica per tre anni. Tra le principali funzioni, propongono la valutazione dei dipendenti e certificano annualmente la correttezza del sistema.
3. Che cosa sta succedendo?
3.1 Il costrutto valutazione: più attenzione al processo, meno al risultato
Nello svolgere il proprio ruolo di valutatore, il funzionario tende spesso a concentrarsi sul processo. È probabile che al momento della valutazione la persona stia vivendo una paura in senso kelliano (“la consapevolezza di un imminente cambiamento incidentale nelle strutture nucleari” (Kelly, 1955)): le conseguenze dei punteggi assegnati ai propri dipendenti possono creare esiti imprevisti per i quali non si è attrezzati.
Pertanto, all’interno del costrutto attività di valutazione (assumendo che i due poli siano processo di valutazione vs persona valutata), spesso si considera il primo polo come quello più elaborativo. Siamo nell’ambito del corollario dell’organizzazione e guardiamo alla relazione ordinale tra i costrutti. Il funzionario, abituato al rispetto delle leggi e delle procedure, come focus di pertinenza nel suo sistema di costrutti, tenderà a posizionarsi verso il polo più impermeabile (“è impermeabile se rifiuta elementi sulla base della loro novità” (ibidem)) garantendo un alto livello di consapevolezza cognitiva; infatti, il polo persona valutata, oltre ad essere permeabile, porta anche a molte previsioni diverse. Quindi, l’ansia spesso può essere affrontata prestando attenzione alle regole del processo, piuttosto che alla persona, e concentrandosi sull’applicazione di tutti i passaggi formali evitando il rischio di adottare un approccio individuale al valutato. Secondo il corollario della scelta, “in un costrutto dicotomizzato le persone scelgono per sé quell’alternativa attraverso la quale anticipano la maggiore possibilità di sviluppare il proprio sistema” (ibidem).
3.2 Il costrutto del processo: più attenzione al risultato, meno al percorso
Nell’analizzare il processo di valutazione, il funzionario tende a valorizzare soprattutto il punteggio, operando una costrizione (“accade quando una persona limita il proprio campo percettivo per minimizzare le apparenti incompatibilità” (ibidem)) rispetto alla parte finale. Tuttavia, il processo di valutazione prevede diversi momenti intermedi di confronto valutatore-valutato: si può quindi ipotizzare che i due poli del costrutto processo di valutazione siano risultato finale (polo emergente per il valutatore) vs intero percorso di valutazione (polo sommerso, quello meno disponibile per l’applicazione agli eventi). Se il valutatore scegliesse di approfondire l’intero processo valutativo, riconoscerebbe che il valutato rappresenta non solo un punteggio da assegnare ma è anche il partner di un esperimento di conoscenza reciproca, portatore di un sistema di costrutti diverso da quello del valutatore e degli altri valutati. Quindi dovrebbe verificare se il valutato è una persona con cui poter avere una relazione di ruolo: secondo il corollario della socialità, “nella misura in cui una persona costruisce i processi di costruzione di un’altra, può svolgere un ruolo in un processo sociale che la coinvolge” (Kelly, 1955).
3.3 Il costrutto del punteggio: più attenzione al rapporto con il valutato, meno alla crescita dell’organizzazione
Nell’assegnazione del punteggio annuale, il valutatore sceglie spesso di evitare conflitti con il valutato e punta sulla sua convenienza: rende soddisfatto il personale assegnato, ma non pone le condizioni per evidenziare eventuali criticità all’interno dell’organizzazione. Pertanto, la definizione del punteggio sarà caratterizzata dall’utilità per il valutatore e non per l’organizzazione. Infatti, capita spesso che i manager assegnino valutazioni elevate al personale a fronte di una qualità dei servizi erogati non eccellente.
Un esempio di quanto sopra può essere fornito dai dati ARPAV (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Veneto) per l’anno 2016. Su poco più di 900 dipendenti dell’organizzazione, a seguito della valutazione, il 95,78% dei dirigenti ha ricevuto il più alto valore economico di incentivazione, mentre per i dipendenti la percentuale sale al 99,35%.
Nello stesso anno e nella stessa Agenzia è stata condotta un’indagine a campione sulla qualità dei servizi erogati: in questo caso il giudizio sull’operato dell’Agenzia, dato da un campione rappresentativo di imprese, istituzioni e cittadini riporta una valutazione positiva del 66,70% (“abbastanza soddisfatto” con il 39,36% e “molto soddisfatto” con il 27,34%).
Ciò evidenzia come il valutatore interno abbia scelto di puntare su una netta costrizione rispetto ai punteggi assegnati al personale, anche se l’utenza esterna ha espresso un giudizio più basso sulla qualità dei servizi erogati.
Poiché “in un costrutto dicotomizzato una persona sceglie per sé quell’alternativa con cui anticipa la maggiore possibilità di elaborazione del suo sistema” (ibidem), la direzione scelta dal valutatore sembra essere quella che offre maggiori vantaggi e preserva il suo rapporto personale con il valutato. Si può ipotizzare che i costrutti sovraordinati, che comprendono lo sviluppo dell’organizzazione, le potenzialità del valutato e il ruolo del valutatore, possano essere vissuti come una minaccia (ovvero “la consapevolezza di un imminente cambiamento globale nelle proprie strutture nucleari” (ibidem).
3.4 Le costruzioni di ogni attore
Una corretta applicazione del sistema di valutazione postula costruzioni con differenti focus di pertinenza per ciascun attore del processo. Le anticipazioni dell’organizzazione sono principalmente legate alle risorse umane come strumento per la crescita dell’organizzazione (promuovere uno stile di gestione orientato alla comunicazione, individuare punti di forza e aree di miglioramento, migliorare l’uso delle risorse, guidare percorsi di carriera e sviluppo individuale, fornire elementi di analisi per la costruzione delle attività formative, gestionali e organizzative). Per il valutatore, il sistema dovrebbe essere uno strumento per migliorare il proprio modo di guidare i collaboratori, programmare le loro attività, ridefinire gli obiettivi in caso di scostamenti dalla programmazione, motivare il personale e monitorare l’andamento della struttura assegnata. Infine, per i valutati, il sistema è funzionale all’ottenimento di aumenti salariali e incarichi e come guida nella propria attività lavorativa, offrendo opportunità di crescita professionale e uno strumento di monitoraggio costante delle competenze maturate con il lavoro.
4. Come gli strumenti costruttivisti possono aiutare a comprendere
Anche se i comportamenti del personale valutato possono essere meticolosamente descritti al fine di inserirli in uno schema per l’applicazione di coefficienti numerici, ogni valutatore leggerà la realtà attraverso le lenti dei suoi costrutti[16] e consentirà o meno l’ingresso di nuovi eventi, a seconda della permeabilità che assegna a ciascuno. Ad esempio, per un valutatore, il dipendente poco disponibile alle richieste di un utente potrebbe essere quello che, per motivi familiari, non può garantire una presenza costante; per un altro potrebbe essere un dipendente che investe più tempo nelle attività di back office che nell’assistenza agli utenti; per un altro ancora, potrebbe essere qualcuno che è molto bravo con i clienti ma non molto efficace nell’affrontare le loro richieste; e così via.
Ma «la qualità del suo contributo, le capacità dimostrate, i comportamenti richiesti, la capacità di valutare i propri collaboratori» difficilmente si misurano riducendo in pochi elementi i comportamenti osservabili, anche se alcuni sistemi di valutazione ci hanno provato[17].
Due strumenti costruttivisti possono fornire al valutatore l’opportunità di rivedere il proprio sistema di costrutti: in particolare, consentendogli di considerare altri possibili punti di vista. In primo luogo, cercare di comprendere all’interno del processo di valutazione i significati a cui il valutatore attribuisce maggiore importanza: ciò potrebbe essere ottenuto chiedendo al valutatore di presentare un’autocaratterizzazione.
Quindi, sulla base dell’analisi della narrazione, intervistare il valutatore stesso. Sarà poi possibile progettare e somministrare una griglia di repertorio “inserendo tra gli elementi quelli relativi alla pertinenza del valutatore e rappresentando una sfera di esperienza e di relazioni” (Armezzani, 2004), e costrutti che assumono rilevanza nel mondo del manager e che lo stesso aiuta a elicitare.
4.1 Autocaratterizzazione
L’autocaratterizzazione è uno strumento qualitativo ideato da Kelly per entrare in contatto con i costrutti del cliente; è utile per leggere la realtà che la persona ha costruito fino a quel momento, il suo modo di costruire se stessa e il mondo circostante. Attraverso questo strumento viene favorito il flusso dei pensieri del cliente, i suoi significati e il suo modo peculiare di descrivere gli eventi.
Lo scopo dell’autocaratterizzazione è invitare il valutatore a parlare di sé in modo sincero e veritiero, scrivendo e focalizzando il proprio incarico all’interno dell’organizzazione, descrivendo il proprio ruolo di manager valutatore, consentendo così alla persona di analizzare la sua prospettiva come origine dei significati che assegna al costrutto valutazione. Ciò che conta, allora, non è una presunta verità storica sull’attività svolta dal valutatore, ma l’interpretazione soggettiva che è in grado di offrire in un dato momento esaminando in prima persona gli effetti della sua attività.
L’autocaratterizzazione che segue è stata scritta da un manager di un ente pubblico con circa 800 dipendenti: gli è stato chiesto di scrivere in terza persona come vede il suo ruolo di valutatore.
“Patrick oggi è un esperto valutatore ed è un dirigente da circa 15 anni. Non è troppo influenzato dalle persone e dalle circostanze, tuttavia cerca di essere attento alle particolari condizioni personali dei valutati: i luoghi di lavoro e le relative procedure non sono isole lontane, distaccate e avulse dall’intero contesto della vita reale. Ritiene essenziale il confronto e il contatto con i propri collaboratori anche se, a volte, risulta davvero difficile. Crede fermamente nel lavoro di squadra e cerca, anche attraverso il meccanismo di valutazione, di favorire in ogni modo il colloquio e il confronto costruttivo all’interno del gruppo di lavoro mantenendo sempre la propria leadership”.
Questo strumento mira a stabilire una relazione con il cliente e si basa su un atteggiamento di accettazione di quanto scritto (approccio credulo (Kelly, 1955, p. 320)). Per analizzare la narrazione, Kelly individua alcune tecniche, come l’osservazione di sequenze di contenuti, i passaggi da un argomento all’altro, l’osservazione dell’organizzazione (ibidem, p. 331) o lo spostamento dell’accento (ibidem, pag. 333). Poi sottolinea l’importanza delle aree contestuali tratte dal protocollo, “quelle in cui il cliente vede abbastanza incertezza per rendere l’esplorazione interessante e abbastanza strutturata per renderla significativa” (ibidem, p. 334); l’analisi tematica, con la comprensione dei nessi causa-effetto; e infine l’analisi dimensionale, così da poter comprendere “le alternative dicotomizzate tra le quali il cliente deve scegliere continuamente e consecutivamente” (ibidem, p. 337).
Una volta completata l’autocaratterizzazione, il protocollo può essere analizzato sulla base delle indicazioni di Kelly. Individuando le sequenze e i passaggi da un tema all’altro emergono le dimensioni significative: la possibilità di essere condizionati nell’espressione della propria valutazione, l’incidenza della vita reale sul lavoro e la necessità di favorire il personale valido. La frase di apertura evidenzia come l’esperienza nel ruolo di valutatore sia considerata una dimensione di assoluto rilievo. Termini ricorrenti come “confronto”, “lavoro di squadra” e “lavoro di gruppo” sottolineano anche l’importanza della dimensione gruppale.
Dopo aver completato l’autocaratterizzazione, lo stesso manager valutatore è stato intervistato per approfondire le dimensioni di significato emerse: molti dei costrutti rilevati saranno poi utilizzati nella costruzione della griglia. La scelta dell’autocaratterizzazione per elicitare i costrutti per la griglia invece del più utilizzato metodo di elicitazione triadica si basa sull’idea che il lavoro di introspezione e autoriflessione svolto scrivendo di sé permetta al valutatore di identificare costrutti che potrebbero non emergere utilizzando gli elementi come base della ricerca. Ad esempio, il costrutto relativo all’ascoltare o meno le opinioni altrui nell’esprimere la valutazione, visti i punteggi che sono stati assegnati, sarebbe potuto non emergere.
4.2 Griglia di repertorio
Con questi dati è stato possibile costruire una griglia di repertorio. Sviluppata da Kelly nel 1955 con il nome di Role Construct Repertory Test e successivamente rivista e ampliata dai suoi studenti, è uno strumento che permette di comprendere il significato che la persona attribuisce alle aree principali entro le quali agisce e che il ricercatore intende approfondire. Il manager interpreta spesso i comportamenti del personale in molti modi (la propria esperienza, le aspettative dei singoli collaboratori o dell’organizzazione, la pace sociale, ecc.), ma non riflettendo abbastanza sull’ampia gamma di significati che questa attività ha per sé e per tutti gli attori coinvolti nel processo. Lo scopo dello strumento è identificare quali costrutti guidano il valutatore nella scelta dei punteggi da assegnare al proprio personale. Senza vincoli predefiniti, e aiutata dal ricercatore, la persona è libera di esprimere la propria visione del mondo utilizzando tre componenti:
– un insieme di elementi rappresentativi delle aree indagate: in questo caso, le diverse tipologie di attori coinvolti nel processo di valutazione. L’inserimento di elementi passati, futuri e ideali permette inoltre di verificare di volta in volta il movimento compiuto dal valutatore. In questo modo sarà possibile ottenere molte informazioni su come il valutatore costruisce e interpreta le proprie azioni all’interno del più ampio campo di pertinenza delle competenze manageriali. Attraverso l’intervista possono essere individuate anche ulteriori aree problematiche che non sono emerse con l’autocaratterizzazione;
– un insieme di costrutti che il valutatore utilizza per dare un senso al proprio sistema: in questo modo il valutatore sarà facilitato nel prendere coscienza delle dimensioni di cui si avvale per valutare i dipendenti. Può anche rendersi conto che – a volte – non usa tali elementi in modo consapevole. I costrutti che emergeranno dopo il colloquio saranno sottoposti al valutatore, che indicherà il polo preferito e il polo opposto, operando così il processo di differenziazione necessario per definire appieno i confini del costrutto;
– una scala di valutazione che consente all’intervistato di valutare ogni elemento su ogni costrutto: il valutatore posizionerà elementi e costrutti lungo una scala di valutazione da 1 a 7. Una scelta appropriata di queste componenti è molto importante poiché determina il tipo di informazioni che può essere ottenuta dalla persona indagata. Anche rilevare il polo sommerso è importante dal momento che aiuta a determinare il senso generale del costrutto.
Il risultato di questa attività è la griglia sottostante (fig. 1).
5. Breve analisi dei risultati
Prima di analizzare i risultati della griglia è necessario ricordare che stiamo per accedere alle dimensioni dei significati di un’altra persona. Occorre quindi stare attenti a non lasciarsi condizionare dai propri costrutti, sospendere il proprio modo di costruire ed essere completamente aperti all’esperienza dell’altro.
In via preliminare possiamo notare che la griglia di repertorio non rileva l’effetto alone (la valutazione del dipendente è condizionata da elementi diversi dal comportamento sul lavoro), gli effetti memoria (influenza di valutazioni precedenti) o l’influenza di bias (impatto sulla valutazione di stereotipi di genere, appartenenza sociale, personalità, religione, ecc.). Questi costrutti, solitamente riportati nella letteratura sulla valutazione e spesso considerati rilevanti in ambito di valutazione, non sono risultati rilevanti per il valutatore che è stato interpellato.
Analizzando i singoli costrutti, è possibile notare che tutti sono necessari al valutatore per interpretare il proprio ruolo. Tutti i costrutti emersi appaiono relativamente permeabili, cioè con un campo di pertinenza sufficientemente ampio, anche se appartengono a focus di pertinenza diversi: alcuni si riferiscono alle caratteristiche del valutatore, altri alle modalità con cui si esprime, altri all’oggetto di valutazione. Emerge così una visione del ruolo piuttosto ampia, che non è legata solo all’espressione del giudizio.
Nell’analisi della struttura intrapolare è interessante notare come spesso vi sia una dicotomia tra la dimensione più ampia della persona (come individuo, come comportamento, come prestazione nel suo interesse) e quella più ristretta del lavoratore.
Ciò costituisce evidentemente un elemento di grande importanza per il valutatore.
Tra i costrutti, la correlazione più intensa (che si caratterizza per la maggiore forza nel legame tra le variabili) è quella tra la libertà nell’esprimere la valutazione e l’attenzione alle azioni/relazioni del valutato. Quattro sono le dimensioni caratterizzate da un’elevata correlazione. Tra queste, la più prevedibile è tra il sé presente e il sé ideale, e la più inaspettata è tra il sé presente e l’io come valutato.
Ulteriori e più specifiche osservazioni possono essere effettuate analizzando i risultati con il programma Webgrid, in grado di fornire l’analisi della varianza, dei cluster e delle corrispondenze.
Tuttavia, se da un lato questo strumento può aiutare ogni manager a identificare le sue dimensioni di significato alla base del suo ruolo di valutatore, il limite principale sembra essere l’assenza di qualsiasi riferimento tra gli elementi e i costrutti, ma anche in relazione all’organizzazione in cui il valutatore e il valutato svolgono la loro attività.
6. Conclusioni
Come abbiamo visto, i sistemi di valutazione nel pubblico impiego in Italia tendono a proporre, attraverso l’espressione di un punteggio, una sorta di quadro utile a misurare il merito del personale e di conseguenza a orientare lo sviluppo della carriera. Tuttavia, la valutazione di elementi fluidi, come la qualità del contributo offerto all’organizzazione o le competenze dimostrate dai suoi attori, si scontra con il fatto che questa misurazione si basa su un sistema di valori non condiviso da tutti i valutatori: quindi capita spesso che ciascuno interpreti il ruolo di valutatore in modo diverso rispetto ai colleghi.
Gli strumenti analizzati aumentano l’autoriflessività del manager ma non lo supportano nel rapporto con gli altri attori del processo: da un lato, una maggiore consapevolezza delle dimensioni di significato porta il manager a riconoscere l’importanza dell’attività di valutazione sul suo personale e sull’organizzazione nel suo insieme. Dall’altro, restano però i problemi legati alle differenze individuali nell’espressione dei punteggi: lo stesso dipendente può essere valutato in modo molto diverso da due manager diversi anche dopo l’applicazione degli strumenti sopra indicati. Per avere un impatto positivo sull’intero ente pubblico, oltre che sul singolo compito di valutatore, le dimensioni di significato dovrebbero essere analizzate da un punto di vista comune a tutta l’organizzazione.
La maggior parte dei sistemi di valutazione esistenti basa le proprie premesse epistemologiche sullo sviluppo delle persone e non sulla distribuzione delle risorse economiche. Tuttavia, il rapporto di potere (e quindi di dipendenza) esistente tra valutatore e valutato e la necessità di misurare la qualità del proprio contributo rendono necessario spostare il focus di pertinenza dell’analisi su costrutti sovraordinati che siano comuni a valutatori e valutati.
Gli strumenti sopra descritti sono stati scelti per la loro flessibilità e per il fatto che il loro utilizzo congiunto
permette di approfondire progressivamente lo sguardo sul mondo del valutatore; sono inoltre in grado fornire un aiuto per chiarire i vincoli impliciti che influenzano il valutatore nella scelta dei punteggi da assegnare ai collaboratori.
Con questa consapevolezza il valutatore potrà dare una nuova lettura ai suoi processi di valutazione e inserire al loro interno nuovi elementi:
- a) una revisione dei suoi processi attraverso l’ampliamento del proprio campo percettivo;
- b) un’analisi delle proprie scelte precedenti, spesso caratterizzate da transizioni di ansia (consapevolezza che gli eventi che stiamo affrontando esulano per lo più dal campo di rilevanza del nostro sistema di costrutti) e, talvolta, ostilità (sforzo continuo per estorcere prove validazionali a favore di un tipo di previsione sociale già riconosciuta come un fallimento) e l’individuazione di nuovi elementi precedentemente sospesi;
- c) una maggiore consapevolezza dei costrutti nucleari che ciascun valutatore utilizza nell’espressione dei propri punteggi.
L’uso degli strumenti sopra citati può quindi aiutare il manager ampliando il suo campo percettivo e riducendo l’ansia e l’ostilità.
Bibliografia
Armezzani, M. (2004). L’autocaratterizzazione. In M. Armezzani, F. Grimaldi, & L. Pezzullo (Eds.), Tecniche costruttiviste per la diagnosi psicologica (pp. 199-244). Milano: McGraw-Hill.
Binet, A. (1909). Les idées modernes sur les enfants. Paris: Flammarion.
Buckingam, M. (2015). StandOut 2.0: Assess Your Strengths, Find Your Edge, Win at Work. Brighton, Massachusetts: Harvard Business Review Press.
Kelly, G. A. (1955). The psychology of personal constructs (vol. 1-2). New York, NY: Norton.
Rollo, E. (2012). Io, psicologo al lavoro. Padova: Upsel.
Stake, R. E. (1976). A theoretical statement of responsive evaluation. Studies in Educational Evaluation, 2(1), 19-22. doi:10.1016/0191-491X(76)90004-3
Tjerandsen, C., & Chall, M. (1987). Educating America: How Ralph W. Tyler taught America to teach. University of California: Greenwood Publishing Group.
Note sugli autori
Mauro Martinelli
Institute of Constructivist Psychology
mauromartinelli7262@gmail.com
Mauro Martinelli è membro di organismi e nuclei indipendenti di valutazione in amministrazioni pubbliche del Nord Est Italia. Dopo la laurea in Giurisprudenza conseguita presso l’Università di Firenze, ha lavorato come responsabile del personale all’interno di amministrazioni locali; una volta realizzato che in tale posizione non poteva fare molto contro la resistenza al cambiamento, si è laureato in Psicologia Sociale, del Lavoro e della Comunicazione presso l’Università di Padova e successivamente ha conseguito la specializzazione in Psicoterapia presso l’ICP (Institute of Constructivist Psychology). La sua seconda vita professionale lo ha portato a osare tanto quanto la prima lo aveva spinto a giocare in difesa. Come manager, consulente, valutatore e studente, Mauro ha vissuto molte vite prima di capire quale fosse quella più adatta. Attualmente si occupa di formazione in ambito di valutazione e assiste gli enti nella pianificazione e gestione delle procedure concorsuali, sia per la mappatura dei profili da selezionare, sia come psicologo all’interno delle commissioni di concorso.
Note
- 13. Ringraziamo gli editori della rivista Personal Construct Theory & Practice e l’autore per aver gentilmente concesso la traduzione dell’articolo. L’originale è disponibile al link: https://www.pcp-net.org/journal/pctp19/martinelli19.pdf. Martinelli, M. (2019). The evaluation of the individual performance of the public employee. A research design based on constructivist tools. Personal Construct Theory & Practice, 16, 100-110. ↑
- 14. Articolo 9, comma 1, D.Lgs. 150/2009: “La misurazione e valutazione della performance individuale dei dirigenti e del personale addetto alle unità organizzative è collegata: a) agli indicatori di performance relativi all’area organizzativa di responsabilità diretta, a cui è attribuito un peso prevalente nella valutazione complessiva; b) al raggiungimento di obiettivi individuali specifici; c) alla qualità del contributo assicurato per l’andamento generale della struttura, alle capacità professionali e manageriali dimostrate, nonché ai comportamenti organizzativi richiesti; d) alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata attraverso una significativa differenziazione dei giudizi”. ↑
- 15. Si tratta degli ‘Organismi di valutazione indipendenti’ e dei ‘Nuclei di valutazione’, ovvero organi esterni (monocratici o collegiali) tenuti per legge a garantire la correttezza dell’intero processo valutativo: sono nominati dal vertice delle istituzioni e rimangono in carica per tre anni. Tra le principali funzioni, propongono la valutazione dei dipendenti e certificano annualmente la correttezza del sistema. ↑
- 16. Secondo Marcus Buckingham (2015) la valutazione racconta molto di più del valutatore che del valutato: lo definisce un Idiosyncratic Rater Effect, e sottolinea come l’elemento guida di ogni valutatore non sia l’idea di valutare una persona, ma la definizione che il valutatore dà di azione valutativa. ↑
- 17. Riportiamo a titolo esemplificativo la definizione del parametro orientamento all’utente e attenzione all’immagine istituzionale dello IUAV (Università di Architettura di Venezia), che viene descritto come la capacità del dipendente di “agire in un servizio all’utenza, da prospettiva esterna e interna degli utenti, cercando di capire i loro bisogni”. Implica la necessità di informare adeguatamente l’utente nei tempi e nei modi più opportuni.Il comportamento osservabile nel dipendente può essere a) “inadeguato”: il dipendente si è rivelato poco disponibile nei confronti delle richieste degli utenti dei servizi della struttura gestita. Problemi evitabili sono emersi con una buona comunicazione; b) “minimo”: il dipendente coglie i bisogni informativi che gli vengono presentati e cerca di soddisfarli con le normali procedure; c) “adeguato”: il dipendente ha mostrato attenzione alle richieste degli utenti dei servizi della struttura gestita. Ha saputo soddisfare le richieste di informazioni anche sfruttando le nuove tecnologie; d) “eccellente”: il dipendente migliora la quantità e la qualità delle informazioni disponibili attraverso la struttura gestita. Svolge spesso il ruolo di coordinatore per soddisfare richieste complesse che coinvolgono anche altre strutture. ↑
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