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RicercaINazione – Creare Reti

La riabilitazione psichiatrica: esperienze e significati di utenti, operatori e familiari

Creating network through action research

Psychiatric rehabilitation: users , operators and families’ experience and meanings

di

Cristina Paoloni

Institute of Constructivist Psychology, Padova

Abstract

La ricerca costruttivista può offrire un valido contributo alla prassi degli interventi sociali. La presente ricerca studia come il processo riabilitativo viene costruito dai diversi stakeholder che sono coinvolti. Ciò al fine di migliorare le possibilità di confronto e comprensione tra figure diverse all’interno del servizio. Coinvolgendo 40 utenti, 10 operatori e 15 familiari di un Centro di Riabilitazione Diurno è stato possibile tracciare una trama delle analogie e differenze tra i gruppi. I risultati mostrano la differenza nel declinare il costrutto “relazione” da parte dei tre gruppi considerati, ciò è strettamente connesso all’idea di miglioramento e recovery. La presente ricerca suggerisce, dal punto di vista pragmatico, la necessità di interrogarsi su quanto viene dato per scontato, per creare obiettivi condivisi, quanto più possibili realizzabili e utili, per gli attori coinvolti.

The constructivist research can make a valuable contribution to the practice of social interventions. This research studies how the rehabilitation process is built by the various stakeholders involved. This in order to improve the possibilities of comparison and understanding between different figures within the service. Involving 40 of users , 10 operators and 15 family members of a Rehabilitation Centre Day time, was possible to trace a pattern of similarities and differences of the groups . The results show the difference in the decline construct “relation” by the three groups considered , this is closely connected with the idea of improving and recovery. This research suggests the need to question from a pragmatic point of view of what is taken for granted, to create shared goals , as much as possible achievable and useful for the actors involved.

Keywords:
Ricerca costruttivista, riabilitazione psichiatrica, psicologia del significato, interventi sociali, psichiatria | action research, psychiatric rehabilitation, psychology of meaning, social interventions, psychiatry
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1. Anticipazione

Qualsiasi ricerca in campo psicologico nasce da precise anticipazione di un ricercatore. Chiarire quali siano tali anticipazioni aiuta la comprensione dell’esperienza stessa della ricerca.

 

1.1 In prima persona. La riflessività della ricerca

Un modo per organizzare il resoconto di una ricerca è descriverla come un’esperienza totale sia per il ricercatore che per i partecipanti alla ricerca. Nella teoria dei costrutti personali l’esperienza è concepita come un ciclo costituito da cinque momenti distinti: anticipazione, investimento, incontro, validazione/invalidazione, revisione (Kelly, 1966b). La scelta di presentare la ricerca come un ciclo dell’esperienza fonda radici nella psicologia del significato, assume quindi che il ricercatore non possa prescindere dalla propria esperienza nel raccontare le cose che vede e vive. La psicologia del significato non può che essere una ricerca riflessiva e autoreferenziale (Bojadziev, 1996, pp. 313-318 ) perché assume fin dall’inizio la prospettiva soggettiva e non può fingere un luogo di osservazione neutrale:

“I ricercatori non sono distaccati osservatori spassionati e cronisti di fatti che dipingono la realtà. Come fa uno storico, il ricercatore di psicologia compie continuamente scelte e interpretazioni. La selezione dei concetti, degli strumenti o delle unità di analisi riflette un fondamentale processo d’interpretazione” (Meichenbaum, 1988, pag 118).

 

1.2 Quale progetto?

La ricerca qualitativa permette di far emergere la prospettiva “in prima persona” da parte di chi vive l’esperienza di recovery[1], quindi la percezione personale degli aspetti che sono utili per il superamento della condizione di malessere (Barbieri et al., 2013). Il principio ispiratore della ricerca considera gli interventi sociali come imprescindibilmente legati alla dimensione soggettiva delle persone coinvolte negli interventi stessi. Per conoscere i significati associati al percorso di riabilitazione è necessario, per il ricercatore, predisporsi alla comprensione e alla messa in discussione del proprio punto di vista sulle cose. M. Mair (1989) definisce il comprendere come mettersi nella posizione di lasciarsi insegnare, di essere influenzati e cambiati, di essere umili e “stare sotto”, di essere interessati. Il compito del ricercatore diventa quindi quello di comprendere i significati che spontaneamente emergono e successivamente di “riordinarli” cercando discordanze, connessioni, tipicità (Armezzani, 1999). In questo caso l’intento è comprendere come le persone interpretano il percorso di riabilitazione sociale e lavorativa, quali sono le situazioni, i significati e le persone connesse all’esperienza stessa. “Lo scopo della ricerca non è la dimostrazione della validità dei metodi o della teoria di riferimento, ma il desiderio autentico di conoscere e migliorare lo spazio della nostra convivenza” (Armezzani, 2004, p.38).

 

1.3 Collaboratori alla ricerca

Hanno collaborato alla ricerca quaranta utenti, dieci operatori e quindici familiari di un Centro Diurno di Riabilitazione Psichiatrica (CRD).

 

1.4 Obiettivi

L’obiettivo generale che ha guidato la presente ricerca è stato quello di costruire una mappatura dei significati condivisi e specifici da parte dei diversi stakeholder coinvolti nel percorso di riabilitazione psichiatrica del Centro di Riabilitazione Diurno in questione. Il presupposto su cui poggia l’intero impianto di questa ricerca è infatti la convinzione del ricercatore che una maggiore consapevolezza dei propri e degli altrui significati relativi al processo riabilitativo da parte di tutte le persone coinvolte nel contesto di presa in carico possa favorire un miglioramento sia delle prassi di cura che delle relazioni. Favorire un processo di reciproca conoscenza può portare infatti a relazioni qualitativamente migliori poiché ognuno può giocare un ruolo sociale con l’altro sulla base di una più approfondita comprensione.

 

A partire da ciò la ricerca ha proposto di:

– esplorare la percezione del percorso riabilitativo delle persone coinvolte;

– promuovere strategie di incontro fra operatori, utenti e familiari che frequentano il servizio fondate sulla reciproca comprensione.

Attraverso l’individuazione di analogie e differenze tra i gruppi coinvolti (utenti, operatori, familiari) nella costruzione dell’esperienza di riabilitazione, la presente ricerca ha cercato di raggiungere i seguenti obiettivi specifici:

– accrescere la consapevolezza di operatori, utenti e familiari rispetto alle proprie e altrui costruzioni del percorso di riabilitazione;

– generare nuove domande e prassi;

in ultima analisi migliorare l‘efficacia degli interventi riabilitativi e delle relazioni.

 

2. Investimento

La fase di raccolta delle informazioni è stata preceduta da un periodo di osservazione durato circa sei mesi; ciò è stato utile ad anticipare eventuali criticità e a predisporre un intervento più adeguato al contesto e ai soggetti di ricerca. In particolare il fatto che il ricercatore fosse costruito come parte del contesto ha permesso ai partecipanti una maggiore possibilità di esprimere il proprio punto di vista senza sentirsi in qualche modo valutati da un soggetto esterno ed estraneo (e quindi più difficilmente costruibile). Inoltre ciò ha permesso ai partecipanti di percepire il lavoro di ricerca come parte delle attività proposte dal centro. Coerentemente quindi con i principi della ricerca-azione, nello stesso tempo in cui il ricercatore ha raccolto i dati ha di fatto promosso un cambiamento nel contesto stesso della ricerca. Una fase importante ha riguardato anche la riflessione da parte del ricercatore sui presupposti della ricerca e la coerenza con le specifiche scelte metodologiche.

 

2.1 Chi si è affacciato alla questione?

In generale le ricerche nell’ambito della riabilitazione psichiatrica nei centri diurni si occupano prevalentemente della valutazione della soddisfazione dei servizi erogati, oppure valutazioni degli esiti degli interventi (Carozza, 2003). Più rare sono invece le ricerche qualitative che si occupano del significato soggettivo dei vari fruitori dei servizi. In merito a questo Bradshaw e coll. (2006) sottolineano come i modelli di recovery derivati dall’esperienza degli utenti possono essere utili per capire quali interazioni tra individuo e ambiente sono in grado di promuovere oppure ostacolare lo sviluppo del programma di riabilitazione. Un altro studio longitudinale realizzato attraverso il paradigma fenomenologico ha esaminato l’esperienza diretta di alcuni utenti partecipanti a programmi di riabilitazione. Questo studio ha individuato cinque temi ricorrenti nelle interviste agli utenti: “la disconnessione dal mondo, la lotta per la normalità, la sensazione di non sentirsi soli, l’importanza dell’alleanza terapeutica, il desiderio di partecipare nella comunità (Barbieri et all. 2013, pg 97-103). La presente ricerca tenta di riflettere su come il processo di riabilitazione viene costruito dagli attori coinvolti durante il programma di riabilitazione, per capire come i significati personali relativi alla riabilitazione possono influire sulla pratica degli interventi sociali.

 

2.2 Contestualizzazione della ricerca

Il CRD coinvolto nella ricerca è un centro diurno che si occupa di riabilitazione psichiatrica sociale e lavorativa. Segue la metodologia di riabilitazione psichiatrica di R.P. Liberman (1992, 2008/2012) e M. Spivak (1987, 1993), di stampo BioPsicoSociale comportamentale. Gli utenti che frequentano il centro sono circa quaranta, le persone che lavorano a stretto contatto con il centro sono dieci: tre operatori, tre educatori, un RUO (responsabile di unità operativa), una psicologa, una responsabile delle attività educative e negli ultimi tempi, per motivi organizzativi, si sono aggiunti due educatori. Gli utenti si differenziano per la tipologia di percorso: alcuni hanno obiettivi riabilitativi di tipo socializzante, altri d’inserimento lavorativo (Carozza, 2006). L’obiettivo riabilitativo generale è di ridurre i comportamenti definiti incompetenti e favorire un ruolo socialmente o lavorativamente valido, quindi basato sulle specifiche capacità e competenze della persona. L’apice del percorso riabilitativo è l’autonomia abitativa e lavorativa. All’interno del centro gli utenti sono divisi in tre gruppi: officina espressiva, assemblaggio semplice, assemblaggio complesso; questa distinzione rappresenta in linea di massima l’iter verso un incremento delle competenze. Le attività che vengono organizzate sono: strumentali (assemblaggio conto terzi), confezionamento bomboniere, AGCS (Attività di Gruppo di Competenza Sociale), gruppi Social Skills Training[2].

 

2.3 Premesse teoriche: una proposta per la mappatura dei significati dei gruppi coinvolti

Questo progetto di ricerca fonda le sue radici nella Psicologia dei Costrutti Personali (PCP) di G.A .Kelly (1955), nello specifico su tre dei suoi pilastri teorici: corollario dell’individualità, corollario della comunanza, corollario dell’organizzazione.

Le caratteristiche individuate dalle persone per descrivere il percorso di riabilitazione psichiatrica fungono da anticipazioni dell’esperienza e canalizzano il modo di vivere l’esperienza stessa (Kelly, 1955). La sfida del ricercatore è mettere insieme i contributi di tutti per creare una trama comune di percezioni personali dell’esperienza che caratterizza il centro diurno in questione. L’obiettivo è di individuare le comunanze, in termini di frequenza di costrutti utilizzati per descrivere l’esperienza del percorso, tenendo in considerazione che anche le frequenze più basse sono rilevanti in quanto rappresentano comunque specifici punti di vista personali.

Raccogliendo i contributi di tutti è stato quindi possibile tessere una trama degli aspetti che caratterizzano il percorso di riabilitazione dal punto di vista degli utenti, degli operatori e dei familiari.

Utenti, operatori e familiari possono avere delle prospettive differenti per alcuni versi e simili per altri riguardo la percezione del percorso di riabilitazione. Prendendo in considerazione il sistema “organizzazione CRD”, è stato ipotizzato che ogni gruppo di persone (utenti, familiari, operatori) coinvolte nel servizio, con funzioni e obiettivi diversi possano sviluppare in modo caratteristico, per la propria convenienza nell’anticipare eventi, un sistema di costruzione che comprende relazioni gerarchiche tra costrutti (Kelly, 1955). Nella fase di analisi delle frequenze dei costrutti sono stati presi in considerazione i tre rispettivi gruppi e sono stati considerati come sistemi di sistemi di significati. Per cogliere la relazione gerarchica dei tre sistemi, sono state individuate le frequenze con cui i costrutti sono nominati. L’analisi qualitativa è quindi basata su un’analisi di frequenza delle ricorrenze. Solo dopo un adeguata comprensione dei costrutti personali, attraverso la tecnica scelta, si è potuto procede ad una categorizzazione dei significati emersi. La categorizzazione è stata interpretata dal ricercatore sulla base delle comunanze tematiche di costrutti emersi e delle loro implicazioni. I costrutti sono quindi considerati come caratteristiche di un tema più ampio, individuato dal ricercatore: l’intercostrutto (Bannister, 1981; Armezzani, 1999). Ipotizzo che gli intercostrutti a maggior frequenza sono quelli che descrivono maggiormente, per i gruppi in questione presi singolarmente (utenti, operatori e familiari), l’esperienza di riabilitazione psichiatrica (Tabella 1).

 

LA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA

Esperienze e Significati degli utenti

Polo costrutto elicitato Polo opposto Freq. intercostrutti tot
in cosa consiste la riabilitazione cosa evita
socializzazione-apertura chiusura-isolamento 9 relazione/socializzazione – isolamento/frustrazione 43
relazione introversione-solitudine 16
conoscere se stessi e gli altri non conoscere né se né gli altri 2
confronto frustrazione/mi tengo tutto dentro 7
collaborazione non collaborazione 2
fiducia-stimolo sfiducia-essere perduta-arrendersi 7

Tabella 3: Dai costrutti all’intercostrutto.

 

Nel grafico 1 è possibile visualizzare le tappe del disegno di ricerca, la cui spiegazione verrà approfondita successivamente.

 

Grafico 1: Il disegno di ricerca.

 

3. Incontro

La fase di realizzazione della ricerca può essere letta in termini PCP come incontro, inteso come scambio reciproco tra ricercatore e collaboratori, dove il ricercatore è esperto del metodo di elicitazione dei significati e i collaboratori sono gli esperti della propria storia personale e quindi dei contenuti espressi.

 

3.1 Strumento scelto

E’ stato quindi possibile, attraverso un’intervista a domande aperte, utilizzando la tecnica Laddering (Hinkle, 1965), comprendere il significato che assume il percorso riabilitativo per ogni persona coinvolta. L’utilizzo dello strumento Laddering per comprendere il vissuto personale rispetto ai percorsi di riabilitazione psichiatrica è una novità introdotta dal ricercatore. Lo strumento è stato valutato dal ricercatore come un valido ausilio per accedere alle dimensioni più significative dell’esperienza e ritenuto utile per approfondire l’indagine su uno specifico tema; inoltre permette agevolmente di fare emergere temi astratti e ricchi sul piano esistenziale, connettendo le percezioni concrete, i comportamenti e le descrizioni fattuali alle questioni più nucleari.

I contributi sono stati raccolti attraverso un’intervista a domande aperte in cui il ricercatore collabora con il partecipante per fare emergere significati (Moustakas, 1994; Nieswiadomy, 1993, Kvale, 1994). Attraverso la tecnica del Laddering, una tecnica di matrice costruttivista (Hinkle, 1965), il ricercatore interagisce esclusivamente per stimolare un’approfondita descrizione dei vissuti; tale tecnica permette inoltre di seguire agevolmente la coerenza descrittiva individuale, poiché priva di domande o considerazioni strutturate a priori. Si tratta di un’intervista finalizzata all’elicitazione dei costrutti personali attribuiti alla specifica esperienza oggetto d’indagine e all’analisi delle loro opposizioni e implicazioni.

Il presupposto che guida la scelta di questa tecnica è che uno stesso fenomeno assume dei significati diversi per ciascuno (Corollario dell’Individualità, Kelly, 1955) e le caratteristiche che descrivono un fenomeno sono tanto più peculiari del fenomeno quanto più lo differenziano da un altro. Le dimensioni di costrutto sono bipolari e la relazione tra i due poli di contrasto è psicologica, non logica (Corollario della dicotomia, ibidem). Si può inoltre ipotizzare che la persona abbia scelto, in risposta alla richiesta di comprensione del ricercatore, le dimensioni che maggiormente descrivono il percorso di riabilitazione e sono pertanto gli aspetti considerati più rilevanti (Corollario della scelta, ibidem).

L’intervista inizia con una domanda generale:

Come descriveresti il percorso di riabilitazione tuo (per gli utenti)/ del tuo familiare (per i familiari)/ degli utenti (per gli operatori) all’interno del CRD con 3 aggettivi?”

Seguono alcuni approfondimenti:

“Qual è il contrario?” , “perché?”, “qual è il vantaggio di?”

Si prosegue poi con l’intervista di Laddering per comprendere le dimensioni di significato (costrutti sovraordinati) e caratteristiche (costrutti subordinati) associate, fintanto che il discorso inizia a farsi ripetitivo o diviene difficile formulare un costrutto ulteriore. In questo modo è possibile disegnare la relazione ordinale tra i costrutti dal più superordinato alle implicazioni subordinate.

 

Ricercatore: come descriveresti il tuo personale percorso di riabilitazione all’interno del crd?
Collaboratore: mi serve per trovare un posto di lavoro
R: qual è il contrario?
C: stare a casa rinchiuso in me stesso
R: che altro?
C: è un percorso formativo
R: se non fosse questo cosa sarebbe?
C: il nulla
…..
C: mi permette di stare insieme con altre persone
R: altrimenti cosa faresti?
C: starei chiuso in casa da solo
R. in che modo stare insieme con le altre persone ti è utile?
C: ad avere relazioni positive mentre a casa starei in una posizione di critica negativa.

Tabella 2: Un esempio d’intervista.

 

Durante l’intervista, che dura dai venticinque ai quaranta minuti, intervistatore e intervistato proseguono nell’esplicitazione dei costrutti. L’intervistatore si avvale di un foglio di carta, dove annota i costrutti emersi.

Terminata l’intervista, l’intervistatore riformula quanto emerso per assicurarsi di aver individuato i costrutti più idonei a spiegare il punto di vista dell’intervistato, chiedendo allo stesso di intervenire e modificare qualora non sia stata colta qualche sfumatura.

 

trovare un futuro posto di lavoro – rinchiuso in me stesso
percorso formativo-il nulla
apertura verso l’esterno- chiusura
cura per me – malattia
stare insieme con gli altri – solitudine/chiusura in casa
relazione positiva – critica negativa

Tabella 3: Un esempio di costrutti annotati dall’intervistatore.

 

3.2 Metodologie di analisi

L’analisi dei contenuti emersi si è svolta tenendo fede ad alcuni principi condivisi da vari metodi di ricerca qualitativa e ben espressi da alcuni autori di ricerche qualitative fenomenologiche tra cui Moustakas, 1994; Nieswiadomy, 1993, Kvale, 1994. In particolare si è cercato di rispettare i criteri di:

– Validità come incontro di prospettive: lo studio potrà essere considerato valido se aderisce alla verità d’esperienza, alla verità dei partecipanti (Maxwell, 1992).

– Validità come utilità: la conoscenza vuole produrre nuova conoscenza ed essere orientata a obiettivi specifici di trasformazione (Gergen, 1992).

– Validità come aderenza al contesto: la generalizzazione non segue un criterio di estensione e ripetibilità dei risultati emersi, ma un criterio in profondità, verso il fondo comune dell’esperienza (Armezzani, 2004).

– Validità come coerenza: la ricerca persegue un criterio di congruenza fondamentale fra premesse epistemologiche e scelte metodologiche (Armezzani, 2004).

 

I materiali raccolti nel corso dell’indagine sono stati trascritti e analizzati attraverso l’ausilio del software per l’analisi del testo Atlas-ti, uno strumento per l’analisi qualitativa estremamente versatile che permette al ricercatore di selezionare porzioni di testo e nominarle attraverso codici, facendo emergere concordanze e tipicità dei partecipanti alla ricerca, in termini di frequenze, rispetto ad un tema specifico oggetto d’indagine. Atlas-ti permette inoltre di raggruppare i codici in famiglie, ordinando le categorie di codici ad un livello superordinato. Nella presente ricerca le famiglie di codici corrispondono agli intercostrutti. Tale procedura si rifà alla cosiddetta Grounded Theory elaborata da Glaser e Strass negli anni Sessanta secondo cui la teoria deve emergere dagli elementi ottenuti attraverso la ricerca empirica: i dati vengono trasformati in concetti e utilizzati nella ricerca per produrre conoscenza.

Questo processo si realizza attraverso un andamento ciclico dove ad una prima lettura segue la costruzione di categorie rappresentate da parole o brevi frasi tratte dal testo stesso; successivamente, alla luce di quanto emerso dall’applicazione di tali categorie, si procede alla loro ridefinizione finché il sistema dei codici non sarà in grado di cogliere i significati dei testi in modo soddisfacente rispetto agli obiettivi della ricerca. Si tratta dunque di una procedura bottom-up che si muove dal basso per arrivare poi alla definizione di una teoria.

L’utilizzo dello strumento Atlas-ti richiede al ricercatore di compiere un importante sforzo di comprensione dei significati personali dagli autori dei testi. L’esito dell’analisi deriva dall’interazione tra le categorie di analisi del ricercatore e i significati costruiti dai soggetti nel discorso (Muhr, 1997).

La lettura e l’interpretazione dei dati fanno riferimento ai criteri proposti dalla Phenomenological Analysis (Moustakas, 1994). Secondo tale approccio, l’analisi si configura come un processo di ricostruzione dei significati, lo sguardo d’insieme che, recuperando riflessivamente l’esperienza dell’incontro con i soggetti della ricerca, riordina i dati per mostrare la loro convergenza (Armezzani, 2004). Seguendo il pensiero di Moustakas, ho suddiviso il percorso di analisi in cinque fasi: (1) raccolta dei dati, (2) lettura dei dati, (3) analisi delle unità di significato, (4) organizzazione, categorizzazione ed espressione delle unità di significato e (5) espressione della struttura del fenomeno.

Essendo Atlas-ti un programma per l’analisi qualitativa, è il ricercatore che individua gli elementi da codificare e li nomina. Pertanto, grazie all’intervista semi strutturata di Laddering, è stato per me possibile comprendere approfonditamente il significato e le associazioni tematiche dei costrutti personali (cioè a cosa si stava riferendo la persona quando ha espresso quel costrutto) e quindi ho potuto procedere a codificare i significati emersi con discreta sicurezza. In questo modo si sono ottenuti dei significati più generali o intercostrutti non derivanti dalle preconoscenze del ricercatore ma dal linguaggio espressivo dei collaboratori alla ricerca (Bannister, 1981, Armezzani, 1999).

È stato quindi il ricercatore a individuare e codificare i costrutti emersi dalle interviste cercando quanto più possibile di utilizzare termini espressi dai partecipanti stessi. I costrutti individuati sono stati poi appaiati in aree tematiche o categorie: gli intercostrutti. Ogni intercostrutto include i costrutti (implicazioni e opposizioni) che si riferiscono alla medesima area tematica, es. la relazione. I costrutti inseriti dal ricercatore in una specifica area tematica (categoria o intercostrutto) vengono considerati come implicazioni dei costrutti della stessa categoria con maggior frequenza.

 

3.3 Risultati

Riassumendo, i risultati descrivono il punto di vista degli utenti, operatori e familiari e sono espressi in termini di frequenze. Le categorie di intercostrutti con maggior frequenza rappresentano le caratteristiche maggiormente citate dai collaboratori alla ricerca per descrivere il percorso di riabilitazione. Di seguito si riportano i contenuti emersi dalle interviste ed alcune osservazioni.

 

3.3.1 Il punto di vista degli utenti

Per quanto riguarda il punto di vista degli utenti, emerge in maniera evidente una categoria di intercostrutto definibile nei termini di relazione vs isolamento (e frustrazione). In particolare la relazione emerge come dimensione fondamentale che permette la possibilità di stabilire legami di fiducia, confronto e stimolo e contrasta il sentimento di solitudine, l’introversione, sfiducia e arresa (Tabella 1).

Entrare in relazione con gli operatori permette quindi agli utenti di avere un punto di riferimento esterno per superare le difficoltà; tale punto di riferimento esterno alla famiglia è caratterizzato da sostegno, rassicurazione, sollievo, sicurezza, gradualità e facilita la riflessione, la costanza e contrasta con la solitudine e lo sconforto.

Ciò, dal loro punto di vista, favorisce una qualità di vita volta al recupero del benessere a contrasto del malessere e della sensazione di avere la testa invasa da pensieri e fantasmi. L’investimento e l’impegno personale nel percorso possono essere globalmente considerati come implicazioni di una buona relazione e il frutto del fatto che la struttura viene considerata un riferimento per superare le difficoltà. La soddisfazione personale è una dimensione considerata molto importante per gli utenti e contrasta con il sentimento di sentirsi impotente e inadatto, senza qualità, a disagio e incompetente. La soddisfazione personale implica considerare la riabilitazione sociale come un’opportunità lavorativa vera e propria, un modo per sentire di essere “in movimento”, sentirsi riconosciuti nel proprio valore personale attraverso l’ascolto e l’interesse degli operatori.

 

Intercostrutti Utenti Tot frequenze
relazione/socializzazione – isolamento/frustrazione 43
riferimento per superare le difficoltà – solitudine/sconforto 39
qualità di vita/recupero – malessere/fantasmi 39
investimento nello sviluppo personale – disinvestimento 29
impegno per affrontare – abbandonarsi 27
soddisfazione personale – impotenza/inadeguatezza 27
opportunità lavorativa – inconcludenza 25
movimento/novità – staticità/monotonia 20
riconoscimento valore personale – imposizione 10
ascolto/interesse – incomprensione 8

Tabella 4: Intercostrutti gruppo utenti.

 

3.3.2 Il punto di vista degli operatori

Dal punto di vista degli operatori l’aspetto che caratterizza maggiormente il percorso di riabilitazione è lo sviluppo di abilità consapevoli, contrapposto al “senso di inefficacia” che non permette di sviluppare le abilità personali in un contesto sociale e lavorativo. L’accompagnamento graduale mira a contrastare l’incompetenza e facilita l’espressione dell’emotività. Lavorare sull’espressione dell’emotività implica per gli operatori comprendere le risorse e le difficoltà degli utenti. Ciò dal loro punto di vista permette una maggior possibilità di successo per gli utenti che passa per un percorso complesso e talvolta frustrante sia per l’utente che per l’operatore dove la persona si può trovare a dover fare i conti con la rabbia verso se stessa, la paura dell’ignoto. Il percorso di riabilitazione è considerato spinoso e difficile: può comportare il ricominciare e poter sbagliare di nuovo, gestire difficoltà e frustrazioni nuove, rispettare le proprie e altrui difficoltà. Dal punto di vista degli operatori l’investimento degli utenti nei percorsi di riabilitazione è direttamente proporzionale all’aumento di consapevolezza delle proprie risorse ed è favorito da un accompagnamento graduale verso il superamento delle difficoltà. L’accompagnamento graduale è altresì volto a favorire la possibilità da parte degli utenti di esprimere le proprie difficoltà e paure. Dal punto di vista degli operatori la relazione di fiducia che si instaura con gli utenti è un mezzo per contrastare l’isolamento, le resistenze personali allo sviluppo di abilità e lo scoraggiamento. Il percorso di riabilitazione può contrastare la rassegnazione e il “blocco” e può rappresentare un’opportunità di sentire riconosciuto il proprio valore personale.

 

Intercostrutti Operatori Tot frequenze
sviluppo abilità/consapevolezza – difficoltà 34
accompagnamento graduale – forzare esponendo al fallimento 29
espressione emotività – incomprensione 23
investimento – rassegnazione 20
relazione/socialità – isolamento 16
superamento – rassegnazione 16
possibilità/opportunità – blocco 16
riconoscimento del valore personale – sacrificio 10

Tabella 5: Intercostrutti gruppo operatori.

 

3.3.3 Il punto di vista dei familiari

Dal punto di vista dei familiari la caratteristica maggiormente descrittiva del percorso di riabilitazione è “l’investimento attivo”: affrontare la quotidianità con impegno e motivazione, anche se talvolta in modo discontinuo, contrapposto al ritiro e alla passività. La relazione e il confronto con gli operatori offre una nuova possibilità per gli utenti di vivere una vita “normale” riducendo la condizione d’introversione e ritiro causato dal sentirsi rifiutati e non accettati dalla società. Il confronto con gli operatori favorisce inoltre lo sviluppo personale dell’autonomia e riduce la dipendenza esclusiva dalla famiglia. Lo sviluppo personale è inteso dai familiari come sviluppo di autonomie, di risorse personali, competenze e possibilità di “sentirsi capace”, che contrasta con la sensazione d’impossibilità e di non sentirsi in grado; in questo sembra esserci una comunanza con quanto espresso dagli operatori. Tutto ciò rappresenta la possibilità di miglioramento che passa attraverso il riconoscimento del valore personale quindi lo sviluppo dell’autostima, il sentirsi accettato nella possibilità di esprimersi, gratificato e con dignità; ciò contrasta con l’insoddisfazione e la sensazione di sopraffazione. Il riconoscimento del valore personale favorisce la possibilità di migliorare la propria qualità di vita a contrasto del malessere, caos e rimuginazione, facilita inoltre la possibilità di cambiamento nel rispetto dei tempi personali e limita la chiusura per la fatica a reagire. Quanto sopra descritto può favorire il riconoscimento di un punto di riferimento esterno alla famiglia che può aiutare a comprendere i bisogni del proprio caro in modo diverso, nel rispetto dei tempi personali, divenendo così un valido ausilio a contrasto della solitudine, sregolatezza e standardizzazione.

 

Intercostrutti Familiari Tot frequenze
investimento attivo – ritiro 37
relazione/confronto – rifiuto 35
sviluppo personale/autonomia – dipendenza/difficoltà 29
opportunità – stagnazione 26
riconoscimento valore personale – sopraffazione 24
salute mentale/qualità di vita – caos/malessere 13
cambiamento – chiusura 13
punto di riferimento esterno – solitudine/sregolatezza 10

Tabella 6: Intercostrutti gruppo familiari.

 

4. Discussione

Durante le interviste ho trovato estrema disponibilità da parte dei collaboratori alla ricerca, ho potuto notare stupore nel doversi raccontare e allo stesso tempo piacevolezza, interesse e impegno nel farmi capire il proprio punto di vista. Le interviste, nella maggior parte dei casi, sono state percepite come una conversazione impegnativa ma interessante.

In linea generale i resoconti degli operatori sono volti a descrivere il percorso di riabilitazione tenendo in considerazione il duplice aspetto professionale (cosa sono chiamati a fare) e personale (difficoltà e opinioni); dalle loro descrizioni emerge in che modo è utile il percorso di riabilitazione e gli aspetti degli utenti su cui ritengono opportuno lavorare. Per gli utenti e i familiari è importante migliorare la qualità di vita, dalle loro descrizioni emerge come considerano il percorso di riabilitazione e cosa vorrebbero evitare scegliendo di investire in tale percorso.

 

Dai risultati della ricerca si possono desumere temi comuni considerati importanti dai tre gruppi per descrivere il percorso di riabilitazione nel CRD:

  • La relazione e confronto
  • Il punto di riferimento e accompagnamento graduale
  • L’investimento personale nel percorso
  • L’opportunità e possibilità lavorativa e di sperimentarsi
  • Il cambiamento e superamento delle difficoltà
  • Il riconoscimento del valore personale.

 

Come abbiamo visto emergono delle peculiarità specifiche per ogni singolo gruppo.

Per gli utenti l’aspetto più rilevante del percorso di riabilitazione è la relazione e la possibilità di un confronto che permette di sviluppare un rapporto di fiducia e un riferimento per superare le difficoltà volto a migliorare la qualità di vita. La relazione in questo senso è intesa come vicinanza, supporto, aiuto nell’affrontare le difficoltà. L’utente cioè costruisce la relazione con l’altro essenzialmente per la funzione che può svolgere nella propria vita. Sembra quindi che emerga una visione della relazione costruita fondamentalmente in termini di dipendenza in cui l’altro è utile nella misura in cui soddisfa almeno alcuni dei propri bisogni. Coerentemente con quanto appena detto emergono altre dimensioni rilevanti che riguardano la soddisfazione personale e l’importanza dell’interesse e dell’ascolto del proprio punto di vista. Tutto ciò è indicativo di come gli utenti si collochino in un ruolo di generale passività all’interno della relazione costruendosi probabilmente come difettuali e bisognosi di aiuto e delegando all’altro il ruolo di responsabilità nel prendere le decisioni sul proprio percorso di cura. Questa costruzione di sé può di fatto rappresentare un’inerzia in un percorso di cura nel quale la richiesta fondamentale è l’autonomia, l’attivazione e l’impegno personale, come vedremo discutendo il punto di vista degli operatori e dei familiari.

Gli operatori forniscono in linea generale descrizioni dettagliate rispetto alle diverse sfumature che riguardano la sfera dell’emotività. L’enfasi, dal loro punto di vista, è posta sullo sviluppo delle abilità e della consapevolezza; questo permette il lavoro di accompagnamento che ha la caratteristica della gradualità, tenendo comunque costantemente in considerazione la componente emotiva come condizione “motivazionale” ossia importante per favorire l’investimento degli utenti nel percorso. Più precisamente dal punto di vista degli operatori la riabilitazione è fondamentalmente un recupero delle abilità. Alla base di questa costruzione vi è l’idea che la persona sia segmentata, costituita cioè da un insieme di abilità necessarie al vivere quotidiano. La patologia ha determinato la perdita di alcune abilità che vanno quindi sviluppate nuovamente. Per sviluppare tali abilità sono necessarie fondamentalmente tre cose: consapevolezza, motivazione e impegno. Il contributo consapevole e intenzionale degli utenti è quindi ritenuto fondamentale per buona riuscita del percorso.

I familiari si mostrano preoccupati ma fiduciosi per lo sviluppo personale volto all’aumento di autonomia. L’enfasi è posta sull’investimento attivo, quindi sull’impegno che permette ai loro cari di affrontare le sfide quotidiane con motivazione seppur con fatica; attivarsi può permettere di entrare in relazione e quindi è un’opportunità per lo sviluppo personale. Alla base di questa costruzione sembra esserci quindi, come per gli operatori, la convinzione che la condizione fondamentale per il raggiungimento dello stato di benessere sia l’impegno personale.

In tutti e tre i gruppi emerge il tema della relazione prendendo però connotazioni e sfumature diverse. Come abbiamo visto per gli utenti la relazione è vista come possibilità di non essere soli e avere un punto di riferimento per risolvere le difficoltà; sembra essere una relazione fondamentalmente basata su costruzioni di dipendenza che porta a una percezione di benessere, soddisfazione personale e soddisfacimento dei bisogni. Per gli operatori invece la relazione è vista come uno strumento per raggiungere dei risultati: è un accompagnamento funzionale allo sviluppo di abilità, un mezzo per incoraggiare e spingere l’utente verso l’autonomia. Questi due modi di intendere le relazioni sono diversi, come anche la relazione ha esiti differenti: per gli utenti di sentirsi apprezzati, visti e considerati mentre per gli operatori portare la persona verso un cambiamento.

Da questi presupposti è possibile dedurre una definizione di “miglioramento” o di “riabilitazione” diversa per utenti e operatori: per i primi il miglioramento equivale al benessere, alla soddisfazione, alla relazione e alla salute; per i secondi equivale all’autonomia e allo sviluppo di abilità e competenze. Il rischio talvolta per gli operatori che partono da questi presupposti è di potersi trovare inefficaci nel momento in cui non stabiliscono una relazione significativa con l’utente e quindi il loro impegno può cadere nel vuoto. Può capitare cioè che il fallimento del percorso possa essere ricondotto sostanzialmente al mancato impegno dell’utente o alla sua scarsa collaborazione. Per evitare questo sarebbe opportuno favorire una costruzione più proposizionale del processo riabilitativo – che diventerebbe così determinato non solo dall’impegno dell’utente – e questo aiuterebbe gli operatori ad individuare sempre nuovi modi per favorire un cambiamento Anche i famigliari identificano la riabilitazione con l’impegno, la fatica, la motivazione, considerando il ruolo attivo del proprio famigliare come condizione imprescindibile dal cambiamento. Forse questo può indurre a pensare che “se non migliorano, è perché non si sono impegnati abbastanza”. Anche coi familiari sembrerebbe opportuno fare un lavoro di dilatazione che aggiunga elementi che evitino di ricondurre la riabilitazione principalmente all’impegno degli utenti e che li aiutino a costruire con più complessità la relazione, integrando anche il punto di vista degli utenti Per i familiari la relazione è considerata in modo ancora diverso. La relazione vuol dire inclusione, appartenenza ad un territorio, far parte di una rete, essere d’interesse per qualcuno. La richiesta che verosimilmente i familiari rivolgono quindi al servizio è quella di garantire al proprio familiare un posto a cui appartenere, un gruppo di persone che rappresenti una rete sociale inclusiva. La relazione perde quindi una connotazione puramente interpersonale ma diviene espressione di un contesto relazionale che contrasta il rischio di isolamento e solitudine. Questa modo di intendere la relazione può portare, alla lunga, a contrastare il processo di autonomizzazione richiesto dal servizio: la spinta degli operatori a recuperare delle autonomie che permettano alla persona di condurre una vita il più possibile fuori dai servizi può facilmente essere costruita come abbandono da parte della rete di supporto. Può avere quindi come implicazione la tendenza a favorire la dipendenza del congiunto al servizio poiché gli garantisce un contesto di interazione.

Quello che emerge dalla ricerca è la necessità di prestare attenzione ai processi di significazione sistemica dei pazienti psichiatrici e le loro reti di cura, questo per permettere agli attori coinvolti di interrogarsi sulle prassi e favorire interventi sociali di riabilitazione maggiormente efficaci.

 

Attraverso la prospettiva PCP è possibile pertanto prendere in considerazione elementi utili a:

  • comprendere e migliorare il lavoro degli operatori con gli utenti, accompagnandoli nello sforzo di comprensione reciproca;
  • supportare gli attori coinvolti a far chiarezza rispetto alle proprie aspettative del percorso di riabilitazione;
  • migliorare la comprensione delle aspettative del nucleo familiare e favorire la comprensione reciproca con la rete di cura.

 

Ciò al fine di creare degli obiettivi condivisi, quanto più possibili realizzabili e utili, per gli attori coinvolti nei percorsi di riabilitazione psichiatrica.

 

5. Validazione/invalidazione

Una volta attuate le idee e organizzati i risultati, è utile che il ricercatore si impegni a riconsiderare le proprie anticipazioni, predisponendosi ad accogliere aspetti nuovi e fino a quel momento sconosciuti.

 

5.1 La fase della restituzione

La restituzione o riflessione dei risultati della ricerca è stata diversificata per i tre gruppi: utenti (tre grandi gruppi), operatori (un gruppo) e familiari (un piccolo gruppo).

 

Secondo le anticipazioni del ricercatore la ricerca sarebbe stata utile per (obiettivi specifici):

  1. Sviluppare consapevolezza rispetto al percorso di riabilitazione da parte dei collaboratori alla ricerca, grazie alla tipologia d’intervista
  2. Valorizzare il punto di vista di ciascuno
  3. Favorire la conoscenza e lo scambio di significati
  4. Fare emergere spunti di riflessione utili per le “buone prassi“.

 

Ciò è avvenuto in modo parziale.

Per quanto riguarda la prima anticipazione, alcuni operatori e utenti hanno chiaramente espresso la difficoltà di esplorare aspetti intimi e privati, seppur esprimendo l’interesse a condividere il proprio punto di vista riguardo ad un percorso che richiede molto impegno personale. Si è potuto notare quindi un generale interesse ad approfondire aspetti, a detta di molti collaboratori alla ricerca, fino a quel momento “non detti perché mai richiesti”, questo può far pensare ad un incremento di consapevolezza. La tecnica del Laddering, come strumento che favorisce la conversazione, ha permesso l’emergere di costruzioni nucleari da una parte, dall’altra si è rivelato uno strumento molto potente di organizzazione dell’esperienza e quindi di presa di consapevolezza di processi personali in atto. I familiari si sono mostrati molto disponibili a mettersi a disposizione per “il bene del sistema” o per sentire di aver fatto la loro parte; per loro è difficile pensare un aumento di consapevolezza, si definiscono “fuori” dal centro e poco coinvolti, se non in modo indiretto.

Per quanto riguarda la seconda anticipazione “Valorizzare il punto di vista di ciascuno”, si può ipotizzare che uno degli aspetti maggiormente complessi della ricerca sia stato rispettare il contributo individuale di ciascuno tenendo allo stesso tempo in mente la visione d’insieme.

L’impegno nella restituzione da parte del ricercatore è stato cercare di favorire la reciproca costruzione di ruolo attraverso la comprensione del punto di vista degli altri gruppi.

Con il gruppo degli operatori la restituzione è stata svolta attraverso un focus group di circa 45 minuti; dopo aver presentato i diversi punti di vista dei tre gruppi coinvolti rispetto al tema della relazione e del miglioramento della qualità di vita, è stato lasciato uno spazio per commenti e riflessioni personali, alla luce dei risultati della ricerca. Gli operatori hanno riflettuto sull’importanza di andare oltre alla pura “modificazione dei comportamenti” e di riuscire a comprendere le situazioni in cui un comportamento è messo in atto dall’utente per compiacere piuttosto che frutto di un effettivo cambiamento, hanno quindi potuto riflettere su quanto sia utile impiegare del tempo per capire con l’utente quali sono i suoi obiettivi personali, che in alcuni casi possono anche andare in direzioni diverse da quelli pensati dagli operatori.

Con il gruppo degli utenti è stato impossibile condurre un focus group per la numerosità delle persone coinvolte rispetto al tempo a disposizione. La restituzione al gruppo di utenti è stata possibile dividendo gli utenti in tre gruppi, 40 minuti per ciascuno, dove il ricercatore ha presentato i risultati della ricerca enfatizzando l’importanza di capire i propri obiettivi personali da condividere con l’operatore. Per gli utenti la riflessione è stata più difficoltosa, alcuni hanno trovato lo spazio per esprimere le proprie ambizioni personali. Inoltre si è riflettuto insieme sull’importanza di riuscire a capire il senso che ha per il loro benessere l’intervento dell’operatore, quindi interrogarsi e confrontarsi su ciò che è proposto come modo per non perdere di vista il senso globale (obiettivo riabilitativo) dei singoli interventi degli operatori. Un limite per il confronto con gli utenti è stato trovarsi in un gruppo eccessivamente numeroso dove i tempi di autoriflessività di ciascuno avrebbero necessitato di uno spazio più intimo e personalizzato.

Il gruppo dei familiari ha partecipato in minima parte alla fase di restituzione, svolta durante un appuntamento serale della durata di due ore. Dopo aver presentato i risultati della ricerca attraverso l’esplicitazione dei punti di vista dei tre gruppi coinvolti rispetto al tema della relazione e del miglioramento della qualità di vita, l’incontro ha lasciato largo spazio al confronto con la psicologa della struttura rispetto ai temi emersi nella ricerca. La riflessione ha riguardato la preoccupazione, da parte dei famigliari, di non fare cose utili per il proprio caro, quindi di non essere in grado di soddisfare tutti i bisogni nel modo migliore e su come sia difficile comprendere in cosa consiste la soddisfazione personale per il proprio caro, quindi la difficoltà di andare oltre le costruzioni di dipendenza e integrare costruzioni di ruolo che possano permettere di non sentirsi totalmente responsabili della sua vita e delle sue scelte.

 

6. Revisione

A completamento del ciclo dell’esperienza, è importante che il ricercatore faccia revisione, ovvero rielabori le sue anticipazioni, tenendo in considerazione il percorso fatto.

 

6.1 Quali altre vie percorribili?

Il costruttivismo mette al centro del proprio discorso il rapporto e l’interazione tra ricerca e ricercatore, dove la soggettività ed il “sapere personale” (De Mennato, 2003) del ricercatore producono sempre una “ricerca partigiana” (De Mennato, 1999), che riflette l’interazione del ricercatore con i fenomeni che studia. Il grado di “coerenza” di una ricerca scientifica secondo questo approccio è dato dall’esplicitazione delle teorie di riferimento e dai vincoli che tracciano il sentiero di ricerca, tenendo sempre presente che non esiste la neutralità del ricercatore ma che l’oggettività della ricerca è data – semmai – dalla capacità del ricercatore di rendere manifesti i criteri, i limiti e le possibilità che lo guidano (Maturana & Varela, 1985; 1992). Il sentiero di questa ricerca è stato segnato da alcuni limiti, primo tra tutti l’impossibilità di svolgere dei focus group con i partecipanti per l’individuazione degli intercostrutti. Pertanto non è stato possibile per il ricercatore concordare dialogicamente con i partecipanti l’interpretazione dei risultati (Bannister, 1981), questo è stato possibile in parte nella fase di restituzione, ma la restituzione in grande gruppo, specialmente nel caso degli utenti, non ha favorito questa possibilità.

L’impostazione della ricerca e l’interpretazione dei risultati è stata discussa con Giovanni Stella (Psicologo, Psicoterapeuta costruttivista, codidatta dell’Institute of Constructivist Psychology di Padova), il cui contributo è stato prezioso per lo scambio di idee e interpretazioni nell’ottica dell’“intersoggettività della validazione”, quindi della validità come incontro di prospettive (Armezzani, 2004, pp. 78-79). Il confronto con la Psicologa della struttura si è rivelato utile per rendere maggiormente fruibili e comprensibili nella fase di restituzione i risultati della ricerca. Tuttavia un lavoro condiviso con i partecipanti, per l’interpretazione degli intercostrutti, avrebbe permesso di guidare in modo significativo il ricercatore nella fase di categorizzazione che comporta scelte, esclusioni, perdita di significati e discussioni che creano nuove possibilità(Armezzani, 2004 p. 71), questo però, come già detto, non è stato possibile per motivi organizzativi.

Infine l’analisi qualitativa è stata basata sull’analisi di frequenza delle ricorrenze; questo se da una parte ha permesso di rendere più snello il lavoro di analisi dei dati, dall’altra ha penalizzato la complessità dei significati che avrebbero potuto essere esplorati.

 

6.2 Sviluppi futuri

Questo mio progetto di ricerca in azione è stata una briciola lanciata nel mare delle prassi, un modo di “agire ricerca” diversamente dal solito, la possibilità di aprire al dialogo e alla riflessione di ciò che è dato per scontato nel vortice della quotidianità. Questo tipo di riflessione è stata possibile grazie all’impegno dell’equipe che si è dimostrata aperta ed interessata a riflettere sul proprio agire, disposta quindi all’autoriflessività.

Il mio lavoro con i gruppi si è concluso con la fase di restituzione, con la consapevolezza che, affinché i collaboratori possano effettivamente arrivare ad approfondire i problemi e affrontare alcune questioni, occorre continuare ad avere lo spazio e il tempo, attivare diversi tipi di gruppi di riflessione sull’agire quotidiano degli obiettivi riabilitativi personali, come anche tenere a mente alcune domande che potrebbero essere utili per interrogarsi sul senso di ciò che si fa e favorire l’autoriflessività e la proposizionalità: Che senso ha per me quello che faccio? Che senso ha per lui quello che gli chiedo? Come possiamo conoscerci e collaborare con un obiettivo condiviso? Di chi è l’obiettivo che ho in mente?

 

Ulteriori evoluzioni della ricerca potrebbero essere:

  • Estensione della “rete”: conoscere i punti di vista dell’equipe invianti dei servizi (Assistenti Sociali, Psichiatri di riferimento);
  • Comparazione con altre strutture con stesse metodologie e prassi di lavoro;
  • Comparazione con altre strutture con diverse metodologie e prassi di lavoro.

 

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Sitografia

http://www.pcp-net.org/encyclopaedia/hinkle.html

 

Note sull’autore

 

Cristina Paoloni

Institute of Constructivist Psychology

paoloni.cri@gmail.com

Psicologa libero professionista, Socia SCI – Società Costruttivista Italiana. Sono impegnata nel sociale, in particolar modo nell’ambito della Salute Mentale, Disabilità, Tutela Minori. Mi occupo di consulenza e sostegno individuale e alla coppia. Mi interesso di formazione, dinamiche di gruppo e gestione dei conflitti. Formatrice per volontari che operano nel campo del sociale.

 

Note

  1. Secondo la definizione di Anthony (1993), il recovery è un processo unico, personale e profondo, in cui le attitudini,i valori, i sentimenti, gli obiettivi e i ruoli cambiano. E’ un modo di vivere più soddisfacente e produttivo, in cui si recuperano le aspettative positive, a prescindere dalle limitazioni causate dalla malattia mentale. Il recovery implica lo sviluppo di nuovi propositi e significati esistenziali, a mano a mano che la persona si evolve oltre gli effetti catastrofici del disturbo psichiatrico.Il termine recovery è apparso, agli inizi degli anni ’80, in concomitanza con la diffusione di movimenti socio-politici per la difesa dei diritti delle persone con diagnosi di disabilità psichiatrica e l’emanazione di normative finalizzate al superamento dell’emarginazione (“Americans with Disabilities Act”, negli Stati Uniti, “Disability Discrimination Act” in Gran Bretagna e legge 180/78 in Italia). Il concetto di recovery non è stato formulato dai clinici, ma dagli stessi utenti psichiatrici, per i quali riprendersi vuol dire sviluppare, in modo profondamente personale e unico, nuovi significati e propositi man mano che si evolve la malattia (Anthony, 1993). La traduzione in italiano ha sollevato molti problemi, sono stati utilizzati termini per tradurre il concetto quali: “ristabilimento”, “recupero”, “guarigione”, anche se nessuno dei tre vocaboli coglie la pienezza del significato di recovery (Carozza, 2006). Il concetto di recovery sta ad indicare il raggiungimento di una buona qualità di vita, in presenza di alcune limitazioni, si identifica con lo sviluppo di potenzialità personali e col recupero di un “ruolo valido” nella società (Anthony, Cohen, Farkas, Gagne 2003).
  2. Per la comprensione degli aspetti clinici e organizzativi del servizio si faccia riferimento al testo Carozza P. (2003). La riabilitazione Psichiatrica nei centri diurni. Aspetti clinici e organizzativi. Franco Angeli. Milano.