Padova. Sono le tre del pomeriggio al Centro di Salute Mentale ai Colli.
Silvia cerca una sedia da occupare nella stanza. In quella sede vanta un passaporto Sanitario Nazionale, classificazione: depressione maggiore.
Come lei Orietta, Augusto e molti altri iniziano a intonare Sono un uomo, accompagnati da chitarre, pianola, fisarmonica e sax. Il testo del brano è stato scritto da un altro utente, Pietro. Parla di un uomo che cerca un senso per continuare a vivere.
Io faccio parte di quel coro e il titolo del brano mi trascina dentro lo scritto Se questo è un uomo di Primo Levi. La mia mente salta poi subito a Viktor Frankl, autore del libro che sto leggendo, che, come Primo Levi, ha attraversato l’esperienza dei lager nazisti. Quest’ultimo ha fatto della sua testimonianza un libro dalla caratura storica immensa e pregnante; un prontuario guida per chi si occupa del supporto in situazioni di catastrofe, un vademecum sul sapere come posizionarsi, cosa guardare e come poter stare al fianco di chi ha esperito una situazione di emergenza. Seguendo questo parallelismo, ho pensato “laddove la vita viene messa di fronte alla possibilità della sua fine, ecco la risposta di chi può raccontarlo”.
Frankl, padre dell’analisi esistenziale, ha passato tre anni nei campi di concentramento e il suo scritto Benessere psicologico in situazioni di emergenza, composto a quattro mani con lo psichiatra Helmut von Paul, è figlio anche di queste esperienze. Anche, non solo.
Frankl spoglia questa testimonianza di qualsivoglia fronzolo, come alla ricerca di una qualche necessaria chiarezza. Non preoccupatevi, quindi, se il testo vi apparirà freddo, risoluto e schematico: potrebbero essere solo fenotipi stilistici risultati dalla necessità di proporre un’idea limpida e rigorosa. Secondo me, una scrittura così concisa potrebbe essere propedeutica a portare il lettore verso la consapevolezza di non poter prescindere dal porsi alcuni precisi interrogativi quando si lavora nell’ambito emergenziale. La responsabilità da assumersi sembra quella di esplorare quale sia l’assetto valoriale della vittima, la tipologia di catastrofe a cui sta assistendo, i significati che sta investendo nella contingenza, l’orientamento esistenziale (il senso della vita) che sceglie di abbracciare.
Questo testo sembra proprio voler suggerire quali siano le domande da porsi quando ci si trova a voler aiutare chi attraversa l’esperienza della possibile imminenza della morte, della sua evidenza. Domande che potrebbero suonare così: con quali significati arriva la persona di fronte alla calamità? Quali specificità culturali, sociali, economiche porta con sé? Quali sono le caratteristiche, nella contingenza, della situazione emergenziale? Quale senso può dare a tutto ciò la persona?
Lo psichiatra viennese sembra, insomma, fondamentalmente impegnato a promuovere, tra i primissimi, una qualche rigorosa “teoria del Dipende”, in cui il dipende ha a che fare con l’attenzione a porsi domande diverse in ogni istante e per ogni persona (Frankl, 2022). Pur nella specificità dei quesiti che si pone, questa teoria sembra conservare il suo rigore anche alla luce del suo tentativo di raccogliere e accorpare, in una sorta di metanalisi informale, la maggior parte degli studi sul tema implementati fino a quel momento – di cui la principale massa è costituita da contesti bellici – nel tentativo, sembrerebbe, di riordinare i materiali e costruire le prime fondamentali basi per la diagnosi e il benessere delle vittime di catastrofi (Frankl & von Paul, 1958/2020). L’autore, in linea con la teoria dei Costrutti Personali di Kelly (1955), sembra dirci che le persone costruiscono la realtà sulla base dei significati che danno all’esperienza, significati che sottendono le domande che si pongono di fronte agli eventi. In quest’ottica, dunque, il tentativo di Frankl sembra essere quello di entrare nell’esperienza della persona guardando – con occhi antropologici, sociologici, medici e psicologici – sia le individualità che le comunanze, restituendo soggettività alle esperienze e ai vissuti, calandole nello sfondo sociale, economico e culturale entro cui si dipanano. Inoltre, nota di merito, Frankl non si sottrae alla responsabilità, in quanto studioso dell’essere umano, di avanzare proposte puntuali rispetto a interventi mirati a sostenere psicologicamente le persone coinvolte in situazioni di emergenza.
Leggendo questo testo penso al paradosso di una scrittura chirurgica, medica, fredda, che parla, però, di senso, di significati, di esperienze e vissuti differenti. D’altronde Frankl ha scelto, dopo il dottorato in Medicina, quello di Filosofia riuscendo, di fatto, a portare una rivoluzionaria filosofia nella salute mentale degli anni Cinquanta. In una crasi audace e innovativa, accosta Esistenzialismo a Terapie Brevi, significati a metodi d’intervento, reazioni fisiologiche allo stress a implicazioni dei fattori morali nelle risposte alle emergenze, caratteristiche personali a fattori ambientali. In questo modo riesce a creare sinergia tra il rigore scientifico e una caratura umana proporzionale solo al suo senso di responsabilità, facendo al contempo trasudare la sua naturale, quanto scrupolosa, propensione al positivo. Infatti, chiudendo la quarta di copertina del libro, impreziosito dalla cornice sapiente e arguta – a tratti romantica – del curatore Bellantoni, viene da pensare: “si può sempre fare qualcosa”.
Attraverso la sua testimonianza, un uomo che ha passato la vita a lavorare con il dolore e la sofferenza di cui è, anche, testimone incarnato, ci legittima a pensare che la speranza, il senso, i significati, siano l’alternativa al nichilismo di fronte alle emergenze.
Lo sguardo di questo libro è rivolto alla dimensiona futura, in perfetta assonanza con il postulato fondamentale su cui orbita la Teoria dei Costrutti Personali di Kelly che recita: “i processi delle persone sono psicologicamente canalizzati dal modo in cui esse anticipano gli eventi” (ibidem). Da queste parole sembra trapelare quasi una naturale tendenza umana a fare ipotesi sul futuro, come a volerci suggerire che non possiamo non stare in una dimensione diversa dal divenire: siamo orientati ad anticipare ciò che sarà. Questa dimensione futura sembra mescolarsi anche alla dimensione della speranza. Come a volerci dire che la nostra esistenza, come esseri in cammino, è possibile solo se si configura come un’esistenza che spera (Borgna, 2016). Certo, una speranza che non sia passiva ma che sottenda la responsabilità di ciascuno di scegliere come significare gli eventi che accadono al di là del nostro controllo, per poter governare non solo la paura di morire, ma anche la paura di vivere dopo aver visto il disastro (Goleman, 2022). Tutto ciò, tenendo sempre a mente che non solo l’individuo è sopravvissuto alla situazione di emergenza, ma che la sua esperienza l’ha cambiato. La proposta di Frankl è quella di farsi guidare dalla speranza attraverso la responsabilità di dare significato all’esperienza poiché “abbiamo provato per esperienza che l’essere umano è davvero disposto a patire la fame, purché la fame per lui abbia un senso” (Frankl, 2022, p. 17). Per costruire, quindi, come Pietro al CSM ai Colli, un senso per continuare a vivere, anche dopo aver attraversato la minaccia del morire.
Bibliografia
Borgna, E. (2016). Responsabilità e Speranza. Torino: Einaudi Editore.
Frankl, V. E. & von Paul, H. (2020). Benessere psicologico in situazioni di emergenza. (D. Bellantoni, Trad.). Milano: FrancoAngeli. (Opera originale pubblicata 1958).
Frankl, V. E. (2022). Sul senso della vita. (E. Sciarra, Trad.). Milano: Mondadori. (Opera originale pubblicata nel 1946).
Goleman, D. (2022). Introduzione. In V. E. Frank (Ed.), Sul senso della vita (pp. V-XIX). Milano: Mondadori.
Kelly, G. A. (1955). The psychology of personal constructs (Vol. 1-2). New York, NY: Norton.
Note sull’autrice
Teresa Giacometti
Institute of Constructivist Psychology
Psicologa e psicoterapeuta in formazione al terzo anno in Psicoterapia Costruttivista, svolge lavoro clinico e promuove attività divulgative e sociali nella cornice costruttivista presso Spazio100 a Padova
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