“Si è tentato di delineare il ruolo dello psicoterapeuta e dei suoi approcci di base all’interno della posizione sistemica della psicologia dei costrutti personali” (Kelly, 1955, p. 685).
“Il cliente potrebbe voler scoprire se stesso senza assumersi alcuna responsabilità nel formulare le proprie idee in una forma comunicabile” (Kelly, 1955, p. 983).
C’è una curiosa contraddizione tra l’enfasi che la Psicologia dei Costrutti Personali pone sull’empatia, l’apertura a considerare l’esperienza un processo costruito e l’importanza di essere pronti a rivedere le proprie costruzioni alla luce dell’invalidazione, e la quasi totale trascuratezza nei confronti di un tema come quello del genere. In tutto il testo di base (Kelly, 1955), così come negli scritti successivi, Kelly (1996; Maher, 1969) continua a utilizzare la terza persona maschile singolare quando si riferisce al “terapeuta” o al “cliente”. Quando discute di ruoli sessuali (Kelly, 1955, pp. 930-931), riporta le difficoltà di un cliente, maschio, nel risolvere dei conflitti radicati nell’infanzia e la sua resistenza ad allentare i propri costrutti. Successivamente, gli studenti di Kelly si sono occupati delle differenze tra i generi soltanto in relativamente poche ricerche. Tra i risultati emerge come, nel costruire le persone, le ragazze utilizzino costrutti più psicologici mentre i ragazzi costrutti più descrittivi; in relazione, invece, agli oggetti, le ragazze sembrano prediligere costrutti più complessi (Little, 1969). Rispetto agli uomini, le donne sembrano differenziare meno tra gli elementi, sono più capaci di dare un significato sociale e di costruire le situazioni in modo più globale (Landfield, 1971). Con conclusioni simili, alcune ricerche hanno trovato che
le donne interpretavano le professioni in modo più integrato rispetto agli uomini (Bodden, 1970; Harren, Koss, Tionsley & Moreland, 1979; Neimeyer & Metzler, 1987).
Possiamo trovare riferimenti solo indiretti al tema genere nella ricerca che si occupa della risoluzione di problemi nel counseling. Significativo, per esempio, che i risultati dell’applicazione del Grid Test di Bannister-Fransella (1967) per il Pensiero Schizofrenico non potessero essere spiegati in termini di differenze sessuali o di età, intelligenza, o per quanto riguarda la maggior parte dei fattori di personalità (Kear-Colwell, 1973; Poole, 1976; Stefan & Molloy, 1982). Nella terapia sessuale, i counselor sembrano analizzare il Rep Test nello stesso modo per entrambi i partner. Su un’altra linea troviamo invece alcuni analisti impegnati ad implementare gli strumenti PCP, i quali tengono pienamente in considerazione le costruzioni delle donne (Bannister & Bott, 1973; Procter, 1996; Winter, 1988).
Alcune ricerche, infatti, si concentrano proprio sull’esplorazione del punto di vista femminile. Nel tentativo di spiegare in che modo i due generi costruiscano differentemente, Carlson (1971) concluse che le donne, rispetto agli uomini, si considerano meno “agenti”, meno protagoniste, nell’affrontare le situazioni. Neimeyer e Hall (1988) si concentrano invece sui problemi che riguardano l’identità personale in donne che vivono matrimoni soddisfacenti, insoddisfacenti e abusivi. Ancora, O’Sullivan (1984) ha notato che l’agorafobia è più diffusa tra le donne che tra gli uomini e sostiene, come possibile fondamento a questa tesi, che nelle società occidentali le ragazze siano tradizionalmente al riparo dalla sperimentazione e da esperienze che potrebbero mettere in discussione le loro strutture nucleari. Tra gli studi recenti, Iantaffi (1999, p.81) sottolinea di aver intervistato donne disabili all’interno del mondo accademico poichè, come le tematiche che stanno a cuore al femminismo, anche “le questioni legate alla disabilità derivano da radici comuni di pregiudizio, discriminazione e oppressione, dove il personale diventa politico…”.
Considerando quanto fosse centrale per il costruttivismo kelliano rifiutare la tesi freudiana per cui il destino trova radici nella struttura anatomica, è alquanto singolare che il numero di ricerche PCP sul gender sia così esiguo. Inoltre, nel momento in cui Kelly stava formulando la sua teoria, la psicoanalista Karen Horney (1939) stava contrastando con foga le spiegazioni in termini di “invidia del pene” con cui Freud leggeva le difficoltà delle donne. Era altresì ben nota la polemica di De Beauvoir (1952), che accusava l’ordine sociale patriarcale di assegnare alle donne il ruolo di parassiti, costringendole alla sottomissione. Inoltre, dopo la seconda guerra mondiale, l’interesse per l’identità di genere e per lo sviluppo psicosessuale erano centrali nella ricerca in psicoanalisi junghiana così come nelle teorie dell’apprendimento sociale e dello sviluppo cognitivo (Unger, 1979).
Secondo Winter (1992), i ricercatori PCP si convinsero maggiormente della validità delle griglie di repertorio quando scoprirono che i risultati mostravano effettivamente delle differenze tra ragazze e ragazzi, o tra uomini e donne. È possibile, tuttavia, che Kelly abbia ritenuto plausibile trascurare l’elemento genere poiché ne considerava le implicazioni al pari, tra le altre, di quelle legate ad età, origine e lingua, tutti elementi appartenenti al gruppo dei costrutti culturali. In quest’ottica, Kelly probabilmente anticipava che un terapeuta attento avrebbe scoperto differenze radicate nel genere attraverso quella disposizione di apertura richiesta, nell’affrontare la diagnosi, tanto in terapia quanto nella ricerca. O’Sullivan (1988), d’altro canto, riteneva che interrogarsi sulla compatibilità tra PCP e femminismo fosse un punto non trascurabile. La conclusione che ci offre è che i punti chiave della Teoria dei Costrutti Personali (alternativismo costruttivo, approccio credulo, anticipazione, validazione degli esperimenti conoscitivi, ricostruzione e creazione di nuovi significati piuttosto che adeguamento allo status quo) abbiano dei parallelismi con il pensiero femminista, tanto da poter fornire le basi per una terapia “realmente” non sessista, se non addirittura femminista.
Considerando l’espansione che ha visto protagonista il femminismo come movimento politico negli ultimi decenni del ventesimo secolo – e la varietà di teorizzazioni femministe da qui proliferate – se Kelly fosse stato ancora vivo, avrebbe forse rivisto il suo modo di costruire, o di non-costruire, il genere. Non è stata ancora intrapresa, tuttavia, un’esplorazione approfondita di come questo aspetto influenzi la personalità e di come le questioni di genere possano e debbano essere integrate nella Teoria dei Costrutti Personali.
Bibliografia
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Harren, V. A., Koss, R. A., Tionsley, H., & Moreland, J. R. (1979). Influence of gender, sex-role attitudes and cognitive complexity on gender-dominant career choices. Journal of Counseling Psychology, 26, 227-234.
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Winter, D. (1992). Personal construct psychology in clinical practice: Theory, research and applications. London: Routledge.
- Fonte originale http://www.pcp-net.org/encyclopaedia/gender.html. Ringraziamo gli Editori Jörn Scheer e Beverly Walker per aver gentilmente concesso la pubblicazione della traduzione delle voci contenute in “The Internet Encyclopaedia of Personal Construct Psychology” sulla Rivista Italiana di Costruttivismo. ↑