ISSN 2282-7994

Tempo di lettura stimato: 9 minuti
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“Dare la Vita”

di Michela Murgia

Un tentativo radicale

 

Book review
“Dare la Vita”
by Michela Murgia

A radical Choice

di

Laura Cecchetto, Laura Maculan, Manuela Anna Pinducciu, Giulia Piovan

Institute of Constructivist Psychology

Abstract

DOI:

10.69995/EUSZ9423

Nel libro Dare la vita, Michela Murgia scrive con un linguaggio diretto, personale, puntuale che non perde il suo carattere poetico e immaginifico. Caratteristiche, queste, che tendono a favorire il cambiamento poiché un linguaggio di questo tipo non si prefigge di rappresentare la realtà ma, anzi, incentiva la possibilità di trasformarla e metterla in discussione (Neimeyer, 2012).

Affronta numerosi temi di interesse sociale e contemporaneo, e lo fa parlandone al plurale. Murgia scrive infatti delle queerness[18], delle maternità, delle famiglie e dei legami. La pluralità che impiega e che ricorda l’alternativismo costruttivo[19], presupposto filosofico della Teoria dei Costrutti Personali, evidenzia come Murgia non si fermi mai davanti all’ovvio. Non pare interessata alle cose per come si danno (o per come sembrano darsi) né tantomeno per “come dovrebbero essere”. Non pare nemmeno interessata a cercare un’unica realtà che sia valida per chiunque. Pare invece impegnata in riflessioni continue che mutano e si arricchiscono grazie ai numerosi punti di vista. Nel fare ciò restituisce a ogni persona – anche a chi legge – la responsabilità della conoscenza che ha del mondo. Come scriveva Maria Armezzani (1998), la conseguenza di contemplare più possibilità di costruzione di realtà è che: “per ogni significato umano […] resta la presenza inalienabile di una «ulteriorità di senso». Si tratta davvero di prendere una decisione soggettiva, di sbilanciarsi in un’interpretazione” (pp. 74-75).

Dare spazio alla pluralità di voci e legittimarne l’esistenza, infatti, non significa cadere nel tranello che “una costruzione sia buona quanto qualsiasi altra” (Kelly, 1955 in Epting, 1984/1990). I vari punti di vista, comprese le costruzioni condivise a livello socioculturale, possono essere più o meno utili a chi le impiega.

Ciò che la pluralità ci ricorda è che il mondo stesso è in continuo cambiamento e per questo ci troviamo davanti alla costante sfida di costruirlo e interpretarlo, assumendo sempre una posizione.

Questo Murgia lo fa a più riprese, come quando condivide le proprie esperienze di vita come contesto da cui emergono le sue riflessioni, rendendo esplicito ciò che Maturana e Varela (1984/1987) hanno cercato di condensare nell’espressione: “Ogni cosa detta, è detta da qualcuno” (p. 46).

Prende posizione anche quando, in uno dei capitoli dedicati alla riflessione sulla gestazione per altrə, pone con scomoda chiarezza la seguente domanda: “Una donna che accettasse di portare avanti una gestazione per altrə avrebbe il diritto di cambiare idea durante la gravidanza e decidere alla nascita di tenersi lə bambinə come propriə, anche se i gameti non erano i suoi?”. Per la risposta di Murgia rimandiamo alla lettura del libro, ma vorremmo ora concentrarci sulla domanda. È una domanda che permette di aprire all’esplorazione di un costrutto che pare guidare molte riflessioni negli scritti di Murgia e che potremmo costruire come libertà di scelta vs imposizione. Una libertà di scelta che, appunto, a livello sociale ci sembra avere a che fare con una costruzione prelativa e regnante[20]. Così, ad esempio, la mia libertà di scelta è contrapposta alla tua: o scegli tu e imponi a me qualche cosa limitando la mia possibilità di scelta, o viceversa lo faccio io a te, e non può essere in nessun altro modo. È come se le possibilità elaborative fossero limitate a due: o io o tu. Venendo a mancare un noi che comprenda entrambə.

Se da un lato comprendiamo la necessità di certezza, che in una prospettiva costruttivista può essere vista come l’espressione del bisogno di muoversi in un mondo stabile entro cui rintracciare coordinate e fissare una direzione (Giliberto, 2013), dall’altro vediamo il rischio di perdere la possibilità di “riconsiderare, reinterpretare e vedere in una nuova luce una qualche parte del mondo che ci circonda” (Bannister & Fransella, 1971/1986, p. 40).

Nello scrivere Dare la Vita, Murgia ci invita alla comprensione dell’altrǝ in un processo che Kelly definirebbe una relazione di ruolo[21] tra chi legge ed un “altrǝ da sé” ipoteticǝ. Murgia ci propone infatti di guardare alla certezza come una costruzione di certezza, promuovendo l’uso del costrutto libertà di scelta in modo proposizionale[22] e aprendo alla possibilità di agire in una grande varietà di modi. Contrappone, infatti, a ciò che ha descritto come “idea cementizia della persona umana”, la propria idea di cambiamento. Se per la società occidentale odierna vi è l’idea della persona che ha un solo posto nel mondo, un solo ruolo, una sola identità statica e immutabile, per Murgia le persone possono essere tanto altro e, in linea con il corollario dell’esperienza[23] scrive: “il mutamento è l’unica possibilità di sopravvivenza dell’energia vitale che ognuno di noi coltiva intimamente”.

Essere consapevoli di possibili costruzioni alternative della realtà ci colloca di fronte a implicazioni etiche “tanto professionali quanto personali, tanto pubbliche quanto private, tanto intime quanto politiche” (Giliberto & Iantaffi, 2003), che comportano, inevitabilmente, la rinuncia alla sicurezza che le cose stanno in un certo modo e all’illusione che noi non ne siamo responsabili (Giliberto, 2013). In questi termini, ai nostri occhi si apre la necessità di normare, a livello politico e legislativo, la pluralità dei punti di vista e la complessità per favorire una libertà di scelta che vada oltre le posizioni individuali, e contempli quindi la reciprocità. Il processo che ha portato Murgia a elaborare la sua costruzione di queerness – che mette in discussione la normalità della sessualità, del genere, dell’identità e della famiglia -, ci sembra simile a quello che ha portato George Kelly a proporre una costruzione di diagnosi alternativa – che mette in discussione cosa intendiamo per normalità e devianza, per salute e malattia, per psicoterapia e cura. La similitudine non

 

è tanto nel risultato, ma nel tentativo di radicale rovesciamento, che sa di rivoluzione. Ci sono vari modi di intendere la queerness, per Murgia:

è la scelta di abitare sulla soglia delle identità […], accettando di esprimere di volta in volta quella che si desidera e che promette di condurre alla più autentica felicità relazionale. […] È una scelta radicale di transizione permanente, attraverso la quale chiunque può decidere di non confinare sé e chi ama in alcuna definizione finale, nemmeno quelle della comunità LGBTQIA+ a cui magari appartiene.

Allo stesso modo, nonostante ci siano molti modi di costruire la diagnosi, Kelly sceglie di “riconfigurarla nei termini di una sfida al precostituito e alla stasi. In una prospettiva costruttivista […] la diagnosi è un’interpretazione anch’essa – e come tale soggetta a revisione – caratterizzata dall’essere «transitiva» e «transitoria»” (Giliberto, 2013).

E chi ha chiesto a Murgia se questo stato di “transizione permanente” potesse implicare la possibilità di includere tutto (e quindi nulla), ci ha ricordato chi ha nel tempo criticato il costruttivismo kelliano di essere una teoria relativista. La PCP sceglie di posizionarsi come “alternativa ortogonale”[24] al realismo dogmatico e al relativismo idealista (Raskin, 2002), ma non sappiamo quanto in là si posizionerebbe Murgia. Per come l’abbiamo conosciuta crediamo che anche per lei fosse tremendamente importante ingaggiarsi in un costante esercizio di comprensione, di accettazione e di rispetto per le scelte altrui; esercizio che non può che avvenire a partire dai propri presupposti di senso, che possiamo responsabilmente mettere in discussione per trascendere l’ovvio (Kelly, 1955; Neimeyer, 2012), o ciò che consideriamo “normale”.

 

Bibliografia

 

Armezzani, M. (1998). Possibilità e decisioni nell’incontro psicoterapeutico: Un confronto tra la psicoterapia kelliana e la fenomenologia. In G. Chiari & M. L. Nuzzo (Eds), Con gli occhi dell’altro. Il ruolo della comprensione empatica in psicologia e in psicoterapia costruttivista (pp. 69-89). Padova: Unipress.

 

Bannister, D., & Fransella, F. (1986). L’uomo ricercatore. Introduzione alla psicologia dei costrutti personali. (G. Chiari & M. L. Nuzzo, Trad.). Firenze: Psycho di G. Martinelli. (Opera originale pubblicata 1971).

 

Chiari, G., & Nuzzo, M. L. (2010). Constructivist psychotherapy. A narrative hermeneutic approach. London & New York: Routledge

 

De Lauretis, T. (1991). Queer theory: Lesbian and gay sexualities. An Introduction. Differences, 3(2), iii–xviii.

https://doi.org/10.1215/10407391-3-2-iii

 

Epting, F. R. (1990). Psicoterapia dei costrutti personali. Introduzione alla teoria e metodica operativa della tecnica terapuetica. (E. Stiffan, V. Chiarini & V. Alfano, Trad.). Firenze: Psycho di G. Martinelli. (Opera originale pubblicata 1984).

 

Kelly, G. A. (1955). The psychology of personal constructs (vol. 1-2). New York, NY: Norton.

 

Giliberto, M. (2013, 5 Dicembre). Nuove prospettive teoriche in psicologia. Interattivamente. Consultato da https://www.interattivamente.org/nuove-prospettive-teoriche-in-psicologia-la-prospettiva-costruttivista.

 

Giliberto, M., & Iantaffi, A. (2003). Constructivists constructivism: Professional paradigm or construing of the social? Paper presentato al XV International Congress on Personal Construct Psychology, University of Huddersfield, Huddersfield, UK.

 

Maturana, H. R., & Varela, F. J. (1987). L’albero della conoscenza. (G. Melone, Trad.). Milano: Garzanti. (Opera originale pubblicata 1984).

 

Neimeyer, R. A. (2012). La psicoterapia costruttivista. Caratteristiche distintive. Milano: Franco Angeli Editore.

 

Raskin, J. D. (2002). Constructivism in psychology: Personal construct psychology, radical constructivism, and social constructionism. In J. D. Raskin & S. K. Bridges (Eds.), Studies in meaning: Exploring constructivist psychology (pp. 1-25). New York: Pace University Press.

 

Note sulle autrici

 

Laura Cecchetto

Institute of Constructivist Psychology

lauracecchettopsi@gmail.com

 

Psicologa e Psicoterapeuta in formazione presso Institute of Constructivist Psychology. Ricercatrice presso il Centro di Ricerca e Documentazione Costruttivista e co-fondatrice del progetto Conversazioni di Genere. Nella libera professione si dedica alla pratica clinica e alla creazione di laboratori e formazioni inerenti alle tematiche di genere per le Scuole ed i Servizi del territorio.

 

Laura Maculan

Institute of Constructivist Psychology

psicologa@lauramaculan.it

 

Psicologa e specializzanda in psicoterapia presso l’Institute of Costructivist Psychology di Padova. Attualmente è ricercatrice presso il Centro di Ricerca e Documentazione Costruttivista e co-fondatrice del progetto Conversazioni di Genere. Attualmente si occupa di pratica clinica e negli anni ha diversificato le sue esperienze negli ambiti delle comunità terapeutiche, delle dipendenze e dei servizi per gli anziani.

 

Giulia Piovan

Institute of Constructivist Psychology

giuliapiovanpsi@gmail.com

 

Psicologa e specializzanda in Psicoterapia presso l’Institute of Constructivist Psychology. È ricercatrice presso il Centro di Ricerca e Documentazione Costruttivista e co-fondatrice del progetto Conversazioni di Genere. Si dedica alla pratica clinica e, grazie alla collaborazione con varie realtà, si occupa di contrasto della violenza di genere e di povertà educative, anche come formatrice nelle scuole e nelle organizzazioni.

 

Manuela Anna Pinducciu

Institute of Constructivist Psychology

mpinducciu.psy@gmail.com

 

Psicologa e specializzanda in psicoterapia presso l’Institute of Constructivist Psychology di Padova. Attualmente è ricercatrice presso il Centro di Ricerca e Documentazione Costruttivista e co-fondatrice del progetto Conversazioni di Genere. Si dedica alla pratica clinica e collabora con realtà nel territorio. Si interessa in particolare di temi legati all’inclusione e diversità.

 

Note

  • 18. Il termine queer vuol dire originariamente “eccentrico, insolito o bizzarro”, ma ha assunto diversi significati e accezioni nel corso degli anni (talvolta discriminatorio, talvolta ironico). Può indicare le persone il cui orientamento sessuale e/o identità di genere differisce da quello eterosessuale o cisgender; può anche indicare le persone che si oppongono alla pretesa di una naturalità legata all’identità di genere, all’identità sessuale e all’orientamento sessuale, sostenendo che esse siano costruite socialmente (De Lauretis, 1991).
  • 19. “di qualsiasi natura possa essere, o in qualsiasi modo risulti alla fine la ricerca della verità, gli eventi che oggi affrontiamo sono soggetti a costruzioni tanto numerose quanto le nostre facoltà di permette di concepire” (Kelly, 1966 in Epting, 1984/1990, p. 27).
  • 20. Ovvero una costruzione che considera di sua esclusiva appartenenza gli elementi del suo dominio e che assegna ciascuno dei suoi elementi a una categoria su base tutto o niente.
  • 21. “Un processo psicologico basato sulla costruzione da parte del giocatore di ruolo di aspetti dei sistemi di costruzione di coloro con i quali tenta di partecipare a un’impresa sociale” (Kelly, 1955, p. 88).
  • 22. “Un costrutto che non veicola alcuna implicazione riguardo l’appartenenza dei suoi elementi ad altri domini è un costrutto preposizionale. Si tratta di una costruzione incontaminata.” (Kelly, 1955, p. 563).
  • 23. “Il sistema di costruzione di una persona varia a mano a mano che essa costruisce la replica degli eventi” (Kelly, 1955, p. 72).
  • 24. Abbiamo preso in prestito questa espressione dalla PCP, secondo cui: “By orthogonal position we mean the therapists’s way of proposing themselves so that the client cannot adequately construe them under either pole of the constructs usually applied to other people. The client is requested to recur to other constructs whose axes of references are perpendicular to the first ones” (Chiari & Nuzzo, 2010, p. 147).