Tempo di lettura stimato: 16 minuti
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L’arte al lavoro: artisti e PCP nelle organizzazioni

he arts at play: working with artists and PCP in organizations

di

Erica Costantini
Institute of Constructivist Psychology

 

e Elena Tammaro
CREAA S.n.c., Creative Industries

Abstract

Il presente articolo riprende i contenuti del workshop tenuto alla conferenza EPCA 2016, durante il quale sono state evidenziate le forti connessioni tra la Psicologia dei Costrutti Personali (PCP) e l’arte contemporanea e la loro efficacia nel favorire l’innovazione e la crescita nelle organizzazioni. È stata inoltre introdotta una metodologia di intervento nelle organizzazioni che prevede la co-costruzione dell’intervento da parte di un consulente esperto di PCP, responsabile dell’analisi dei bisogni del cliente e dei processi di gruppo, di un artista, che opera come catalizzatore del cambiamento, e di un producer, ovvero un curatore che media la connessione tra cliente, artista e consulente. I partecipanti al workshop si sono cimentati con questa metodologia e hanno lavorato con un artista per la realizzazione di un’opera d’arte che rappresentasse la risposta del gruppo a una domanda relativa all’identità della Teoria dei Costrutti Personali.

The workshop presented at the EPCA 2016 conference, after highlighting the strong connections between PCP and contemporary arts and their effectiveness in improving organizational growth, introduced a methodology for operating inside organizations which assumes the co-construction of the intervention by a PCP consultant, responsible for the analysis of client’s needs and group processes, an artist, the catalyst for change, and a producer, the crucial mediator between consultant, client and artist. The workshop participants experienced this intervention methodology by working directly with an artist and realizing a collective artwork piece, which embodies the group answer to a question about PCT identity.

Keywords:
Psicologia dei Costrutti Personali, Organizzazioni, Arte Contemporanea, Creatività, Innovazione | Personal Constructs Psychology, Organizations, Contemporary Arts, Creativity, Innovation
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1. Introduzione

In un mondo in cui i cambiamenti tecnologici e culturali stanno diventando sempre più veloci e di ampia portata, in cui la complessità nella società aumenta esponenzialmente, le persone hanno bisogno di essere sempre più flessibili oltre che creative sia nella vita di ogni giorno che in quella lavorativa. Anche le organizzazioni vengono messe alla prova da ciò, tanto che appare oramai evidente la necessità di affrontare le questioni emergenti con nuovi paradigmi (Heinsius & Lehikoinen, 2013). Per avere successo, le organizzazioni hanno bisogno di investire in benessere organizzativo, innovazione creativa, competenze culturali, relazionali, emotive e di mediazione, ancor più che in competenze specifiche legate ai processi lavorativi. La Psicologia dei Costrutti Personali (PCP) può essere una teoria utile per lavorare con le organizzazioni in un tale scenario, grazie al proprio focus sul cambiamento e sulla molteplicità dei mondi possibili. Anche gli artisti possono contribuire alla crescita delle organizzazioni, nel momento in cui attivano processi creativi in collaborazione con psicologi, consulenti e curatori d’arte. Un discreto numero di esperienze in Europa ha già dimostrato che gli interventi artistici nelle organizzazioni supportano in modo efficace il cambiamento, rafforzano la creatività, stimolano l’innovazione, migliorano la comunicazione e le relazioni interpersonali, oltre che le condizioni lavorative e il clima organizzativo (Heinsius & Lehikoinen, 2013).

Questo articolo, dopo aver messo in evidenzia le forti connessioni tra la PCP e l’arte contemporanea (§2), passa in rassegna alcune esperienze europee di rilievo per quanto riguarda interventi artistici nelle organizzazioni (§3) e presenta un modello di intervento nelle organizzazioni (§4). Il modello prevede la co-costruzione dell’intervento da parte di un consulente PCP, responsabile per l’analisi dei bisogni del cliente e dei processi di gruppo, un artista, che funge da catalizzatore per il cambiamento, e un producer, ovvero un curatore che svolge il ruolo cruciale di mediatore tra consulente, cliente e artista. L’articolo inoltre presenta i risultati di un workshop tenuto al congresso EPCA XIII 2016 della European Personal Constructs Association, che è stato l’occasione per far conoscere e sperimentare direttamente questo metodo ai partecipanti attraverso la realizzazione di un’opera, in contatto diretto con un artista, su un tema di interesse per la comunità della PCP (§5).

 

2. La psicologia dei costrutti personali e l’arte

Per la Psicologia dei Costrutti Personali (PCP), sviluppata da G. A. Kelly, l’atto di costruire può essere considerato la base del comportamento umano (Kelly, 1955). Jörn Scheer e Kenneth Sewell (2006) hanno affrontato con chiarezza la questione del legame tra la PCP e la creatività: “Costruire ha due significati: edificare e interpretare. Pertanto il verbo costruire descrive bene il processo della creazione attiva di una realtà personale attraverso l’uso dei costrutti personali (gli strumenti che usiamo per attribuire significato a cose, persone ed eventi) e dell’elaborazione di modalità personali per affrontarli.” Pertanto, secondo questa teoria gli individui sviluppano una personale visione del mondo, indipendentemente dall’esistenza di un mondo reale: essi filtrano il mondo attraverso una combinazione unica di costrutti personali, di conseguenza, secondo il principio della PCP di alternativismo costruttivo, esistono tanti modi di costruire le situazioni quante sono le persone che le costruiscono, ovvero un numero infinito di mondi. “Costruire (…) significa far emergere possibilità, comparare diverse opzioni, scegliere tra le alternative possibili, revisionare le scelte. Questo è un processo ciclico, fatto di fasi alternate e ricorrenti di costruzioni lasse e di costruzioni strette, finché una persona non sente che è stato creato qualcosa che può essere realizzato, testato, messo alla prova.” La creatività è pertanto il centro dell’attività umana – quella del vivere.

D’altronde la creatività è considerata anche il centro dell’attività artistica: “attraverso la creazione di un’opera d’arte, che sia essa un quadro o una performance, l’artista costruisce, ma costruiscono anche le persone che si confrontano con l’opera d’arte” (Sheer & Sewell, 2006). L’artista mette in gioco i propri significati personali nell’opera d’arte e in modo analogo il fruitore vi sovrappone i propri nel momento in cui le si avvicina. In quanto teoria su persone e significati, la PCP sembra adattarsi particolarmente bene al mondo dell’arte, ed alle persone che hanno a che fare con l’arte (Raskin, Weihs & Morano, 2005; Sheer & Sewell, 2006).

Inoltre la PCP e l’arte contemporanea sono caratterizzate da un approccio simile verso la realtà, la conoscenza e la verità. La dimensione sovraordinata di costruttivismo verso fondazionalismo sussume indubbiamente la dimensione di arte contemporanea verso moderna. Il costruttivismo ha a che fare con realtà costruite, mutanti, interdipendenti e con significati creati, più che con realtà stabili e indipendenti e significati intrinseci o innati; pluralità di prospettive, significati ambigui, connotazione ed esperienza personale, più che con visioni univoche, significati chiari, denotazione e oggettività. Allo stesso modo l’arte contemporanea si colloca nel postmodernismo e attribuisce centralità ai processi, all’esperienza soggettiva dello spettatore e alla sorpresa, più che agli oggetti, al significato dell’artista o alla conferma delle aspettative, riconoscendo in tal modo il primato alle mappe e non al territorio (McWilliams, 2009).

Infine, se l’obiettivo dello psicologo e psicoterapeuta costruttivista può essere descritto come quello di aiutare persone e organizzazioni ad affrontare i loro problemi attraverso una revisione dei significati (costrutti) personali o di gruppo, in modo simile il ruolo dell’artista è quello di aiutare le persone e la società ad affrontare le proprie contraddizioni attraverso l’emergere dei propri significanti e significati. “L’obiettivo dell’arte è di farci cambiare prospettiva e vedere le cose da un altro punto di vista” (Berthoin Antal, 2011). Sperimentare diversi punti di vista è quindi lo scopo principale non solo per gli interventi clinici e organizzativi in una prospettiva costruttivista, ma anche per quelli artistici. L’obiettivo sia della psicologia costruttivista che dell’arte contemporanea può quindi essere riassunto come il far sperimentare nuovi punti di vista, far emergere significati e costruire realtà: i significati possono essere riconsiderati, ricombinati, creati o abbandonati in un numero infinito di possibilità e alcune di queste possibilità possono, meglio di altre, aiutare le organizzazioni o la società a far fronte alle sfide di ogni giorno.

Questi sono i motivi principali per i quali sosteniamo che la PCP e l’arte contemporanea possono lavorare bene insieme: mettere in gioco metodi e strumenti propri dei loro rispettivi ambiti di intervento, con un obiettivo forte comune, può aprire nuove opportunità per i professionisti di entrambi i settori e per i loro clienti: “quando fai qualcosa di non ordinario puoi ottenere risultati non ordinari, che non otterresti con metodi ordinari” (Heinsius & Lehikoinen, 2013).

 

3. Le organizzazioni e l’arte: artisti nelle organizzazioni

In una società complessa come la nostra, dove persone e gruppi si confrontano continuamente con sfide, cambiamenti e crisi, la creatività e la capacità di affrontare la complessità e di promuovere cambiamento e innovazione diventano di primaria importanza per la crescita personale, di gruppo e organizzativa.

L’arte è un linguaggio complesso: quando guardi un’opera d’arte non stai solamente guardando qualcosa che può essere bello o meno, ma sei in invitato a partecipare a un dialogo. Bisogna considerare che ogni artista ha un proprio statement (dichiarazione di ricerca poetica), un proprio percorso di indagine e un proprio metodo che sono in relazione con il contesto, ed il contesto è una combinazione complessa di valori e riferimenti storici, questioni legate alla contemporaneità e visioni di scenari futuri. Un’opera d’arte è un lavoro che dice qualcosa su ognuno di questi aspetti: qualcosa sulla storia, qualcosa sul presente e qualcosa sul futuro nello stesso tempo, e possibilmente qualcosa di nuovo. Quando, da questo dialogo tra passato, presente e futuro, emerge un risultato che supera il tempo, ovvero quando questo produce domande fertili e risposte significative che attraversano le generazioni e le diverse società, allora esso può essere considerato un capolavoro, come nel caso delle opere di Picasso o Mondrian.

Le organizzazioni, i manager e gli imprenditori affrontano quotidianamente questioni simili: devono confrontarsi con una crescente complessità, lavorare con consapevolezza rispetto al passato e anticipare il futuro, essere innovativi senza rinunciare ad una propria identità, essere impegnati nella ricerca e nella ricostruzione di un mondo in continuo movimento, di fatto come le persone in generale. Ma se la ricerca e la creatività sono il centro del lavoro dell’artista, manager e imprenditori sono spesso assorbiti da problemi di tipo tecnico ed economico, che possono ridurre il loro margine per coltivare pensiero laterale e creatività.

In che modo l’arte potrebbe quindi aiutare il mondo delle organizzazioni e del lavoro? L’arte può essere d’aiuto quando è necessario lavorare con i significati per sviluppare nuove idee: le nuove idee infatti non sono qualcosa che appare improvvisamente nella mente, ma hanno bisogno di essere nutrite e sviluppate giorno dopo giorno. Ecco il motivo per cui le organizzazioni possono trarre molto giovamento dalla collaborazione con un artista.

Gli interventi artistici nelle organizzazioni sono definiti come situazioni dove “persone, prodotti o pratiche dal mondo dell’arte entrano nelle organizzazioni per innescare o supportare il cambiamento a livello individuale, di gruppo o organizzativo” (Vondracek, 2013). Alcuni progetti e ricerche hanno analizzato i risultati degli interventi artistici in Europa negli anni passati. Il progetto Creative Clash (TILLT Europe, 2009) è stato il più ampio report sull’argomento, avendo riportato dati qualitativi e quantitativi da 41 interventi artistici che prevedevano l’ingresso di artisti nelle organizzazioni. Da qui si evince che “gli artisti possono far emergere le potenzialità di un gruppo grazie alla loro familiarità con il pensiero laterale, alla loro capacità di essere immaginativi, di sfidare le soluzioni tradizionali, di seguire processi non lineari e caratterizzati da incertezza, al fine di permettere lo sviluppo di nuove visioni, di realizzare qualcosa di nuovo che non sia necessariamente funzionale o dipendente da una precedente teoria”. Viene anche preso in esame l’impatto tangibile che un intervento artistico può avere nelle organizzazioni: “stimola la creatività, sia a livello del management che a livello dei dipendenti, contribuisce allo sviluppo di competenze e di leadership, rafforza lo spirito e gli obiettivi di gruppo, migliora le relazioni sociali e il dialogo, sostiene la motivazione e l’autostima, aumenta l’efficienza, aiutando le organizzazioni a ridefinire la propria identità e i propri valori per raggiungere al meglio i propri obiettivi condivisi, e spronandole ad assumere rischi, cambiare direzione, innovarsi.” Inoltre “gli interventi artistici aiutano le persone e i gruppi a sviluppare competenze e percorsi di carriera più adeguati, favoriscono mobilità, inclusione e coesione sociale, oltre che parità di genere e di opportunità, arricchendo la vita stessa delle persone e promuovendo nuove forme di bilanciamento tra vita lavorativa ed extra-lavorativa”. In breve, gli interventi artistici mettono in movimento aspetti estetici ed emotivi che normalmente nei luoghi di lavoro vengono sottovalutati e che possono generare nuove prospettive e nuovi comportamenti. Lavorare con gli artisti può stimolare gli individui e i gruppi a livello emotivo, fisico e intellettuale, portando esperienze positive condivise all’interno dei gruppi.

“L’arte ha la capacità di mostrare che la vita di ogni giorno può essere reinventata, che l’ordinario è solitamente straordinario e che lo straordinario può diventare parte, entrare e interrompere meravigliosamente la vita di ogni giorno” (Naomi Kashiwagi, artista, in Vondracek, 2013). In tutto questo, il producer gioca un ruolo chiave: quello di individuare l’artista giusto per l’organizzazione che ospita l’intervento, e di formulare un progetto che risulti interessante per entrambi. Il producer deve saper comprendere i bisogni delle organizzazioni e lo loro prospettive di sviluppo, riconoscere le potenzialità dell’artista e saper leggere i cambiamenti della società, accompagnare i processi, promuovere la riflessione sull’esperienza, elaborare materiale di ricerca e valutazione.

L’artista, per lavorare con efficienza nelle organizzazioni, ha bisogno di intrecciare conoscenze e di sviluppare competenze di natura anche molto diversa: contestuali, artistiche e creative, sociali, pedagogiche, di ricerca, management e marketing. Data la complessità delle conoscenze e competenze richieste, i curatori lavorano spesso in stretta collaborazione con consulenti organizzativi, che li possono supportare nell’analisi dei bisogni organizzativi e nell’anticipazione di possibili risultati dell’intervento all’interno di una cornice teorica, e possono inoltre supportare gli artisti accompagnandoli nella lettura e nella gestione dei processi di gruppo (Heinsius & Lehikoinen, 2013).

 

4. Un modello di intervento con artisti nelle organizzazioni

Il modello di intervento nelle organizzazioni qui presentato prevede la co-costruzione dell’intervento da parte di un producer, di un consulente PCP e di un artista, con ruoli diversi ma strettamente interconnessi.

Il producer (nel nostro caso un’azienda con focus di lavoro sull’innovazione e conoscenza approfondita nei campi dell’arte contemporanea e della comunicazione) è un esperto del linguaggio dell’arte e dell’innovazione basata sulla cultura: il producer conosce le realtà manifatturiere e le imprese di servizi del territorio, ed è in grado di individuare gli artisti che potrebbero lavorare in quel determinato contesto. Sviluppa, in collaborazione con il consulente, un progetto di intervento generico da proporre alle aziende, trova un cliente e sceglie l’artista giusto per quel progetto. Successivamente, sulla base di bisogni e obiettivi dell’organizzazione, collabora con il consulente e l’artista per la costruzione dell’intervento specifico.

Il consulente (in questo caso una psicologa ad orientamento costruttivista) contribuisce con la cornice teorica attraverso la quale legge i bisogni, il clima e i processi dell’organizzazione. Inoltre supporta da un lato il producer, nell’analisi dei bisogni, nella definizione degli obiettivi e nella valutazione dei risultati dell’intervento, e dall’altro l’artista per gli aspetti legati alla gestione dei gruppi, ad esempio promuovendo l’impegno, il coinvolgimento e l’accettazione reciproca dei partecipanti, e/o facilitando la soluzione di eventuali conflitti.

L’artista lavora a contatto più diretto con il gruppo: presenta il proprio statement, metodo e contesto di lavoro oltre al tema su cui lavorare, ovvero quello che da un punto di vista artistico è definito come problema. Sotto la sua guida, il gruppo lavora ad un’opera d’arte partecipata. Il producer e il consulente supportano la relazione dell’artista con l’organizzazione e con il gruppo di partecipanti, garantendo indipendenza e libertà alla sua espressione artistica. Il risultato dell’intervento è la realizzazione collettiva di un’opera d’arte che incarna le domande e i significati del gruppo e dell’organizzazione.

Per quanto riguarda i contenuti (cosa, perché, come e quando deve essere fatto) producer, consulente e artista lavorano insieme per la co-costruzione dell’intervento, ciascuno con la propria specifica competenza, al fine di costruire un obiettivo e un metodo che rispecchi le prospettive e i linguaggi di ciascuno.

 

5. L’arte al lavoro: l’esperienza del workshop al congresso EPCA XIII

Durante il congresso EPCA XIII tenuto in Italia nel 2016, è stato presentato dalle autrici un workshop con la metodologia fin qui descritta. Il workshop è stato condotto dalla psicologa e formatrice Erica Costantini, nel ruolo di consulente, e dall’artista Rok Bogataj. I partecipanti sono stati invitati a lavorare con l’artista per la co-costruzione di un’opera d’arte che rappresentasse le loro sensazioni, i loro pensieri e le loro anticipazioni rispetto al tema “Visibilità per la PCP: una sfida?”. Il lavoro e il risultato del workshop sono qui descritti seguendo il ciclo dell’esperienza della PCP.

 

5.1 Anticipazione: presupposti e obiettivi del workshop

Il presente modello di intervento nelle organizzazioni è stato presentato attraverso un’attività di workshop della durata di 85 minuti. La nostra anticipazione rispetto al workshop è stata la seguente: il modello sarebbe stato un’esperienza interessante per i colleghi che lavorano nelle organizzazioni o nel mondo dell’arte, e una modalità utile per esplorare come i partecipanti costruiscano la PCP, portando inoltre alla realizzazione di un’opera d’arte che avrebbe incarnato una comune rappresentazione dell’identità della PCP.

 

5.2 Investimento: destinatari e metodologia

I partecipanti sono stati invitati a iscriversi al workshop via e-mail prima del congresso in modo da organizzare al meglio l’attività sulla base del numero dei partecipanti. I posti a disposizione sono andati esauriti e ulteriori persone hanno chiesto la registrazione in loco: hanno così partecipato più di 20 persone, fino al limite di capienza della sala. I tre professionisti coinvolti – Erica Costantini, consulente PCP, Federica Manaigo, producer di CREAA s.n.c. e Rok Bogataj, artista – hanno presentato se stessi e il modello di intervento. Il workshop è poi proseguito con la fase operativa: la realizzazione dell’opera d’arte. I partecipanti sono stati coinvolti in un’esperienza complessa grazie al metodo di ricerca e alle indicazioni dell’artista. Inizialmente hanno costruito con la carta una delle forme geometriche più semplici: una piramide. Dopo aver costruito le componenti della scultura, come in uno studio d’artista, hanno creato un’opera d’arte, come fossero stati artisti essi stessi. La consulente ha chiesto loro quanto ritenessero importante che la PCP venga conosciuta dai colleghi e dalle istituzioni con cui lavorano, e quali siano le 5 caratteristiche che secondo loro danno identità alla teoria. I partecipanti sono stati infine invitati a scrivere le 5 caratteristiche sui lati della loro piramide, a riflettere su quali tra queste dovessero risultare più visibili e ad incollare tra loro le piramidi in modo da evidenziarle agli occhi di chi si fosse avvicinato alla scultura.

 

5.3 Incontro: esperienza e temi emersi

La fase iniziale, che era stata progettata come lavoro individuale, è stata vissuta da subito in modalità sociale, trasformandosi in una vivace attività di cooperazione: le persone parlavano le une con le altre riguardo i temi proposti, si muovevano nella stanza, condividevano risorse ed esperienze per realizzare le proprie piramidi personali. In questo modo il clima del gruppo si era già scaldato prima dalla fase più propriamente collettiva di lavoro. Dopo che l’artista ha invitato i partecipanti a mettere insieme le proprie piramidi, pensando a quali parole sarebbero state visibili alla fine del processo, è seguito un momento di allentamento e incertezza, durante il quale l’attività è proseguita in piccoli gruppi spontanei. Alcune persone si sono trovate in difficoltà nel dover nascondere qualche elemento (“perché tutto è così importante!”) e questo ha portato ad una discussione produttiva e ad un certo numero di soluzioni impreviste rispetto all’assemblaggio delle piramidi. Il lavoro si è concluso con una composizione che è stata costruita dai partecipanti come principalmente “inclusiva ma fragile”. L’intervento di chiusura dell’artista ha permesso al gruppo di sentirsi orgoglioso del risultato e di riconoscervi contemporaneamente il proprio contributo e quello del gruppo. Le caratteristiche della PCP che, in conclusione, sono risultate visibili sulla scultura sono state: alternativismo costruttivo, cambiamento, significato, riflessività, creatività, anticipazione, movimento, socialità, persona come scienziato.

 

5.4 Validazione e invalidazione: risultati

Sulla base di quanto osservato e dei feedback dei partecipanti, possiamo dire che le nostre anticipazioni rispetto al workshop sono state validate. I posti disponibili per il workshop sono stati prenotati in overbooking, in primis da colleghi che lavorano nelle organizzazioni o con il mondo dell’arte. Il breve tempo a disposizione non ha impedito di portare a termine con successo l’attività, anche se si sottolinea come all’interno di un contesto organizzativo risulta necessario un tempo più ampio, di almeno 4 ore, in particolare perché la restituzione finale richiederebbe un’elaborazione più approfondita di quanto sia stato possibile durante il workshop.

Come già evidenziato, la fase di lavoro “individuale” ha contribuito a scaldare il clima mentre l’ansia tipica della fase di allentamento, all’inizio del lavoro di gruppo, è stata canalizzata e risolta con successo nell’attività pratica di incollare le piramidi. Inoltre, le soluzioni creative e collaborative emerse, insieme all’intervento di chiusura dell’artista, hanno permesso ai partecipanti di riconoscere il proprio personale contributo e l’identità comune del gruppo nella scultura realizzata.

 

5.5 Revisione: domande generative e conclusioni

L’esperienza del workshop ha fatto emergere alcuni aspetti rilevanti, il primo dei quali rispetto al tempo: ha rafforzato la consapevolezza che in un contesto organizzativo il tempo dedicato alla presentazione dell’attività dovrebbe essere più breve, e quello dedicato all’attività e alla discussione finale più lungo, in modo che i processi del gruppo possano essere facilmente riscaldati all’inizio, e accuratamente elaborati nella fase conclusiva dell’intervento. Il secondo aspetto riguarda il processo per arrivare ad un buon compromesso tra la fase di allentamento e quella di restringimento, al fine di raggiungere entrambi i livelli di obiettivo: quello artistico e quello organizzativo. È importante che il processo artistico guidato dall’artista incontri i bisogni dell’organizzazione relativamente al lavoro del gruppo e al suo impatto sull’organizzazione stessa, e che gli artisti coinvolti nel progetto siano ben consapevoli del proprio ruolo nei processi del gruppo. Una questione importante è la differenza rilevata tra un’attività che utilizza gli strumenti dell’arte e la creazione di un’opera d’arte collettiva: alcuni partecipanti hanno riportato che il fatto che l’artista fosse stato presente e la consapevolezza di realizzare una vera opera d’arte hanno dato al lavoro un grande senso di potere ad energia, migliorando l’efficienza del workshop. Tuttavia, per qualche partecipante questa differenza non è stata percepita in modo così intenso, almeno non ad un livello esplicito. È importante che colleghi e potenziali clienti siano consapevoli del valore aggiunto della presenza dell’artista, che è effettivamente l’aspetto chiave della metodologia per lavorare nelle organizzazioni. The artist is present (l’artista è presente), nome di una nota performance che l’artista Marina Abramovich ha tenuto al MOMA di New York nel 2010, potrebbe essere anche il nome ideale per questo progetto.

 

Ringraziamenti

Le autrici ringraziano Federica Manaigo, CREAA snc, per il supporto organizzativo e la presentazione al congresso EPCA; Rok Bogataj, per la sua collaborazione entusiasta ed efficace; tutti i partecipanti al workshop e in particolare Mary Frances per i preziosi feedback; Giuliana Carbi per il sostegno e la supervisione al progetto.

 

 

Bibliografia

Berthoin Antal, A. (2011). TILLT Europe – Managing artistic interventions in organizations: a comparison study of programs in Europe, Project report. Consultato da:

https://www.wzb.eu/sites/default/files/u30/report_managing_artistic_interventions_2011.pdf

Heinsius, J. & Lehikoinen, K. (2013). Training Artists for Innovation: Competences for New Contexts. Helsinki: Theater Academy of the University of the Arts.

Kelly, G. A. (1955). The Psychology of Personal Constructs, New York: Norton (2nd ed. 1991 London: Routledge).

McWilliams, S. A. (2009). Taking Pictures Vs Making Art: A Personal Construal of Creative Photography, in Personal Construct Theory and Practice, 6, 21-34.

Raskin, J. D., Weihs, K. D. & Morano, L. A. (2005). Personal construct psychotherapy meets constructivism: Convergence, divergence, possibility. In D. Winter and L. Winey (Eds.), Personal Construct Psychotherapy: advances in Theory, Practice and Research (pp. 3-20), London: Whurr Publishers.

Sheer, J. W. & Sewell, K. W. (2006). Preface. In J. W. Sheer & K. W. Sewell, Creative Construing (pp. 8-10). Giessen: Psychosozial Verlag.

Vondracek, A. (2013). Creative clash, support schemes for artistic interventions in Europe, Project report. Consultato da: http://www.keanet.eu/wp-content/uploads/tillt-europe-policy-recommendations-march-2011.pdf?4f4eb7

 

Note sugli autori

 

Erica Costantini

Institute of Constructivist Psychology

costantini.erica2@gmail.com

È dottore di ricerca in tecnologie della comunicazione umana e si è formata in psicoterapia dei Costrutti Personali presso l’Institute of Constructivist Psychology di Padova. Lavora a Trieste come psicologa e psicoterapeuta in setting privati e come consulente organizzativa.

 

Elena Tammaro

CREAA S.n.c., Creative Industries

tammaro@innovazionecreaativa.it

È Art Director presso CREAA S.n.c., di cui è anche co-fondatrice (www.innovazionecreaativa.it), ed ETRARTE. Costruisce connessioni tra l’arte e l’impresa.

 

 

  1. Ringraziamo gli editori della rivista Personal Construct Theory & Practice per aver gentilmente concesso la traduzione dell’articolo. L’originale è disponibile al link http://www.pcp-net.org/journal/pctp17/costantini17.pdf:Costantini, E., Tammaro, E. (2017). The arts at play: working with artists and PCP in organisations. Personal Construct Theory & Practice, 14, 40-46.