Tempo di lettura stimato: 5 minuti
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New Amsterdam

di David Schulner

Tv series review “New Amsterdam”

di

Elisa Strano

Institute of Constructivist Psycology, Padova

Abstract

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Quando un paziente arriva in terapia, ci sta presentando un mondo che per noi non esiste e non conosciamo, quindi è bene entrare in punta di piedi, non dando niente per scontato.

È così che Max Goodwin, direttore sanitario del New Amsterdam, si relaziona con i pazienti: in punta di piedi e chiedendo permesso, ed è questa nuova modalità che contribuisce a rendere interessante e coinvolgente la serie Netflix.

“Come posso aiutare?”. Con tale domanda, ripetuta da tutti i personaggi principali in ogni episodio, il medical drama in argomento si rivela fin da subito innovativo e originale rispetto alle altre serie presenti sulle piattaforme di streaming.

La serie è ambientata in un ospedale pubblico degli Stati Uniti, il “New Amsterdam” come scritto in premessa; è peculiare il fatto che, diversamente dalle altre strutture ospedaliere, per potervi accedere non è necessario essere in possesso di alcun tipo di assicurazione sanitaria o di regolare documentazione comprovante lo stato di cittadinanza o di immigrazione. Tale elemento risulta inusuale per le modalità di funzionamento del sistema sanitario americano che vincola l’accesso alle cure mediche al possesso di un’assicurazione sanitaria.

La sceneggiatura si ispira al libro “Twelve patients: Life and death at Bellevue Hospital”, tradotto “Dodici pazienti: vita e morte al Bellevue Hospital”, del Dr. Eric Manheimer, che operò come dirigente sanitario all’interno del Bellevue Hospital per quindici anni.

Il personaggio principale è il direttore sanitario, il Dr. Max Goodwin, il quale, sin dalla puntata pilota, rifiuta di indossare abito e cravatta preferendo il camice come simbolo della sua professione, simbolo[1] della sua identità di ruolo di medico, “prima di essere un direttore sanitario sono un medico” spiega.

La domanda presente in ogni puntata “come posso aiutare?” sposta la posizione dal medico come professionista detentore del sapere scientifico a quella del medico che considera il paziente come esperto del problema, che si pone in una posizione paritaria rispetto al paziente, trattando con approccio credulo il racconto del paziente ed interessandosi empaticamente allo stesso; l’approccio credulo consiste nell’accogliere tutto ciò che il cliente racconta come la sua verità. Tale atteggiamento non è che non prenda in considerazione la possibilità che il cliente menta ma anzi la menzogna viene vista come un’opportunità per il terapeuta di interrogarsi sul senso che ha.

Un chiaro esempio di questo approccio lo troviamo nel secondo episodio della serie, in cui il Dr. Kapoor, primario di Neurologia, medico empatico e scrupoloso, impiega diverso tempo per fare una diagnosi, sforzandosi di comprendere il significato del termine “stordita” suggerito da una paziente[2]: “vogliamo capire che significato dà lei al termine stordita”, pronuncia il Dott. Kapoor nell’episodio.

Il Dr. Goodwin si presenta come direttore sanitario pronto ad ascoltare tutti i suoi dipendenti, portando avanti qualsiasi battaglia contro la burocrazia e i meccanismi del sistema sanitario perché i suoi pazienti possano ottenere tutto ciò di cui hanno bisogno per stare bene. In tutta la serie si percepisce il significato che viene dato al lavoro del “medico”, ovvero un professionista interessato esclusivamente al benessere del paziente ancor prima, a volte, della propria salute personale.

Questa serie evidenzia e tratta molteplici temi: la persecuzione dei neri in America, l’inadeguatezza del sistema sanitario non improntato alla persona ma al profitto, gli stereotipi sul ruolo della donna nella società, la psichiatria con sguardo alternativo e l’etnopsichiatria, ovvero quel ramo della psichiatria che studia gli aspetti particolari assunti dall’insorgenza, dalla sintomatologia e dal decorso dei disturbi psichici presso i diversi gruppi etnici e sociali, prestando attenzione alle concezioni culturali che ne determinano la classificazione e i metodi di cura.

Tutti i personaggi sono in linea con l’anima della serie. Il Dr. Iggy Frome, ad esempio, dirige il reparto di Psichiatria, condividendo l’attenzione per i pazienti e per la loro storia. È uno psichiatra che ama pensare fuori dagli schemi, molto attento ai suoi pazienti e al loro modo di conoscere e fare esperienza nel mondo.

Come già anticipato, l’azione di qualsiasi personaggio della serie parte sempre dalla domanda “come posso aiutare?” che significa chiedere all’altro quale sia la forma di aiuto che desidera e non partire dall’idea di sapere già come poter dare aiuto; questo approccio potrebbe essere letto, nella stanza della terapia, come sedersi davanti a qualcuno e non dare mai niente per scontato.

La transizione[3] che emerge in maniera preponderante è l’aggressività kelliana, per aggressività si intende l’elaborazione attiva del proprio campo percettivo.

Tutta la squadra di supporto e sostegno al direttore sanitario è composta da medici che compiono fra loro un grande esercizio di socialità[4]; vi è una comunanza di costruzione delle esperienze[5] che permette di operare secondo una linea e un sentire comuni: l’interesse reale per il bene del paziente è l’obiettivo che tutti i medici hanno tra loro. L’entusiasmo di Max per una sanità più equa e focalizzata sul paziente contagia i collaboratori, tra cui la Dr. Helen Sharpe, primaria di Oncologia, la quale, positivamente influenzata dall’amicizia con Max e dal suo modo di approcciarsi ai collaboratori e al prossimo, si dedicherà ai pazienti piuttosto che stare sotto i riflettori per portare fondi all’ospedale.

Nella serie risulta evidente come i medici protagonisti, al fine di effettuare una accurata diagnosi[6], indaghino cosa il paziente stia portando (nei casi in cui il problema non sia evidente). In sostanza vengono esaminati la rete e le risorse del paziente, i precedenti tentativi dallo stesso effettuati per arrivare a capire

dove risiede il problema. È una serie che pone un originale e nuovo sguardo verso l’Altro, un modo empatico del prendersene cura.

Il richiamo ad altre note correnti psicologiche presenti nel sistema americano chiarisce la non presenza di influenze costruttiviste da parte dello sceneggiatore; la visione proposta del costrutto medico-paziente rende questa serie estremamente curiosa, avvincente e decisamente da guardare.

 

Il cambiamento è sempre possibile.

 

Blibliografia

Kelly, G. A. (1955). The psychology of personal constructs (vol. 1-2). New York, NY: Norton.

 

Filmografia

Horton, P., & Schulner, D. (produttori). (2018). New Amsterdam [serie tv]. Mount Moriah, USA: Pico Creek ProductionsUniversal Television.

 

Nota sull’autrice

 

Elisa Strano

Institute of Constructivist Psychology 

stranoelisa.mclp@gmail.com

Psicologa, specializzanda al terzo anno in Psicoterapia Costruttivista.

Psicologa, e precedente Coordinatrice, presso Comunità per minori affetti da Disturbo dello spettro dell’autismo severo e disturbi comportamentali.

 

Note

  1. Il simbolo di un costrutto, in questo caso del costrutto medico, è un elemento rappresentativo di ciò che il costrutto è designato a trattare (Kelly, 1955).
  2. La diagnosi costruttivista è una diagnosi co-costruita con il paziente, tale carattere è frutto dello scambio reciproco di significati tra cliente e terapeuta e della valutazione concordata insieme sulle possibili vie di sviluppo.
  3. Kelly non usa il termine emozione ma transizione per riferirsi a stadi di consapevolezza sia a livello intellettivo che viscerale; sono degli indicatori relazionali, segnalano una frattura nel flusso dell’esperienza. L’esperienza emotiva viene vista come un’espressione di cambiamento del proprio sistema di costrutti.
  4. Corollario della socialità: nella misura in cui una persona costruisce i processi di costruzione dei un’altra può giocare un ruolo in un processo sociale che comprende l’altra persona (ibidem).
  5. Corollario dell’esperienza: il sistema di costruzione di una persona varia man mano che essa costruisce le repliche degli eventi (ibidem).
  6. La diagnosi costruttivista è transitiva. Al contrario della diagnosi oggettiva, che non si propone di focalizzare l’attenzione sulla conoscenza della realtà dell’altro ma guarda ai significati e alla loro organizzazione, quella transitiva è una diagnosi che consente un passaggio, che è utile a comprendere dove si può ancora andare, provvisoria.