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L’arte di ascoltare: intervista a Marianella Sclavi

The art of listening: interview with Marianella Sclavi

a cura di

Federica Cristaudo, Camilla Farinelli, Giulia Marcon e Claudia Scalise

Institute of Constructivist Psychology

Abstract

Keywords:
Ascolto attivo, humor, gestione conflitti, costruttivismo | active listening, humor, conflict management, constructivism.
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Marianella Sclavi, di formazione sociologica, è scrittrice ed esperta di “Arte di Ascoltare e Gestione Creativa dei Conflitti” e delle loro applicazioni nelle metodologie partecipative. Ha vissuto a New York dal 1984 al 1992, dove ha scritto due libri: “A una spanna da terra” e “La Signora va nel Bronx”, nei quali ha sperimentato e proposto una narrazione etnografica guidata da una “metodologia umoristica”. Ha insegnato Etnografia Urbana al Politecnico di Milano dal 1993 al 2008. Ha operato come consulente in diversi processi partecipativi e situazioni conflittuali. Nel 2008 ha fondato la società di consulenza sui processi partecipativi “Ascolto Attivo”, con sede a Milano. Dal 2005 collabora col Consensus Building Institute del MIT (Boston) e dal 2009 col Master in Conflict Resolution and Governance, Università di Amsterdam. In Italia è docente fin dalla fondazione (avvenuta nel 2002) del Corso di Specializzazione dello IUAV: “Azione locale partecipata e Dibattito Pubblico”, divenuto nel 2020 Master ProPart.

 

Marianella Sclavi is an expert in “The Art of Listening and Creative Management of Conflicts” and their applications in participatory methodologies. She is graduated in sociology. She lived in New York from 1984 to 1992, where she wrote two books: “A una spanna da terra” and “La signora va nel Bronx”, in which she experimented and she proposed an ethnographic narrative guided by “a humorous methodology”. She taught Urban Ethnography at the Politecnico in Milan from 1993 to 2008. She worked as a consultant in various participatory processes and the conflict situations. In 2008, she founded the consulting company on participatory processes “Active Listening”, based in Milan. Since 2005, she has collaborated with the Consensus Builing Institute of MIT (Boston) and since 2009 with the Master in Conflict Resolution and Governance, University of Amsterdam. In Italy, she has been a teacher since the foundation (in 2002) of the IUAV Specialization Course: “Participatory Local Action and Public Debate”, which in 2020 became a ProPart Master.

 

 

Buongiorno Marianella, grazie per aver accettato di partecipare a questa intervista. Nel suo libro Arte di ascoltare e mondi possibili cita spesso l’ascolto attivo, potrebbe spiegarci che cosa intende? In che modo è possibile costruire questo processo relazionale?

Ho sintetizzato nelle “sette regole dell’arte di ascoltare” cosa intendo per ascolto attivo.

Saper ascoltare implica resistere all’urgenza classificatoria, lasciar perdere l’illusione patriarcale che capire coincida col trinciare giudizi, diventare un’esploratrice di mondi possibili, che cerca di vedere ogni comportamento, ogni situazione, da più punti di vista possibili (come minimo tutti i punti di vista delle persone implicate) prima di ritenere di possederne una descrizione adeguata.

“Quello che vedi dipende dal tuo punto di vista. Se vuoi vedere il tuo punto di vista devi cambiare punto di vista” (regola n. 2) “Se vuoi capire quello che un altro sta dicendo devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a capire come e perché” (regola n. 3).

Il singolo tratto distintivo delle scuole e società “felici”, dove le persone si incontrano, lavorano e studiano volentieri e in modo fruttuoso, è la capacità di trasformare la diversità in risorsa. Si tratta di ambienti in cui diventa “normale” considerare la molteplicità dei punti di vista come occasione per costruire soluzioni creative di mutuo gradimento, invece che come occasione per costruire degli schieramenti ostili e contrapposti.

L’arte di ascoltare, ridotta ai suoi termini essenziali, riguarda la trasformazione delle pene e ansie connesse con le divergenze nella comunicazione e nella convivenza in opportunità di apprendimento e consapevolezza, in intelligenza collettiva. Questo richiede autoconsapevolezza emozionale. Le emozioni parlano un linguaggio relazionale. Ci avvertono di come il nostro corpo sta interpretando una situazione. Questa consapevolezza ci consente di chiederci: “in che altro modo si può interpretare?”

Vedo questa situazione come una lotta fra chi ha ragione e chi ha torto. Posso anche vederla in un altro modo? Da un gioco a somma zero a uno a somma positiva? L’autoconsapevolezza emozionale sgancia il senso della nostra autorevolezza interpretativa da una singola iniziale posizione e apre la porta alla esplorazione dei mondi possibili. Ovvero: noi non siamo le nostre emozioni, siamo il dialogo con le nostre emozioni.

Un’altra tematica sulla quale Lei offre tanti spunti di riflessione è la gestione creativa dei conflitti. In che senso “creativa”? Quali sono state le più grosse difficoltà che ha incontrato nella gestione dei conflitti?

Arte di ascoltare e gestione creativa dei conflitti sono due facce della stessa medaglia. Il primo passo di ogni gestione positiva delle divergenze, dei conflitti, è capire il punto di vista dell’altro. Questo implica il passaggio da un atteggiamento “io ho ragione tu hai torto” a uno in cui le divergenze aiutano a capire meglio il problema, e quindi l’assumere che nella divergenza siamo “problem solvers” e usiamo le divergenze per ridefinire il problema (problem setting), per capirlo in modo più approfondito, nella sua complessità. Quest’ultima richiede la moltiplicazione delle opzioni, una ricerca che è già collaborazione e dalla moltiplicazione delle opzioni nascono soluzioni inedite, che possono essere di mutuo gradimento.

Ci ha molto incuriosito quando ha parlato di humor, potrebbe spiegarci di cosa si tratta? Come può essere utile lo humor, oltre che nella vita quotidiana, anche in ambito psicologico? È qualcosa che si può insegnare e apprendere?

Faccio coincidere la mia maturità di ricercatrice con l’essere riuscita ad elaborare e a fare uso di una “metodologia umoristica”, cioè con l’aver mostrato che le dinamiche dell’humor sono preziose nella ricerca scientifica quanto nella vita quotidiana e in particolare in quella zona di intersezione fra le due, costituita dalla ricerca etnografica sul campo.

A metà degli anni ’80, un’indagine specifica di più di un anno sui rapporti fra umorismo e conoscenza mi ha portato a incontrare alcuni dei pensatori che sono divenuti da allora in poi i miei maestri, amici e principali alleati. Bateson, Bakhtin, Wittgenstein e Vygotsky: sono coloro che ho portato ad esempio nei “fogli umoristici” contenuti nel libro A una spanna da terra. Una giornata di scuola negli Stati Uniti e in Italia e i fondamenti di una metodologia umoristica[1]. Ma molti altri avrei potuto aggiungere allora e si sono aggiunti

in seguito, specialmente approfondendo le dinamiche dell’ascolto attivo e della soluzione creativa dei conflitti.

In sintesi: la principale differenza fra ascolto attivo e dinamiche dell’umorismo è che, mentre nella storiella umoristica la battuta è proposta dal narratore, nell’ascolto attivo è l’ascoltatore che attraverso la propria reazione, riconoscendo legittimità al punto di vista divergente dell’interlocutore, lo spiazza e apre per entrambi la strada della esplorazione di altri mondi possibili. Un’altra differenza è che nell’ascolto attivo l’obiettivo non è suscitare un clima di provvisoria allegra comunanza, ma creare contesti di mutuo apprendimento, di intelligenza collettiva, nei quali ognuno può contribuire alla moltiplicazione congiunta delle opzioni e dare il proprio contributo originale alla co-elaborazione di soluzioni inedite di reciproco gradimento. Il tono di fondo di un ambiente di intelligenza collettiva è costantemente, e non provvisoriamente, di allegra solidarietà e comunanza.

Entrambi, umorismo ed ascolto attivo, sono l’arte di trasformare “ferite e battiture” (per dirla con Amleto) in occasioni di accresciuta consapevolezza e conoscenza, ma è chiaro che il grado e qualità dell’autoconsapevolezza emozionale nell’ascolto attivo sono frutto di scelte consapevoli e di una maturazione umana che il primo non richiede. L’ascolto attivo (AA) è un processo complesso che inestricabilmente contiene al proprio interno auto-consapevolezza emozionale (AE) e gestione creativa dei conflitti (GCC). E viceversa: non esiste AE senza AA e GCC e non esiste GCC senza AA e AE. Ognuno dei poli di questo triangolo si compie tramite gli altri due. L’umorismo si limita, ma non è poco, a predisporre il terreno fertile nel quale l’ascolto attivo in quanto tale deve poi mettere radici.

Quali esperienze della sua vita, in particolare, l’hanno portata a strutturare il Suo approccio? Come si è avvicinata alla psicologia e poi al costruttivismo? Ha riscontrato dei parallelismi?

Una conversazione animata dall’umorismo era la principale nota distintiva del clima della mia famiglia. Un umorismo che non si occupava se non occasionalmente di barzellette, ed era invece sistematicamente presente nella comunicazione quotidiana concernente episodi sia della convivenza privata, che sociale e politica. Mio padre leggeva con gusto Candido, il settimanale umoristico, fondato nel 1945 a Milano da Giovanni Mosca e Giovannino Guareschi, un giornale di satira politica le cui vignette avevano come protagonisti dei personaggi che, mutatis mutandis, assomigliavano molto sia nel tratto di matita che nella apoditticità delle affermazioni alle attuali vignette di Altan. Si andava dalle vignette di Guareschi alle freddure sulle virtù casalinghe di mia madre, la quale era ben lieta di unirsi alle risate sulla propria goffaggine come improvvisata idraulica (“la prossima volta che devi aggiustare qualcosa avvisaci che predisponiamo la barella”) o anche cuoca. La sua “torta di pane”, da lei esaltata come un miracolo di economia in quanto fatta con gli avanzi di pane della settimana innestava il refrain “Vostra madre è economicissima, la sua torta di pane richiede solo…” e qui un elenco lunghissimo di ingredienti. “Davvero: zero! Non costa niente!” e così via, col tono falsamente innocente che prelude allo scoppio della risata collettiva. O le avventure di mio padre (sia come esploratore in Africa che nella vita quotidiana).

Ecco un esempio di storiella divenuta famosa: mio padre, a una cena diplomatica, si trova seduto a tavola con un gruppo di signore americane le quali tessono le lodi della cucina italiana. Per cortesia decide di fare a sua volta gli elogi di qualche portata della cucina statunitense ed esclama: “I love boiled mais spread with butter!!” Le signore, invece che compiaciute, reagiscono con sguardi allarmati e strilli di ribrezzo. Solo allora gli viene in mente che mais in inglese si dice corn e che la pronuncia mais corrisponde alla scritta mice, cioè topi. Aveva dichiarato di amare i topi lessi imburrati!! Chiarito l’equivoco, è scoppiata una sonora risata.

Così ridevano. Ed io a spiare quella loro prestigiosa capacità di trasformare la goffaggine in maestria, le brutte figure in episodi da sfoggiare, le situazioni angosciose in occasioni per sentire una nuova idea e un nuovo modo di vedere attraversare la mente come una piacevole scarica elettrica. Come questa specie di miracolo fosse possibile non avevo idea. Notavo quei lampi di divertimento che si accendevano negli occhi e l’unica cosa che capivo era che stavano tessendo un modo di sentirsi uniti, parte di un tutto particolarmente gradevole e accogliente. Stavano orchestrando dei legami sociali nei quali mi sentivo ancora (ma ero molto intenzionata a farne parte) una nota stonata.

Sul web si legge che è stata una degli esponenti di primo piano del Partito di Unità Proletaria e, dopo l’unificazione col gruppo de Il manifesto nel 1974, è entrata anche nel collettivo del Quotidiano. Che tipo di esperienza è stata “il far politica” nella sua vita? E l’eventuale confronto con essa nell’ambito professionale?

Se siamo consapevoli che la qualità della nostra vita dipende dal contesto più ampio, e che la nostra felicità è correlata positivamente con quella dei nostri “contemporanei”, ovvero che se gli altri sono infelici questo ci rende più poveri e sciocchi, non si può non fare politica. Sono d’accordo con Aristotele: l’homo sapiens è zoon politikon, è un essere eminentemente politico. Non a caso anche nella ricerca, il mio approccio è di “Azione ricerca”, con i valori e l’etica resi espliciti fin dall’inizio. (Su questo rimando all’articolo
“La trasformazione dei conflitti. Disciplina accademica sui generis e sapere della vita quotidiana pubblicato su Riflessioni Sistemiche n. 4, 2015).

Come è stato per Lei fare lezione a degli specializzandi costruttivisti? Cosa si aspettava da quell’incontro? Com’è andata e cosa si è portata a casa?

Nel libro A una spanna da terra ho messo un esempio che spiega la scelta di questo titolo. È la seguente: “un maestro Zen spiegava a un allievo: prima di studiare Zen le montagne sono montagne e i fiumi sono fiumi. Studiando Zen le montagne non sono più montagne e i fiumi non sono più fiumi. Imparato lo Zen le montagne ritornano montagne e i fiumi fiumi”. “Maestro!”, esclamò l’allievo, “ma allora non c’è alcuna differenza fra l’uomo ordinario e l’uomo illuminato!”. “Proprio così”, rispose il maestro. “Non c’è alcuna reale differenza. Solo che l’uomo illuminato si trova a una spanna da terra“.

Ecco, parlando con voi, sentivo che voi eravate in grado di capire questa storiella. E questo mi confortava.

Cosa vorrebbe chiedere a degli psicologi costruttivisti?

Di essere meno psicologi e più psicologi sociali e antropologi. Meno “disciplinati” e più trans-disciplinanti. Ovvero: il piacere di abbracciare un costruttivismo radicale. Ma mi pare siate ben avviati su questa strada!

La ringraziamo per il suo contributo e per la disponibilità!

 

 

Note sugli autori

 

Federica Cristaudo

Institute of Constructivist Psychology

cristaudo.federica@gmail.com

Psicologa e specializzanda in psicoterapia presso l’Institute of Constructivist Psychology di Padova. Si è laureata in Psicologia degli interventi clinici nei contesti sociali all’università Cattolica di Brescia e ha dedicato la tesi al benessere scolastico e metodo di studio. Svolge la pratica clinica, rivolta a bambini e adulti, in libera professione. Collabora con alcune realtà del territorio bresciano per le quali si occupa di difficoltà di apprendimento, disturbi specifici dell’apprendimento e metodo di studio. Supporta bambini e ragazzi nella scoperta degli strumenti compensativi più utili. Offre consulenze e formazioni rivolve a genitori e insegnanti.

 

Camilla Farinelli

Institute of Constructivist Psychology

camilla.farinelli@gmail.com

Psicologa e specializzanda presso l’Institute of Constructivist Psychology. Ha lavorato come educatrice in vari contesti comunitari per poi dedicarsi al mondo dell’istruzione in qualità di insegnante di sostegno.

 

Giulia Marcon

Institute of Constructivist Psychology

g.marcon@ordinepsicologiveneto.it

Psicologa e specializzanda in psicoterapia presso l’Institute of Constructivist Psychology di Padova. Si è laureata all’Università degli Studi di Padova e ha dedicato la tesi all’approccio dell’Open Dialogue applicato alla gestione delle crisi psichiatriche. Svolge percorsi psicologici in libera professione con adolescenti e adulti e collabora con alcune Cooperative nel territorio di Treviso come psicologa e come supervisore-formatrice.

 

Claudia Scalise

Institute of Constructivist Psychology

claudia.scalise13@gmail.com

Psicologa e specializzanda in psicoterapia presso l’Institute of Constructivist Psychology di Padova. Si è laureata a Firenze in Psicologia Clinica e della Salute e ha dedicato la tesi all’esplorazione dell’identità in chiave PCP. Si occupa di psicologia clinica con individui adulti e collabora con l’editore Giunti Psychometrics per lo sviluppo e la revisione di strumenti psicodiagnostici. Da alcuni anni approfondisce temi trasversali alla psicologia, quali la musica, l’uso consapevole della voce e il teatro. È appassionata di Improvvisazione teatrale, di cui sta esplorando le potenzialità applicative in ottica terapeutica.

  1. Prima e seconda edizione: Feltrinelli 1989/1994, in seguito pubblicato da Bruno Mondadori